la follia di don Chisciotte è lo strumento per rifiutare la volgarità e la bassezza del reale

Il romanzo mette in luce l'esigenza di far emergere la propria individualità, fuori di rigidi rapporti sociali cristallizzati, facendo emergere l'istinto, la follia, il sogno, l'ignoto.[7]. Il critico Mario Pazzaglia scrive: "L'intento dichiarato dell'autore era quello di abbattere l'autorità e il favore che hanno nel pubblico di tutto il mondo i libri di cavalleria, parodiandoli; e l'intento rispecchiava, in fondo, una crisi di valori nell'Europa del tempo travagliata da lotte di potenza imperialistica e dal deciso predominio del capitalismo che sosteneva i nuovi stati assolutistici ed era certo intimamente avverso a ogni forma di idealismo, di liberalità e di generosità cavalleresca"[8]


Il mondo che ora don Chisciotte attraversa è molto più ricco e variegato di quanto lo stesso don Chisciotte immaginasse, ma è anche tale da produrre una serie crescente di scacchi, come la sconfitta in duello da parte di un cavaliere più finto di lui, o la rovinosa caduta nel fango dopo che un'orda di porci lo ha travolto con Sancio. Don Chisciotte è diventato un personaggio tragico, e, prima di dichiararsi risanato e pentito, e dunque vinto, sul letto di morte, esclama, come un mistico: io sono nato per vivere morendo

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