Conoscenza è condotta descrittiva relativa al dominio cognitivo del conoscitore
Dominio delle sue interazioni
In cambiamento strutturale ontogenetico
Accoppiamento
Accoppiamento
« Dobbiamo tenere presente il fatto che la nostra posizione [nello spazio e nel tempo] è necessariamente privilegiata, in quanto compatibile con la nostra esistenza di osservatori » | ||
(Brandon Carter, cosiddetto Principio antropico debole)
|
« C'è dentro di me non so che spirito divino e demoniaco; quello appunto di cui anche Meleto, scherzandoci sopra, scrisse nell'atto di accusa. Ed è come una voce che io ho dentro sin da fanciullo; la quale, ogni volta che mi si fa sentire, sempre mi dissuade da qualcosa che sto per compiere, e non mi fa mai proposte. »
(Apologia di Socrate, 31 d)
« Eros è un gran Dèmone, o Socrate: infatti tutto ciò che è demonico è intermedio fra Dio e mortale. Ha il potere di interpretare e di portare agli Dèi le cose che vengono dagli uomini e agli uomini le cose che vengono dagli Dèi: degli uomini le preghiere e i sacrifici, degli Dèi, invece, i comandi e le ricompense dei sacrifici. E stando in mezzo fra gli uni e gli altri, opera un completamento, in modo che il tutto sia ben collegato con sé medesimo. »
(Platone, Simposio 202, D-E)
più potenti degli uomini ma meno degli Dèi
A differenza di questi ultimi che sono sempre buoni, tra i Dèmoni ve ne sono anche di cattivi. Quando gli antichi miti narrano di Dèi in lotta fra loro coinvolti in passioni umane, questi, per Senocrate, parlano di Dèmoni non di Dèi. I Dèmoni hanno un posto di rilievo sia negli atti cultuali sia negli oracoli. I Dèmoni infine corrispondono ad anime umane liberate dai corpi dopo la morte, permanendo in loro il conflitto tra bene e male, essi lo trasferiscono dalla Terra al mondo celeste.
« Inoltre rimane la cura di non insozzare il Dèmone che ha preso dimora nel nostro petto, la cura di non turbarlo con impressioni confuse e molteplici; di mantenerlo sereno e benigno, tributandogli rituale e onore come a un Dio; e non dire nulla che sia contrario al vero;Non far nulla contro giustizia. »
(Marco Aurelio, Colloqui con se stesso Libro III, 16)
« Platone, Pitagora, Senocrate, Crisippo, seguaci dei primitivi scrittori di cose sacre, affermano che i Dèmoni sono dotati di forza sovrumana, anzi sorpassano di molto per estensione di potenza la nostra natura, ma non posseggono, per altro, l'elemento divino puro e incontaminato, bensì partecipe, a un tempo, di una duplice sorte, in quanto ad una natura spirituale e sensazione corporea, onde accoglie piacere e travaglio; e tale elemento misto è appunto la sorgente del turbamento, maggiore in alcuni, minore in altri. Così è che anche tra i Démoni, né più né meno che tra gli uomini, sorgono differenze nella gradazione del bene e del male. »
(Plutarco, Iside e Osiride, 25)
Alessandro d'Afrodisia sostiene che il daimon di ogni uomo consiste nella sua stessa natura
Nel neoplatonismo, Plotino affida al «daimon che ci è toccato in sorte» il compito di guidarci nell'ascesa al soprasensibile, tramite la forza dell'eros e della bellezza. Poiché il pensiero cosciente e puramente logico non è sufficiente, si tratta anche in questo caso di un'ispirazione mistica, della scintilla di uno spirito divino grazie a cui è possibile elevarsi dalla dimensione materiale a quella intellegibile. Secondo Porfirio, lo stesso Plotino era assistito «da uno di questi demoni che sono prossimi agli dei».
ciò che percepiamo come freccia del tempo è in realtà solo l'inesorabile riarrangiamento di stati altamente ordinati in inutili configurazioni casuali, un prodotto della tendenza universale di tutte le cose di raggiungere l'equilibrio tra di esse.
"la freccia del tempo", come la chiamò per primo l'astrofisico Arthur Eddington nel 1927, è stata che si tratta di una proprietà emergente della termodinamica
Arthur Eddington coniò il termine 'freccia del tempo', e fece la famosa affermazione che il rimescolamento di materia ed energia è l'unica cosa che la natura non può annullare”, aggiunge Barbour. "Noi siamo qui, a mostrare al di là di ogni dubbio che questo è in effetti esattamente ciò che fa la gravità. Prende sistemi che sembrano straordinariamente disordinati e li rende meravigliosamente ordinati. E questo è quanto è successo nel nostro universo. Stiamo realizzando l'antico sogno greco dell'ordine che emerge dal caos."
Disponendo di tempo sufficiente – in effetti un tempo infinito - tutto ciò che può accadere accadrà, compreso l'emergere di una grande regione a bassissima entropia, che non sarebbe altro che una fluttuazione statistica di un universo senza età, ad alta entropia, che si trova in uno stato di quasi-equilibrio.
l'universo come lo conosciamo ora non è senza età né immobile. Devono spiegare l'emergere della freccia del tempo all'interno di un universo relativistico dinamico,
la sola forza di gravità prepara il terreno all'espansione del sistema e all'origine della freccia del tempo, il tutto senza dover ricalibrare dei parametri per predefinire una condizione iniziale di bassa entropia.
