ULISSE E IL ROMANZO

Quale dio, quale eroe, quale animale divino, quale uomo

si nasconde dietro il nome ancora misterioso di Ulisse? Appena

ci avviciniamo a lui e lo inseguiamo da un canto all'altro

dell'Odissea, come egli viene inseguito dal proprio avventuroso

destino, Ulisse oscilla, ruota su se stesso, e mostra

un volto illuminato da luci sempre diverse. Ora ci compare

davanti come un eroe nobilissimo, splendente di bellezza e

di grazia, avvolto in un morbido manto purpureo: ora, invece,

come un vecchio mendicante, con gli occhi cisposi, la

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pelle avvizzita, una veste lacera e macchiata di fumo e una bisaccia

sporca. Ora sembra un leone, che attraversa il vento e

la pioggia con gli occhi di fuoco: ora un polipo, con il capo

viscido e i tentacoli insidiosi aggrappati alla roccia; ora è una

grande aquila dalla parola umana, ora un occhiuto, rapace

avvoltoio... Non sappiamo quale volto scegliere: quale animale

preferire; e alla fine ci sembra di intravedere, tra le luci

e le nebbie del Mediterraneo, una specie di Grifone marino,

che possiede il capo del leone e i tentacoli del polipo, le ali

dell'aquila e il becco dell'avvoltoio.

Se vogliamo avvicinarci a questa figura straordinaria, conviene

ricordare, insieme a un filologo geniale come Carlo

Diano, che Ulisse assomigliava alle due divinità che lo proteggevano:

Ermes, dal quale discendeva; ed Atena, che lo seguì

con l'amore esclusivo di una complice. Aveva una natura

molteplice e versatile quanto la loro: sapeva assumere tutte

le forme, prendeva tutte le strade e tendeva, sempre sinuoso

e avvolgente, verso tutte le parti. Aveva una mente «colorata»

e «variegata» come quella di Ermes: essa assomigliava a una

pittura o a un tappeto: ma era anche artificiosa come un discorso:

intricata ed enigmatica come i labirinti e le costellazioni

celesti; e occulta come quella dei ladri, dei mercanti,

dei segreti amanti notturni.

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