. Da ciò si può dedurre che Eco condanni tout court l’estetica come ideologia? Non mi pare che Eco arrivi mai a una conclusione del genere; anzi, egli sostiene che l’esperienza estetica “si batte, per così dire, per i diritti civili di un continuum segregato” (p. 335), cioè mette in evidenza e porta all’estremo aspetti che sono impliciti in qualsiasi produzione segnica. Piuttosto egli inaugura un’estetica fuzzy che si rivela quanto mai feconda nell’analisi delle produzioni letterarie ed artistiche della nostra epoca e che, stabilendo rapporti imprevisti, consente l’esercizio di un’ironia ingegnosa e scintillante. Il conflitto estetico per eccellenza perciò non è più la contraddizione o la polarità, e tantomeno l’armonia, ma l’ironia: entriamo con Eco in un orizzonte di sfumature e di transiti, sospettoso nei confronti delle formalizzazioni logiche (sia di quelle di matrice idealistica, sia di quelle di matrice strutturalistica).
Copyright©MarioPerniola 1999
I fenomeni culturali sono il luogo di una combinatoria , di una pluralità di legami che non possono essere ridotti ad un solo tipo. Lo studio dei segni di una cultura mostra unità equivoche, sememi aperti a una pluralità di letture: Eco perciò rifiuta la pretesa di molta semantica strutturale di portare alla luce, senza ombra di dubbio, le strutture immutabili e necessarie del significato.
La struttura dello spazio semantico perciò non è retta dalla contraddizione né dalla polarità: Eco introduce nello studio del linguaggio la fuzzy logic, la logica dei concetti vaghi o sfumati. “L’incrociarsi delle circostanze e delle presupposizioni si annoda all’incrocio dei codici e dei sottocodici in modo da fare di ogni messaggio o testo una FORMA VUOTA a cui possono essere attribuiti vari sensi possibili”
Le invenzioni non si dispongono in sistema di opposizioni nette, ma lungo un continuum” di trasformazioni (p. 320). La semiosi vive in un mondo di fatti: ciò limita l’assoluta purezza dell’universo dei codici (p. 211): perfino l’opposizione analitico-sintetico ha carattere convenzionale e quando la convenzione cambia, i giudizi analitici diventano sintetici e viceversa.
La specificità del prodotto estetico deve essere cercata altrove: nell’autoriflessività, nell’ambiguità, nella violazione della norma, cioè in elementi culturali, convenzionali. Ciò non esclude per Eco l’importanza della produzione estetica, la quale anzi costituisce il modello ”da laboratorio” di tutti gli aspetti della funzione segnica (p. 328) e possiede, in modello ridotto, le stesse caratteristiche di una lingua (p. 338).
è certo che quel rapporto di polarità organica su cui Pareyson aveva costruito la sua estetica, deve essere lasciato cadere: “Il prodotto dell’invenzione semiotica, anche quando è visto come complessa funzione segnica, è sempre un segno ‘impreciso’. Le invenzioni non si dispongono in sistema di opposizioni nette, ma lungo un continuum” di trasformazioni
La semiosi vive in un mondo di fatti: ciò limita l’assoluta purezza dell’universo dei codici (p. 211): perfino l’opposizione analitico-sintetico ha carattere convenzionale e quando la convenzione cambia, i giudizi analitici diventano sintetici e viceversa.
La realtà ha carattere polidimensionale; essa può essere messa a fuoco secondo molte fisionomie complementari. Spiegazioni che un tempo si escludevano l’un l’altra ora potrebbero coesistere dando luogo a inedite opposizioni. Lo studio del linguaggio è ciò che consente di conferire un ordine nuovo più sciolto ed agile agli elementi che formano la nostra esperienza. L’intenzione fondamentale di Joyce sarebbe così formulabile: “assumo il mondo sotto forma di quanto è stato detto circa il mondo, e lo organizzo secondo regole che non sono valide nei confronti delle cose, ma solo delle parole che esprimono le cose” (pp. 353-4).