Da questo stato di bassa complessità, il sistema di particelle si espande poi verso l'esterno in entrambe le direzioni temporali, creando due frecce del tempo distinte, simmetriche e opposte. Lungo ciascuno dei due percorsi temporali, la gravità poi tira le particelle in strutture più grandi ordinate e complesse, equivalenti nel modello ad ammassi di galassie, stelle e sistemi planetari.
Da qui, il trascorrere del tempo termodinamicamente standard può manifestarsi e distendersi su ciascuno dei due percorsi divergenti. In altre parole, il modello ha un passato ma due futuri. Come è suggerito dall'indifferenza al tempo delle leggi della fisica, la freccia del tempo in un certo senso può muoversi in due direzioni, anche se qualsiasi osservatore può vederne e sperimentarne solo una. "E' la natura della gravità a strappare l'universo dal suo caos primordiale e a crearne la struttura, l'ordine e la complessità", dice Mercati. "Tutte le soluzioni si scompongono in due epoche, che vanno all'infinito nelle due direzioni temporali, separate da questo stato centrale che ha proprietà molto caratteristiche."
Se la gravitazione si rivelasse fondamentale per la freccia del tempo, questo potrebbe generare prima o poi previsioni verificabili e, in prospettiva, condurre a una spiegazione della storia e della struttura del nostro universo osservabile meno ad hoc di quella dell'inflazione.
Carroll ha ancora fiducia nella prospettiva che l'aumento di entropia sia la sola fonte per la freccia del tempo, senza bisogno di altre influenze come la gravità. "Tutto ciò che accade nell'universo per distinguere il passato dal futuro è in ultima analisi dovuto al fatto che l'entropia è più bassa in una direzione e più elevata nell'altra",
he ogni volta che si ha una collezione finita di particelle in uno spazio molto grande si avrà il tipo di comportamento generale che descrivono.
Il segreto termodinamico per il successo del modello, dicono, è l'ipotesi che l'universo abbia una capacità di entropia illimitata
Se non c'è limite alla quantità di entropia, allora si può iniziare da qualsiasi punto, e da lì ci si aspetta che l'entropia aumenti quando il sistema si sposta per esplorare regioni più grandi dello spazio delle fasi. L'inflazione eterna è il contesto naturale in cui invocare questa idea, poiché sembra verosimile che l'entropia massima sia illimitata in un universo che si gonfia per l'eternità.
la follia di don Chisciotte è lo strumento per rifiutare la volgarità e la bassezza del reale
Il romanzo mette in luce l'esigenza di far emergere la propria individualità, fuori di rigidi rapporti sociali cristallizzati, facendo emergere l'istinto, la follia, il sogno, l'ignoto.[7]. Il critico Mario Pazzaglia scrive: "L'intento dichiarato dell'autore era quello di abbattere l'autorità e il favore che hanno nel pubblico di tutto il mondo i libri di cavalleria, parodiandoli; e l'intento rispecchiava, in fondo, una crisi di valori nell'Europa del tempo travagliata da lotte di potenza imperialistica e dal deciso predominio del capitalismo che sosteneva i nuovi stati assolutistici ed era certo intimamente avverso a ogni forma di idealismo, di liberalità e di generosità cavalleresca"[8]
Il mondo che ora don Chisciotte attraversa è molto più ricco e variegato di quanto lo stesso don Chisciotte immaginasse, ma è anche tale da produrre una serie crescente di scacchi, come la sconfitta in duello da parte di un cavaliere più finto di lui, o la rovinosa caduta nel fango dopo che un'orda di porci lo ha travolto con Sancio. Don Chisciotte è diventato un personaggio tragico, e, prima di dichiararsi risanato e pentito, e dunque vinto, sul letto di morte, esclama, come un mistico: io sono nato per vivere morendo
MMiFurberia.ingenuità
Personaggi sfuggono sib dall'inizio all'autore incontrano possibilità di interpretazione che il passaggio dei secoli accumulera su di essi
Risibilita se inconscia inconsapevole
Speranza elevazione buffe ansie collere ma anche delicatezza generosità
Ineriza terrestre realtra vs più alta follia del più puro dei sogni
Sviluppo non tragico non romantico non amarezza sconfitta ideale
Don Chisciotte sancio integrano nell'interpretazione e nella valutazione del mondo.
Progresso dell a verità interiore
Chisciotte personaggio colto e complesso volto all'azione polisintattico mantenente un piano di estrema eleganza fra dignità e follia. Un personaggio mediato duplice preoccupazione fra la sua complessità e la sua espressione più impeccabile. Liberato umanamente e poeticamnete dall azione. Equilibrio ristabilito dalla scelta fra religiosi del dire e cavalieri del fare.
Specchio riflettente deformante di Sancio.
Follia Chisciotte non.frutt squallido e disperato della sua maturità interiore. Carattere intellettual della sua formazioe lo spinge all azione. Reazione alla sua inattività? No fite cause.
Logica contadina Sancio loquacita qualitativa nella sua esprerienza interiore. Lui è il motore lindefinito inatteso ordinante gli aneddoti exempla della mania del Chisciotte. . Sancio ha un avventura piu progressiva più fortunata partendo da rozze preposizioni fra FURBERIA E INGENUITÀ. Scoprire con gioia l'esercizio intellettuale, la prpria capacità di riflettere di condrontare esperienze di valutarle e tearne le conclusioni
No opposizione e conflitto fra i due ma diversa qualità esperienza umana e nel senso contrario che ha la loro parabola umana: l'eroe intellettuale che evade nell'azione, la rustica creatura che sconfina nei campi del pensiero . La follia del don congiunge i due peronaggi. Prima erano chiusi nella loro sfera sociale. Sancio era bloccato entro una povera realtà senza sogni ne simoli intellettuali ne nulla di eccezzionale (peak experience).
