Andrea Sperelli non esitò un istante d'innanzi alle lusinghe. A quella

specie di raccoglimento, prodotto in lui dal dominio unico di Elena,

succedeva ora il dissolvimento. Non più tenute dall'ignea fascia che le

stringeva ad unità, le sue forze tornavano al primitivo disordine. Non

potendo più conformarsi, adeguarsi, assimilarsi a una superior forma

dominatrice, l'anima sua, camaleontica, mutabile, fluida, virtuale si

trasformava, si difformava, prendeva tutte le forme. Egli passava dall'uno

all'altro amore con incredibile leggerezza; vagheggiava nel tempo

medesimo diversi amori; tesseva, senza scrupolo, una gran trama

d'inganni, di finzioni, di menzogne, d'insidie, per raccogliere il maggior

numero di prede. L'abitudine della falsità gli ottundeva la conscienza. Per

la continua mancanza della riflessione, egli diveniva a poco a poco

impenetrabile a sé stesso, rimaneva fuori del suo mistero. A poco a poco

egli quasi giungeva a non vedere più la sua vita interiore, in quella guisa

che l'emisfero esterno della terra non vede il sole pur essendogli legato

indissolubilmente. Sempre vivo, spietatamente vivo, era in lui un istinto:

l'istinto del distacco da tutto ciò che l'attraeva senza avvincerlo. E la

volontà, disutile come una spada di cattiva tempra, pendeva al fianco di un

ebro o di un inerte.

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