Il re franco considerava la stessa presenza dei dotti alla corte di Aquisgrana come la quinta colonna del suo potere politico, non tanto per il piacere di essere dichiarato da loro "dottore in grammatica, finissimo retorico dalla dialettica insuperabile; meglio diCicerone e Lucrezio" quanto perché, sulla loro opera, si basava l'elaborazione di quella politica imperiale che si stava sviluppando a palazzo.
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