Eco prendono in attenta considerazione la tendenza a considerare tutto simile a tutto. Le origini di questo orientamento devono essere cercate nel neoplatonismo, il quale appunto pretende di eliminare le opposizioni e pone al sommo della scala degli esseri una entità inafferrabile e oscura (l’Uno) da cui tutto deriva per emanazione. Ne consegue che tutti gli esseri hanno un rapporto di affinità tra loro: il neoplatonismo, pur pensando l’Uno come il luogo della coincidenza degli opposti, anzi proprio per questo, è non solo un pensiero della conciliazione, ma anche un pensiero dell’elusione. Infatti l’Uno è in se stesso insondabile ed inesprimibile; quanto all’universo essendo retto da una rete di similitudini e di simpatie cosmiche, di esso si può dire tutto e il contrario di tutto. Ogni determinazione si rivela insufficiente e inadeguata.
comunicativa viene definita “semiosi ermetica”. Si tratta per Eco di una forma patologica della comunicazione, la cui influenza nefasta si estende attraverso i millenni, dall’ermetismo ellenistico al romanticismo, dal rinascimento al decostruzionismo. Il punto di partenza dell semiosi ermetica deve essere rintracciata nel sincretismo ellenistico: “molte cose possono essere vere nello stesso momento anche se si contraddicono” (p. 43), ma se si contraddicono esse contengono un messaggio segreto e dicono altro da ciò che sembrano dire. Tuttavia poiché ogni cosa ha rapporti di analogia, continuità e somiglianza con qualsiasi altra cosa, qualsiasi determinazione sarà inadeguata: non appena si scopre che c’è un significato privilegiato, si può essere certi che non è quello vero. La semiosi ermetica rimanda così ad una interpretazione infinita che non si può mai arrestare e il cui unico contenuto è in fondo l’affermazione della coincidenza degli opposti. “Il pensiero ermetico trasforma l’intero teatro del mondo in fenomeno linguistico, e contemporaneamente sottrae al linguaggio ogni potere comunicativo” (p.45). Il sincretismo ermetico peraltro non induce i suoi seguaci ad un atteggiamento di umiltà: al contrario, poiché diffida di tutte le determinazioni e di tutte le opere, crea un vuoto che viene riempito dalla presunzione di detenere il segreto del mondo; il fatto che questo segreto sia inesprimibile pone l’adepto dell’esoterismo ermetico al riparo da ogni verifica e da ogni controllo e potenzia la sua arroganza.
L’attenzione di Eco non si focalizza perciò né sull’intentio auctoris (su ciò che l’autore voleva dire), né sull’intentio lectoris (su ciò che il lettore legge nel testo): la prima è troppo limitata, la seconda troppo arbitraria. Ciò che è importante è l’intentio operis : in altre parole, esistono dei diritti del testo che non devono essere cancellati dall’indeterminazione ermetica e che finiscono col coincidere con la causa della filosofia, in quanto discorso attento al suo ordine procedurale
La tesi di Eco consiste nell’opporre qualcosa al qualsiasi cosa neoplatonico .
“l’esistenza di un società dell’informazione istantanea e dei trasporti rapidi, della migrazione intercontinentale continua, unita alla natura della nuova tecnologia bellica, ha reso la guerra impossibile e irragionevole. La guerra è in contraddizione con le stesse ragioni per cui è fatta”. La guerra oggi non mette più di fronte due termini opposti; mette in concorrenza infiniti poteri.
Essa non è descrivibile nei termini di un sistema seriale, configurato come una struttura di disgiunzioni seriali binarie; ci troviamo di fronte ad un sistema parallelo (o neo-connessionista) che si assesta secondo una distribuzione di pesi imprevedibile. In altre parole, è impossibile pensare il conflitto odierno secondo la logica dell’idealismo tedesco: esso è infatti simile ad una partita a scacchi in cui entrambi i giocatori mangiano e muovono pezzi di uno stesso colore. Questa analisi è sviluppata ed approfondita nell’articolo Quando la guerra è un’arma spuntata (1999) nel quale si distingono le caratteristiche opposte della paleoguerra e della neoguerra . Le condizioni della prima erano tre: “che al nemico dovessero essere tenute segrete le nostre forze e le nostre intenzioni, in modo da poterlo prendere di sorpresa; che ci fosse una forte solidarietà nel fronte interno; che infine tutte le forze a disposizione fossero utilizzate per distruggere il nemico”. Ora queste condizioni sono venute meno nella neoguerra , la quale presuppone flussi d’informazione inarrestabili, dà continuamente la parola al nemico e si muove all’insegna del vittimismo. Alla paleoguerra, che costituisce il modello di ogni conflitto dialettico o polare, succede la neoguerra nella quale muore lo stesso “un sacco di gente”, ma non si vince, anzi si perde sempre, perché le dinamiche e le articolazioni del conflitto sono troppo numerose e incontrollabili.