Nello sguardo di don Alonso Quijano si posa sulle cose senza vederle. La sua mente è altrove; pensa con tristezza ai mali del mondo e al bisogno che vi sarebbe in esso d’un uomo generoso pronto a lottare per sanarli. Si finge «altrove» e finge situazioni risolte dal valore del suo braccio. Ma prima che dal braccio, dalla diritta tempra dell’animo. Non è ancora pazzo, ma pensa che varrebbe la pena di esserlo. E lí non ha niente da fare, la sua vita è sprecata.
Personaggio predestinato e personaggio inaspettato ingresso casuale colto a caso dalla vita
Pazzia garanzia di libertà più grande possibile rispetto alla terribile materia della sua esperienza vasta e sgomentosa e di pericoli.non solo.intellettuali ma nemmeno la.follia è libertà. Protaginista metà savio metà folle si trova in empasse: la follia non lo libera dalla saggezza e la saggezza non lo libera dalla follia ed è pertanto doppiamente vincolato dai principi dell una e dalle manie dell altra.
Sancio seme intelligenza disponibilità vergine assoluta
Due personaggi come pure immagini delle sostanze psicologiche che esprimono: una definita con.materiali culturali laltra potenzialità dinamiche.
Sancio informe nessuna forma geme in lui anelando l'espressione ma disponibilità perpendicolare al romanzo nello scavo anteriore
Sublimo e ridicolo il primo. Candido e furbo il secondo.
Distinti e non opposti diversi angoli prspettici visione integrata plicentrica
Un sorriso impedisce il voltarsi in tragedia ed è origine
Parabola mediterranea naufragazione scova nel disonore il tesoro dell esperienza e la sete inesausta di saperne di più e meglio sul mondo la curiosidad leggere qualsiasi pezzettino di carta trovato per la via
Rappresentare il mondo dall eccentrica prospettiva della follia salvaguardandosi da un malinconico autobiografismo
I due romanzi il.primo crede d'esser vetro il secondo si sente terribile invincibile corazza. Orgasmi uni impeti l'altro sono chiavi dinterpretazione del r reale
Straordinaria mobilità interiore personaggi non sinbolica e aderente ad un astratta dialettica
Sancio umanità popolare e terrestre che ridimensiona specchio.riflettente deformante
Due distinti piani dell'anima
Bernini qualche decina d’anni piú tardi abbia preferito alla pianta centrale quella policentrica. Era solo la moda che sostituiva, per puro piacere di novità, l’ellisse al circolo, o non piuttosto una nuova visione del mondo che sostituiva l’antica: la vecchia anima rinascimentale, «a pianta centrale», che non riusciva a esprimere piú, e tanto meno a governare, i nuovi livelli della coscienza barocca, le fughe sempre piú fitte e ostinate verso la fantasia, verso il sogno o l’ignoto, o in direzione opposta, verso una realtà colta nei suoi elementi dinamici e fatta oggetto delle piú curiose esplorazioni e scoperte? Finiva l’umanesimo, e cominciava l’umanità. Un’umanità a cui non fanno paura le proprie contraddizioni, e non si cura di comporle in un ordine artificiale.
Reazioni dei due distinte ma in una strana maniera aegualmente assurde e complementari
Umanismo ratio armo n ia umanistica fra ideale e reale come uno contro il molteplice diriti sentimento o fantasia follia o istinto di tutta la zona d'ombra o ribelle del vivere.umano nella bilancia perfetta dell assurdo
Sorpresa e irrazionale istanza dinamica
La nostra eta costringe le coscienze piu vigili alla cobtraddizione eta di crisi e di violenza di inflazione e crollo vecchi ideali nupva realta fervida e confusa vita inquieta soluzioni estreme lasciar convivere la propria anima con ipotesi più opposte mentre le masse si danno alloppio per fuggire a siffatto turbamento.
Veleno evasione dalla realtà la diminuizione di un valore accordata alla verità della vita falso risparmio droga dell'evasione
Bisogno cntemporaneo.di avventura riflesse meno rapporti con proprio mondo
I fantasmi delle folle della nostra anima di folla SOTTRAENDOSI NELL AMARO GUSTO ALLE CHIUSE IMMAGINI DELLA VITA REALe
Angoscioso disagio che si serve di paradisi artificiali ridicoli ma non per ciò meno grave e profondo
Abbandonarsi ai fa n tasmi per un desiderio di nuove condizioni di esistenza in cui l'individuo non è bloccato e immobilizzato nei giochi meccanici deibrapporti sociali in cui vi sia la speramza di esiti individuali di farrsi CREATORI E NON VITTIME DI PREESISTENTI GERARCHIE dove le nozioni.bene.e male.non.confuse e conveninenti utili e sia.possibile trovar l'orO e i verdi pascoli
Sogno glorioso e miserabile
Coscienza reale desiderio evasione situazioni saggezza e follia
Male del secolo cio che la sua anlisi incalza il disincanto il discredito del.mondo.dell esperienza e della storia per sostituirgli un assurda macchia fatta di figure e vicende capricciose e bugiarde. Il male.la.disperata.svutazione della realtà
Sfiducia verso la vita evasione
Vedersi non gedersi doppio
Partire dallestrenoverso il.centro in modo labirintico
La.differenza fra luomo di talento e il genio cpn le.sue irinni
Illuminato
Rapporto con l'altro dialogo
Di f fere.za e ripetizione
Restauro castelvecchio
Il modestto il lirico
Logica superiore conquista forma
Qualitavdiegnj
La nozione di “ricettacolo” è invece quella di una realtà sempre identica che accoglie le immagini delle realtà eterne.
