Si tratta, come è noto, di un peccato di curiositas. Ma che cosa sia e che cosa rappresenti esattamente la curiositas nell'universo filosofico di Apuleio non è chiaro. Alcuni critici ritengono che essa venga valutata in modo positivo da Apuleio, quasi fosse per lui il tratto distintivo dell’intelligenza (salvo poi, dopo avergli attribuito questa opinione, tacciarlo di superficialità e frivolezza).
A noi sembra, alla luce dell'esito di entrambe le vicende (la trasformazione magica per Lucio, le vista delle sembianze dello sposo divino per Psiche), che la valutazione non possa che essere negativa.
In ogni caso, il significato dell’esperienza adombrata nelle Metamorfosi debba essere valutato con maggiore attenzione. Avanziamo a questo punto qualche ipotesi.
Apuleio, come già Euripide in un'opera altrettanto discussa ed enigmatica, le Baccanti, sembrerebbe contrapporre, nel suo romanzo, due modalità opposte del conoscere:
1) la curiositas (che in Euripide è designata con il termine sophòn), che si illude di poter arrivare alla decifrazione razionale dell’Essere attraverso l’osservazione delle forme dell’Apparenza (l’“abbandono al mondo”), dei fenomeni (etimologicamente “ciò che appare”) o dei segni in essa impressi.
Si pensi alla definizione che il filosofo Heidegger dà della curiosità: “ciò che preme a questo tipo di visione non è la comprensione o il rapporto genuino con la verità, ma unicamente le possibilità derivanti dall’abbandono al mondo. [...] La curiosità non ha nulla a che fare con la considerazione dell’ente pieno di meraviglia, con il qaumazein; non la interessa lo stupore davanti a ciò che non si comprende, perché essa cerca, sì, di sapere, ma unicamente per poter aver saputo” (Sein und Zeit, Halle 1927).
La curiosità, l'attitudine intellettuale di chi vuole sapere per il gusto di sapere, è quindi, sì, indizio di intelligenza, ma di un'intelligenza superficiale, presuntuosa e per molti versi infantile. E' questa l’illusione della scienza, ma anche quella dell'alchimia e della magia, la stessa di Apuleio prima della conversione; essa si rivela, a giudicare dalle vicende di Lucio e di Psiche, suprema stoltezza: la multiforme varietà delle cose né può essere realmente conosciuta nella sua essenza, né può condurre alla conoscenza di ciò che veramente è al di là delle apparenze e conferisce loro significato.
La curiosità, si direbbe, è una modalità del conoscere che si addice ad un bambino, ma che in un adulto può essere rivelatrice di un'immaturità di fondo. L'adulto curioso è spesso un bambino intelligente che si rifiuta di crescere. Sennonché l'anima, in prospettiva platonica, ha un percorso di maturazione da compiere, deve crescere; e la presenza della curiositas, che continuamente distrae l'uomo dalla ricerca interiore spostando la sua attenzione su oggetti esterni, diventa ad un certo punto un ostacolo insormontabile. Accade allora un evento traumatico che costringe l'uomo a rendersi conto dell'inefficacia di questa modalità conoscitiva e a cercare altri mezzi di salvezza.
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