Pertanto è errato vedere in Eco un atteggiamento cinico, disimpegnato o estetizzante. Al contrario il pensiero di Eco è segnato da un forte pensiero dell’opposizione; il riconoscimento della pluralità delle forme in cui questa si dispiega non esclude la permanenza e la coerenza della sua lotta contro due nemici storici. Il primo è rappresentato da quella tendenza che pretende di confondere tutto con tutto: tale tendenza si è manifestata in molte forme, che vanno dall’ermetismo al neoplatonismo, dal fascismo al New Age. Nei confronti di essa nessuna indulgenza è possibile: la logica e la morale vanno d’accordo nell’escludere che si possa dire simultaneamente tutto e il contrario di tutto. Il secondo nemico storico di Eco è la guerra: essa è qualcosa di intollerabile per motivi che sono ancora insieme logici e morali. Oggi la guerra ha perduto completamente ogni dimensione epica e perfino strategica, proprio perché vincere attraverso di essa è diventato impossibile. Il bellicismo ancor prima di essere immorale, è demenziale. Ciò che non viene mai meno in Eco è perciò la dignità del pensiero, dinanzi al quale tutti gli aspetti della realtà in ultima istanza devono comparire, almeno nella misura in cui veicolano segni.
L’attenzione di Eco non si focalizza perciò né sull’intentio auctoris (su ciò che l’autore voleva dire), né sull’intentio lectoris (su ciò che il lettore legge nel testo): la prima è troppo limitata, la seconda troppo arbitraria. Ciò che è importante è l’intentio operis : in altre parole, esistono dei diritti del testo che non devono essere cancellati dall’indeterminazione ermetica e che finiscono col coincidere con la causa della filosofia, in quanto discorso attento al suo ordine procedurale
Il rapporto comico-tragico è perciò fuzzy, oscillante: ciò spiegherebbe “perché mai proprio l’universo dei mass media sia al tempo stesso un universo di controllo e regolazione del consenso e un universo fondato sul commercio e sul consumo di schemi comici. Si permette di ridere proprio perché prima e dopo la risata si è sicuri che si piangerà”. Non diversamente nel saggio Pirandello ridens (1969) , Eco sostiene che “si ride proprio e solo per ragioni assai tristi”. Il riso implica una forte esperienza del conflitto: “gli angeli non ridono (...); il diavolo sì”.
I giganti e gli orchi rappresentano la forza bruta che non ha sviluppato e nutrito la propria parte spirituale. Il lupo, insieme all’orco e alla strega, rappresenta la minaccia, la sfida alla morte per continuare la vita o morire e rinascere. Il lupo, come simbolo, ha in sé il suo doppio: bestia selvaggia portatrice di morte e distruzione, ma anche iniziatore e portatore di conoscenza.
Saturno rappresenta la valutazione logica e razionale, il giudizio oggettivo e radicale, la coscienza e le convinzioni morali, la legge e le regole, la logica, la rigidità, la durezza, il potere, la vecchiaia, la giustizia, la concentrazione, la serietà, la cautela e la riservatezza, la rinuncia, la privazione, l'eliminazione del superfluo, la forza d'animo, l'autosufficienza, lo stoicismo, il vigore intellettuale e filosofico.
saggezza, struttura, concretezza
ASPETTO OMBRA rigidità, aridità, severità, diffidenza, freddezza, chiusura, pessimismo, ambizione, avarizia, inflessibilità, rigore, privazione, rinuncia, solitudine, dogmatismo
Kronos (Saturno) era considerato dai Greci il figlio più giovane di Urano (il Cielo) e di Gaia (la Terra), era quindi un titano, appartenente alla generazione divina che precedette la casta degli dei olimpici. Su istigazione della madre recise con un colpo di falcetto i testicoli del padre.
Dopo aver evirato il padre, Kronos ne prese il posto in cielo ma Urano gli predisse che sarebbe stato detronizzato da uno dei suoi stessi figli. Per questo motivo, dopo aver sposato Rea (sua sorella), divorava i figli man mano che nascevano. Rea, incinta di Zeus e nel tentativo di salvare almeno uno dei suoi figli, fuggì partorendo segretamente e dando all'ignaro padre, al posto del figlio, una pietra avvolta in panni.