Essa è un contenitore, una struttura amorfa che assume le forme che ospita, ma mai in via definita.
Se infatti esso avesse una forma simile a qualche altra forma, questo sarebbe un limite per le forme con caratteristiche opposte a quella.
Esso risulta partecipe in modo assai complesso dell’intelleggibile, e essendo amorfo non può nemmeno essere colto dai sensi, da qui il fatto che è invisibile.
Se l’essere è padre e il generato-copia è figlio, il ricettacolo è madre.
Il ricettacolo è però anche spazialità: mentre l’essere è immobile e non ammette altra cosa all’infuori di se stesso; e il generato è sempre in continuo movimento a causa della trasformazione delle forme; il ricettacolo, immobile e amorfo, è la sede delle cose generate, che sono le uniche che occupano spazio.
Esso quindi, non essendo né essere né generato, non si può cogliere né con Intelligenza né coi sensi, ma con un “ragionamento spurio”, intendendo con questa espressione che lo si può cogliere come elemento necessario alla realizzazione della forma sensibile.
Come nel Decameron, anche nelle opere di William Shakespeare si crea una chiara opposizione tra illocus amoenus e la sfera urbana. Il mondo della città, visto anche nella sua componente negativa, è fra l'altro dominato dall'elemento maschile, mentre nel locus amoenus shakespeariano o boccaccesco non è raro che accada il contrario. Il lettore di Shakespeare verrà peraltro proiettato in un mondo dove il comportamento sessuale viene liberato in quanto non è più soggetto alle norme sociali urbane.
Il locus amoenus riemerse con particolare chiarezza nell’arte pastorale del XVIII secolo, dove la vita dei pastori era concepita come un mondo di beatitudine. Più che come persone lavoratrici, i pastori venivano considerati come una parte della natura in cui erano immersi.
Un locus amoenus intaccato da una visione post-romantica è nel Locus Solus di Raymond Roussel (1914), in cui l'aspetto grottesco ha il sopravvento.
Celebri citazioni di questo tòpos ricorrono anche
“puerile incoscienza del sacrificio”[8], dell’ordine negativo, ma pur sempre ordine, che esso stabilisce.
Dall evento appare la verità della variazione l oggettile uscito dal calco spaziale , l'essere dell essente nello svelamento velamento o presenza ritrarsi dalla spaziatura della contrada gegend radura aletheia apertura della cosmogenesi pre ontologica adimensionale dal quale ogni essere perviene a noi nella piega ripegantesi interna alla monade del punto divista e effrazionandola verso una uberwindung della metafisica per un superoggetto
– sono delle proiezioni – è chiamato daimatematici di quest’epoca
il geometrale
. Ma, vedete, al limite,
1.
il geometrale è
colto solo da Dio
.
2.
Noi,
con i nostri punti di vista finiti, cogliamo
•
solo delle proiezioni, e anche
•
la connessione di una proiezione con un’altra
.L’
oggetto
è
•
la
connessione delle proiezioni
, o se preferite, se volete unlinguaggio più moderno,
•
la
sintesi dei profili
.
••
Ogni oggetto è di profilo. Esistono solo profili
.
•
Percepire è fare una sintesi dei profili
.
Il piano di immanenza è l’orizzonte orientante il pensiero, l’apertura del pensiero[9]. Questa pre-disposizione orientante lo sguardo concettuale, a sua volta, non è un concetto, quindi non può essere oggetto di produzione discorsiva positiva ma soltanto metaforica, per accenni, esperienze, intuizioni.
Sia l'intuizione che la sensazione sono fenomeni cognitivi che fanno riferimento a una datità non coscientemente mediata. La sensazione ha però maggiori caratteristiche oggettuali, è una sorta di riconoscimento immediato dell'oggetto concreto che si dà come tale al soggetto. Vedo che questa è una penna, non lo intuisco. Nell'intuizione invece ciò che appare rimanda nel suo darsi immediato a un'elaborazione soggettiva mentale inconscia che trascende il puro dato sensoriale.
Quanto affermato inscrive il “non detto”, entro i “giochi teoretici” del linguaggio filosofico. In altre parole, non esiste un procedere “puro” del pensiero che risulta essere sempre il frutto di una certa “inclinazione”, di una certa intuizione, che mai si da’ al pensiero stesso essendone la pre-condizione.
Consideriamo, con Lacan, questa spinta, il “resto” di quell’estasi iniziale durante la quale si è smarrita l’Assenza. Le modalità attraverso la quale si cercherà di rimediare, illusoriamente, a questa “perdita” determineranno lo strutturarsi del “Piano” e il tentativo successivo di raggiungere, desiderando, l’Oggetto mitico attraverso il rapporto ontologico.
Detto ciò si comprenderà quanto la filosofia, quale “scienza dei fondamenti” abbia in sé il germe della propria destrutturazione trasformante. Nuove metafisiche, frutto di ibridazioni necessarie, attendono di essere “scritte”.
