Qui non si può nemmeno più parlare di un evento, dell’evento di un simile testo; non si può più interrogarne il senso, pena il ricadere al di qua di esso, nella rete dei valori che ha praticamente rimesso in questione»36. Tutto ciò pare decisamente eccessivo, benché riferito a un poeta senza dubbio audace. Il filosofo, però, attenua l’iperbole spiegando che, «se Mallarmé segnasse una rottura, questa avrebbe ancora la forma della ripetizione; rivelerebbe per esempio l’essenza della letteratura passata in quanto tale»37. Il fatto che esista un’impossibilità di separare nettamente, nell’opera mallarmeana, la componente di rottura da quella di ripetizione provoca, secondo Derrida, una «crisi della critica […], che avrà sempre voluto, tramite un giudizio, decidere (krinein) del valore e del senso, discernere tra ciò che è e ciò che non è, tra ciò che vale e ciò che non vale, tra il vero e il falso, il bello e il brutto, ogni significato e il suo contrario»38

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