Quando Zeus crebbe, aiutato dalla madre e da Meti, una delle figlie dell'Oceano, fece bere a Kronos una pozione magica che lo costrinse a restituire tutti i figli precedentemente divorati. Questi, guidati dal fratello Zeus, dichiararono guerra al padre riuscendo alla fine a sconfiggerlo, per cui Zeus prese il posto di Kronos al comando dell'Universo fissando la sua sede sull'Olimpo.
I giorni consacrati a Saturno erano i Saturnalia: si svolgevano a dicembre ed erano legati ai riti per il cambiamento dell'anno. Erano caratterizzati dalla rottura dell'ordine costituito in quanto cessava l'autorità di Giove. In quei giorni schiavi e padroni si scambiavano i ruoli, era lecito giocare d'azzardo e i tribunali restavano chiusi. I Saturnalia possono essere considerati i precursori del nostro Carnevale.
saggezza, struttura, concretezza
ASPETTO OMBRA rigidità, aridità, severità, diffidenza, freddezza, chiusura, pessimismo, ambizione, avarizia, inflessibilità, rigore, privazione, rinuncia, solitudine, dogmatismo
Kronos (Saturno) era considerato dai Greci il figlio più giovane di Urano (il Cielo) e di Gaia (la Terra), era quindi un titano, appartenente alla generazione divina che precedette la casta degli dei olimpici. Su istigazione della madre recise con un colpo di falcetto i testicoli del padre.
Dopo aver evirato il padre, Kronos ne prese il posto in cielo ma Urano gli predisse che sarebbe stato detronizzato da uno dei suoi stessi figli. Per questo motivo, dopo aver sposato Rea (sua sorella), divorava i figli man mano che nascevano. Rea, incinta di Zeus e nel tentativo di salvare almeno uno dei suoi figli, fuggì partorendo segretamente e dando all'ignaro padre, al posto del figlio, una pietra avvolta in panni.
Quando Zeus crebbe, aiutato dalla madre e da Meti, una delle figlie dell'Oceano, fece bere a Kronos una pozione magica che lo costrinse a restituire tutti i figli precedentemente divorati. Questi, guidati dal fratello Zeus, dichiararono guerra al padre riuscendo alla fine a sconfiggerlo, per cui Zeus prese il posto di Kronos al comando dell'Universo fissando la sua sede sull'Olimpo.
I giorni consacrati a Saturno erano i Saturnalia: si svolgevano a dicembre ed erano legati ai riti per il cambiamento dell'anno. Erano caratterizzati dalla rottura dell'ordine costituito in quanto cessava l'autorità di Giove. In quei giorni schiavi e padroni si scambiavano i ruoli, era lecito giocare d'azzardo e i tribunali restavano chiusi. I Saturnalia possono essere considerati i precursori del nostro Carnevale.
Giano, il suo culto è probabilmente antichissimo e risale ad un'epoca arcaica, in cui i culti dei popoli italici erano in gran parte ancora legati ai cicli naturali della raccolta e della semina. È stato sottolineato da più autori, fin dal secolo scorso (Vedi Il ramo d'oro), come Giano fosse probabilmente la divinità principale del pantheon romano in epoca arcaica ed anche Sant'Agostino nel suo De Civitate Dei (VII, 9) ricorda che “ad Ianum pertinent initia factorum” e come perciò al Dio competa “omnium initiorum potestatem”
Giano non era figlio di alcun'altra divinità (ad esempio Giove è figlio di Saturno), ma, proprio per la sua qualità di pater divorum, egli era sempre stato, immanente, fin dall'origine di ogni cosa
ra presente allorché i quattro elementi si separarono tra di loro dando forma ad ogni cosa
colui che plasma e governa ogni cosa e unì, circondandole con il cielo, l'essenza dell'acqua e della terra, pesante e tendente a scendere in basso, e quella del fuoco e dell'aria, leggera e tendente a sfuggire verso l'alto, e che fu l'immane forza del cielo a tenere legate le due forze contrastanti
principio degli dèi e acuto seminatore di cose
dal verbo ire"andare", perché secondo Macrobio il mondo va sempre, muovendosi in cerchio e partendo da se stesso a se stesso ritorna[1]. Gli studiosi moderni hanno confermato questa relazione stabilendo una derivazione dal termine ianua, "porta"[2], ma è con Georges Dumézil che il senso si precisa: il nome Ianus deriverebbe infatti dalla radice indoeuropea *ei-, ampliata in *y-aa- con il significato di "passaggio" che, attraverso una forma *yaa-tu, ha prodotto anche l'irlandese ath, "guado"
Giano presiede infatti a tutti gli inizi e i passaggi e le soglie, materiali e immateriali, come le soglie delle case, le porte, i passaggi coperti e quelli sovrastati da un arco, ma anche l'inizio di una nuova impresa, della vita umana, della vita economica, del tempo storico e di quello mitico, della religione, degli dèi stessi, del mondo, dell'umanità (viene infatti chiamato Consivio, cioè propagatore del genere umano, che viene seminato per opera sua[7]), della civiltà, delle istituzioni.