Il Piano è il luogo dove il pensiero ha origine, appartiene alla dimensione dell’extra-essere poiché riguarda l’orizzonte di possibilità del rapporto teoretico “soggetto-oggetto”. Quanto detto dovrebbe rendere chiaro che nessun attività cognitiva è in grado di produrre semantiche discorsive positive sul Piano che, secondo un gioco di “scatole cinesi”, contiene ciò che dovrebbe “significarlo”. Per tal motivo, in Che cos’è la filosofia, Deleuze e Guattari, diranno che un pensiero privo di immagini è una illusione ma anche che, in definitiva, nessun pensiero può produrre un concetto capace di “dire” ed esaurire il “Piano”. Il procedere cognitivo può soltanto, attraverso un’opera di continua approssimazione, avvicinarsi verso quel “centro” che risulterà sempre “differito”.
Piano consistenza L’immagine è quel “non-detto” che indica cosa significa pensare, come si deve pensare, come si deve costruire una semantica. Per certi versi è il “Principio di realtà cognitiva” di Freudiana memoria. Il filosofo è quel cattivo maestro” che lavora per decostruire in continuazione l’immagine del pensiero considerata “unica e sola”.
In principio c’è la “beanza dell’inconscio” Uno-Tutto, irrappresentabile, perché non facente parte né della dimensione dell’Essere né di quella del Non-Essere[1], bensì di quella dell’oltre-Limite pre-ontologico.
Nulla pre bigbeng
La causa inconscia è una funzione dell’impossibile
La dépense funzionale delle classi ricche. Con la nascita della società borghese – del capitalismo – si mette all’opera una rivoluzione copernicana. Il sistema feudale, basato sulla nobiltà, è basato sul principio della perdita. Il sistema borghese è basato sulla produzione, su funzionalità, decoro e pudore. Nel modello feudale, sia a livello popolare che a livello aristocratico, tutti i valori sono legati ad una concezione della dépense. Era un popolo sostanzialmente anarchico.
La società borghese effettua il passaggio dal principio del dono al principio dello scambio. Essa è fondata sul primato dell’individuo: scioglimento del legame sociale che è implicito nel dono. Il borghese esce dal circolo del dono e si libera dal legame sociale. Il figliol prodigo chiede al padre ciò che gli è dovuto per uscire dal legame sociale, che era istituito dal dono.
L’odio verso la dépense è la ragion d’essere e la giustificazione della borghesia. E della sua ipocrisia poiché, per mostrare il potere, anche il borghese dovrà ricorrere al principio della perdita; ma egli lo fa di nascosto. Il borghese fugge dall’obbligo del dono.
Mauss, nel 1924-25, in Essay sur le don studia forme primitive di scambio → lo scambio originario non è uno scambio, non è baratto. Il baratto giustificherebbe la continuità con la logica dello scambio dell’economia politica. Ma, in realtà, lo scambio originario era dono. Eg gli indiani occidentali del nord: potlàk, dono di rivalità, festa nella quale clan si incontrano per sfidarsi attraverso doni reciproci che mostrano la potenza. La quantità dello spreco, possibile grazie all’accumulazione svoltasi durante la produzione, mostra la potenza. Il dono è dono del legame sociale. Non c’è dono senza contro-dono ma, esso, non è restituito per pareggiare i conti, altrimenti si tratterebbe di scambio. Il dono funziona in modo inflazionistico. Il dono celebra il legame e continua ad intensificarlo. Il dono è usura. Se non si riesce a manifestare il contro-dono, il primo vince ed io perdo. Manca equilibrio; c’è un godimento che porta alla distruzione della sostanza sociale.
antropologia [Mauss: spinta del dono]: il sacrificio. Le cose che l’uomo chiama sacre sono costituite da un operazione di perdita. Il cristianesimo porta il principio del sacrificio ai suoi estremi, mettendo al sacrificio Dio stesso. Il processo di incarnazione è processo di svuotamento della sostanza divina.
Altro esempio sono i giochi, oppure le produzioni artistiche. La parola poesia è sinonimo di dépense, perché significa creazione per mezzo della perdita. Il suo senso è, dunque, vicino a quello di sacrificio.
Bataille: “L’attività umana non è interamente riducibile a processi di produzione e di conservazione, e il consumo deve essere diviso in due parti distinte. La prima, riducibile, è rappresentata dall’uso del minimo necessario, agli individui di una data società (…). La seconda parte è rappresentata dalle spese cosiddette improduttive: il lusso, i lutti, le guerre, i culti, le costruzioni di monumenti suntuari, i giochi, gli spettacoli, le arti, l’attività sessuale perversa (cioè deviata dalla finalità genitale) rappresentano altrettante attività che, almeno nelle condizioni primitive, hanno il loro fine in se stesse.”
Godimento è il rapporto con la cosa, con il sole di Van Gogh. La civiltà è la barratura della cosa. La civiltà è differimento della pulsione che ci potrebbe bruciare. “Il significante sbarra il godimento. L’ordine simbolico ha come fine la barratura (schermatura) del rapporto con la cosa”. La tentazione dell’individuo è bruciarsi con la cosa. La società è interdizione di questa tentazione.
E’ un sole nero; è la luce che attrae e uccide le falene [rif. Icaro]. Eg: Van Gogh si strappò l’orecchio per mandarlo ad una puttana perché il sole gliel’aveva detto. E’ mutilazione sacrificale. La mutilazione sacrificale non è psicopatologia; in molte culture la mutilazione è correlata ai riti iniziatici.
«Ora, tutto il testo di Mallarmé è organizzato in modo tale che nei suoi punti più forti il senso resti indecidibile; ne consegue che il significante non si lascia più attraversare, ma rimane, resiste, esiste e si fa notare»39. All’effetto di indecidibilità contribuisce anche la costruzione della frase mallarmeana: ad esempio, «la sintassi della breve parola or è talvolta calcolata in modo tale da vietarci di decidere se si tratta del nome (sostanza metallica), della congiunzione logica o dell’avverbio di tempo. Sono stati rilevati altri giochi del genere: continue può valere, nello stesso enunciato, come verbo o come aggettivo […]. Altrove, offre agisce come un verbo e/o come un nome, parjure come un verbo e/o come un nome, e/o come un aggettivo»40.
Qui non si può nemmeno più parlare di un evento, dell’evento di un simile testo; non si può più interrogarne il senso, pena il ricadere al di qua di esso, nella rete dei valori che ha praticamente rimesso in questione»36. Tutto ciò pare decisamente eccessivo, benché riferito a un poeta senza dubbio audace. Il filosofo, però, attenua l’iperbole spiegando che, «se Mallarmé segnasse una rottura, questa avrebbe ancora la forma della ripetizione; rivelerebbe per esempio l’essenza della letteratura passata in quanto tale»37. Il fatto che esista un’impossibilità di separare nettamente, nell’opera mallarmeana, la componente di rottura da quella di ripetizione provoca, secondo Derrida, una «crisi della critica […], che avrà sempre voluto, tramite un giudizio, decidere (krinein) del valore e del senso, discernere tra ciò che è e ciò che non è, tra ciò che vale e ciò che non vale, tra il vero e il falso, il bello e il brutto, ogni significato e il suo contrario»38
Il caos fugge alla partizione metafisica essere-nulla, finito-infinito: è il fra i due, il non numerabile, eccedente il calcolo; «come dice La piega, il caos è un puro Many, una pura “diversità disgiuntiva”. Il caos non è Uno, bensì la differenza incalcolabile tra un evento e l’altro, o lo “iato” (Che cos’è la filosofia?), la divergenza tra le singolarità».19
il caos, proprio perché “caotizzante”, proprio in virtù di questo suo potenziale trasformativo che non soggiace a nessuna legge – neppure alla “legge dell’assenza di legge” – crea spontaneamente isole di regolarità nel fluire della creazionedisfacimento continuo delle forme. Il caos convive sempre con il cosmo; Deleuze traccerebbe, in una felice espressione che Davide Tarizzo formula nella sua introduzione italiana a La piega, una sorta di “metafisica del caos”, rinominandola nella filosofia dell’evento; «Un evento è una smagliatura del Mondo. Un evento, se è davvero tale, è un caso, è qualcosa di totalmente imprevedibile e totalmente accidentale, che smaglia ogni rete, ogni trama di necessità che tiene assieme un Mondo».18
Non esistono soluzioni nelcontinuum della conoscenza umana; ogni conoscenza è collegata a tutte le altre attraverso complesse mediazioni e intersezioni, e ogni cambiamento in un ambito conoscitivo determina cambiamenti più o meno cospicui in tutti gli altri ambiti. Le idee filosofiche determinano l'evoluzione della scienza e sono da essa determinate.
il linguaggio che utilizziamo e gli strumenti impiegati per gli esperimenti non sono adeguati alle dimensioni microscopiche. Ogni misurazione determina quindi un salto discontinuo nell'evoluzione del sistema. Questo salto viene oggi chiamato 'riduzione', o 'collasso', del pacchetto d'onde, e il problema di spiegarne la discontinuità rispetto all'evoluzione della funzione d'onda è noto come 'problema della misura'.
Il caos convive sempre con il cosmo; Deleuze traccerebbe, in una felice espressione che Davide Tarizzo formula nella sua introduzione italiana a La piega, una sorta di “metafisica del caos”, rinominandola nella filosofia dell’evento; «Un evento è una smagliatura del Mondo. Un evento, se è davvero tale, è un caso, è qualcosa di totalmente imprevedibile e totalmente accidentale, che smaglia ogni rete, ogni trama di necessità che tiene assieme un Mondo».18
Nietzsche e Mallarmé ci hanno offerto la rivelazione di un Pensiero- mondo che effettua un lancio di dadi. Ma per loro si tratta di un mondo senza principi, di un mondo che ha perso tutti i suoi principi: per questo il lancio di dadi si configura infine come la potenza di affermare il Caso, di pensare tutto il caso, che non è affatto un principio, bensì l’assenza di ogni principio. Il loro lancio di dadi restituisce all’assenza e al niente ciò che scaturisce dal caso, ciò che ha la presunzione di sfuggirvi e vorrebbe limitarlo per principio. [...] Il Niente piuttosto che il qualcosa. Pensare senza principi, in assenza di Dio, in assenza dell’uomo stesso, diventa il compito rischioso di un bambino-giocatore che spodesta il vecchio Maestro del gioco e fa entrare gli incompossibili nello stesso mondo dilaniato (il tavolo va in pezzi). Ma cosa è capitato, in questa lunga storia del “nichilismo”, prima che il mondo perdesse i suoi principi? [...] la crisi e il crollo di ogni ragione teologica
Centrale anche il passo che precede questo (p. 50); «Quando Heidegger evoca la Zwiefalt come il differente della differenza, vuol dire innanzitutto che la differenziazione non rinvia ad un indifferenziato precostituito, ma a una differenza che non smette di spiegarsi e ripiegarsi su ciascuno dei due lati. Non si spiega l’uno se non ripiegando l’altro, in una coestensività dello svelamento e del velamento dell’essere, della presenza e del ritrarsi dell’essente». Questo richiamo ad Heidegger ci sarà funzionale in seguito per cogliere lo statuto della spaziatura della contrada (Gegend), dell’Aperto e della libera vastità in relazione alla lettura derridiana del frammezzo mallarmeano
L’inflessione della materia non è altro che una virtualità che si attualizza esclusivamente nell’anima che la comprende; l’anima “senza finestre” della teoria leibniziana, spiega Deleuze, è la sfera di quei ripiegamenti interiori che permettono la rappresentazione del mondo e i ripiegamenti esteriori della materia.
il concetto dioggettività (Universo) è stato sostituito da Maturana con quello di “Oggettività tra parentesi” (Multiversum), termine che indica come la "realtà" sia un percorso cognitivo (universo) ritagliato all’interno di altri percorsi cognitivi possibili (multiversi), che spiega la prassi dell'osservatore e pone dunque tra parentesi la pretesa di un'oggettività da descrivere indipendentemente da chi la osserva
Una società umana nella quale vedere tutti gli esseri umani equivalenti a se stessi e amarli, può funzionare senza che si domandi loro una rinunzia di individualità e autonomia maggiore di quanto uno possa accettare per se stesso mentre la integra come osservatore essa è un prodotto dell arte umana, cioè, una società artificiale che ammette cambiamento ed accetta ogni essere umano come indispensabile . Una tale società é necessariamente una società non-gerarchica per la quale tutte le relazioni di ordine sono costitutivamente transitorie e circostanziali alla creazione di relazioni che continuamente negano la istituzionalizzazione dell abuso umano. Una tale società è nella sua essenza una società anarchica, una società fatta per e da osservatori che non rinunzierebbero alla loro condizione in quanto loro condizione di osservatori in quanto loro richiedono solamente libertà sociale e mutuo rispetto.
Humberto R. Maturana
Introduzione a "Autopoiesi e cognizione "
« L'invarianza precede necessariamente la teleonomia. Per essere più espliciti, si tratta dell'idea darwiniana che la comparsa, l'evoluzione e il progressivo affinamento di strutture sempre più fortemente teleonomiche sono dovuti al sopraggiungere di perturbazioni in una struttura già dotata della proprietà di invarianza, e quindi capace di "conservare il caso" e di subordinarne gli effetti al gioco della selezione naturale. »(Jacques Monod, Il caso e la necessità, cap. II, 1)
A questo proposito, l’assunto dell’autore è che mentre il volere si colloca in uno spazio che trascende la nostra consapevolezza, si dichiara in ogni nostra singola cellula, la memoria invece interessa la coscienza che abbiamo del nostro passato: «l’auto‐organizzazione incosciente con creazione di complessità a partire dal rumore deve essere considerata come il fenomeno primo nei meccanismi del volere, guidati verso il futuro; mentre la memoria deve essere posta al centro dei fenomeni di coscienza» (p. 172). Di più, la memoria e il volere si complicano vicendevolmente, in una continua interazione che dà vita a ulteriori fenomeni: da un lato la coscienza volontaria, e dall’altro i fenomeni di rivelazione dell’inconscio.
io” sono l’origine di tutte le determinazioni poiché le stesse nozioni di aleatorio e di determinato dipendono dalle “mie” possibilità – come osservatore reale o potenziale – di conoscenza e comprensione del reale. [...] Niente è caso poiché ciò che sembra caso è rumore agli occhi dell’osservatore esterno è integrato in fattori di autorganizzazione e di nuovi significati
rumore, inteso come fattore aleatorio, può diventare fonte d’informazione, piuttosto che essere una fonte di disordine: come già aveva evidenziato J. Piaget ne l’Adattamento vitale e psicologia dell’intelligenza, gli organismi sarebbero infatti caratterizzati dalla «proprietà non solo di resistere al rumore in modo efficace, ma anche di utilizzarlo, fino a trasformarlo in fattore di organizzazione!»
Laddove Monod si era riferito unicamente alla struttura dei cristalli, gli studi di I. Prigogine, M. Eigen e A. Katzir‐Katatchalsky hanno fatto riferimento a sistemi termodinamicamente aperti e così «hanno potuto mettere in luce una nuova classe di strutture naturali ben più ricche di quella dei cristalli» (p. 35), dimostrando che nei sistemi chimico‐fisici lontani dall’organizzazione emergono proprietà auto‐organizzatrici a partire da flussi e fluttuazioni aleatorie.
L’intelligenza è la forma più elevata dello sviluppo biologico e quindi anche quella più completa dell’adattamento all’ambiente in quanto le strutture che si sviluppano sono mobili e flessibili ,e permettono di adattarsi alle modifiche ambientali; è il prolungamento di quello biologico.Il processo che permette la comparsa di strutture più complesse e adeguate è quello di Equilibrazione che agisce in duplice direzione ossia da un lato tra organismo e ambiente (adattamento), dall’altro agisce all’interno dell’organismo (organizzazione).
tutto il mondo invece è un tendere all’impercettibile, e presuppone l’idea di frattura. Si diviene tutto il mondo quando «il
passato di fatto ha cessato di esistere». A quel punto si diviene mondo, impercettibili, come la Pantera rosa, che dipinge su
di sé il mondo., si coglie l’ora del mondo, il divenire, senza più immobilizzarsi in alcun stato, senza più essere catturati da
nulla, impercettibili, clandestini, senza volto. Si tratta di una nozione poetica sulla quale Deleuze scrive alcune delle pagine
più belle di Mille plateaux, per esempio 244, 344.
intrecci psicologici o preoccupazioni morali. Il processo creativo viene spostato
all’indietro, e mira a far emergere la vita anorganica nella sua violenza, rendere
palpabile la necessità che costringe un corpo a diventare organismo e poi a prendere la
parola. in Artaud
Stendere un piano di consistenza assume così un carattere sperimentale e creativo.
Non si finisce mai di uscire dal piano di organizzazione, c’è sempre il rischio di
capitare in una strato più solido e stretto di quello che si è appena lasciato. Di
riterritorializzarsi.
conformità, ma isomorfismo con presupposizione reciproca». La distinzione che
intercorre tra loro è reale, ma non numerica. Conseguentemente ognuno implica per
suo conto molteplicità differenti, che però si riferiscono ad un unico “soggetto”, o
“sostanza”.
costituito dall’apparizione dell’uomo a tracciare la soglia della modernità, «prima non
era possibile la strana statura di un essere la cui natura sarebbe di conoscere la natura,
e se stesso quindi in quanto essere naturale»
Focault
del pensiero, il linguaggio sorga all’intersezione tra l’essere e la rappresentazione, e
agisca come una trasparenza, attraverso la quale gli esseri si manifestano e le
rappresentazioni si ordinano.13 L’uomo è dunque il perno della rappresentazione e la
causa prima di ogni conoscenza. Il suo volto permea il mondo e ogni discorso che si
possa tenere, garantendo alla volta unità e coerenza al loro rapporto.
Organismi radicalmente eterogenetici
Questo porta a una possibilità più radicale: ci potrebbero essere tipi di materiali genetici del tutto diversi che collaborano all'interno di un singolo organismo; materiali che, in generale, non potrebbero leggere i messaggi l'uno dell'altro, che immagazzinerebbero e replicherebbero informazioni in modi differenti e con differenti tecniche di espressione e, ciononostante, in grado di collaborare e di essere vincolati da un'utilità reciproca. Anche a questa idea non si può porre alcun veto. Sebbene tutte le forme di vita siano costituite dallo stesso materiale, anche i geni attuali hanno una certa indipendenza d'azione. Essi, per esempio, si scambiano durante la riproduzione sessuale. Per regola, un gene rappresenta un certo tipo di informazione scritta in modo tale da poter essere replicata e da avere l'effetto di migliorare le prospettive di sopravvivenza e riproduzione della comunità di geni alla quale esso appartiene. Niente, in queste regole, impone che differenti geni debbano operare nello stesso modo o essere fatti dello stesso materiale, sebbene l'essere omogenetici renda i sistemi avanzati più efficienti. È probabile che ciò non fosse così efficiente all'inizio, quando i geni dovevano agire direttamente e un dato tipo di gene poteva fare soltanto poche cose, prima che una proteina factotum entrasse in scena. In quel momento sarà stato meglio avere materiali specializzati predisposti per differenti funzioni. Facciamo un parallelo sociale. È probabile che il macellaio abbia imparato il suo mestiere guardando suo padre e ascoltando ciò che gli diceva, il pasticciere francese leggendo libri scritti nella sua lingua, il fabbricante di candele studiando attentamente i disegni nel museo locale. Perciò ciascuno ha usato un'informazione, ereditata, di tipo diverso. Tuttavia, non è stato necessario che essi fossero in grado di approfondire le fonti di informazione di ciascuno per poter beneficiare delle reciproche attività. È tuttora comune nella nostra società avere a disposizione un misto di tecniche, riserve, trasmettitori ed effettori di informazione. l dischetti magnetici costituiscono una delle ultime innovazioni in questo senso, ma sono ancora in uso altri sistemi informativi del tutto incompatibili con essi, come carta e penna.
Perché la selezione naturale possa operare è necessaria la riproduzione; più precisamente, deve esistere un'eredità a lungo termine, e ancora più precisamente un'eredità a lungo termine dei mezzi che producono caratteristiche specifiche. Ciò implica un materiale che sia dotato di memoria, un materiale genetico che possa conservare l'informazione su lunghi periodi di tempo, attraverso copie di copie di copie ... Questa non è l'unica cosa di cui deve essere capace un materiale genetico, ma è la più caratteristica, la più ardua, la conditio sine qua non.
Se sosteniamo che i mezzi per produrre molecole così sofisticate come l'RNA debbano essersi evoluti attraverso la selezione naturale, dobbiamo iniziare a pensare a un altro materiale genetico venuto prima. Si deve cercare un materiale genetico veramente primitivo che, a differenza dell'RNA, possa essere verosimilmente apparso sulla Terra senza selezione naturale in uno scenario geologico. Inoltre, dobbiamo pensare a come il materiale genetico primitivo possa essersi evoluto, forse attraverso molti stadi, per produrre sistemi di controllo genetico sorprendentemente sofisticati che sono ora condivisi da tutte le forme di vita sulla Terra. Potrebbe sembrare un'ipotesi azzardata: e se un'argilla, o un minerale microcristallino simile, potesse essere un materiale genetico? Questa è l'essenza dell' opzione radicale per quanto concerne il ruolo delle argille nell' origine della vita.