Giano era preposto alle porte(ianuae), ai passaggi (iani) e ai ponti: ne custodiva l'entrata e l'uscita e portava in mano, come i portinai, gli ianitores, una chiave e un bastone, mentre le due facce vegliavano nelle due direzioni, a custodire entrata e uscita.
Anche in quest'epoca, comunque, Giano continuò a rappresentare il custode di ogni forma di passaggio e mutamento, protettore di tutto ciò che riguardava un inizio ed una fine.
È lui ad accogliere il dio dell'agricoltura Saturno, spodestato dal figlio Giove, condividendo con lui la regalità e consentendogli di portare l'età dell'oro. Per l'ospitalità ricevuta, Giano ricevette dal dio Saturno il dono di vedere sia il passato che ilfuturo, all'origine della sua rappresentazione bifronte.
ra presente allorché i quattro elementi si separarono tra di loro dando forma ad ogni cosa
colui che plasma e governa ogni cosa e unì, circondandole con il cielo, l'essenza dell'acqua e della terra, pesante e tendente a scendere in basso, e quella del fuoco e dell'aria, leggera e tendente a sfuggire verso l'alto, e che fu l'immane forza del cielo a tenere legate le due forze contrastanti
principio degli dèi e acuto seminatore di cose
dal verbo ire"andare", perché secondo Macrobio il mondo va sempre, muovendosi in cerchio e partendo da se stesso a se stesso ritorna[1]. Gli studiosi moderni hanno confermato questa relazione stabilendo una derivazione dal termine ianua, "porta"[2], ma è con Georges Dumézil che il senso si precisa: il nome Ianus deriverebbe infatti dalla radice indoeuropea *ei-, ampliata in *y-aa- con il significato di "passaggio" che, attraverso una forma *yaa-tu, ha prodotto anche l'irlandese ath, "guado"
Giano presiede infatti a tutti gli inizi e i passaggi e le soglie, materiali e immateriali, come le soglie delle case, le porte, i passaggi coperti e quelli sovrastati da un arco, ma anche l'inizio di una nuova impresa, della vita umana, della vita economica, del tempo storico e di quello mitico, della religione, degli dèi stessi, del mondo, dell'umanità (viene infatti chiamato Consivio, cioè propagatore del genere umano, che viene seminato per opera sua[7]), della civiltà, delle istituzioni.
Giano era preposto alle porte(ianuae), ai passaggi (iani) e ai ponti: ne custodiva l'entrata e l'uscita e portava in mano, come i portinai, gli ianitores, una chiave e un bastone, mentre le due facce vegliavano nelle due direzioni, a custodire entrata e uscita.
Anche in quest'epoca, comunque, Giano continuò a rappresentare il custode di ogni forma di passaggio e mutamento, protettore di tutto ciò che riguardava un inizio ed una fine.
È lui ad accogliere il dio dell'agricoltura Saturno, spodestato dal figlio Giove, condividendo con lui la regalità e consentendogli di portare l'età dell'oro. Per l'ospitalità ricevuta, Giano ricevette dal dio Saturno il dono di vedere sia il passato che ilfuturo, all'origine della sua rappresentazione bifronte.
Le Bon definisce la sua epoca come un periodo nel quale le folle (in questo caso da intendere come masse), in seguito a una serie di cambiamenti quali il suffragio universale, la crescita delle città, il miglioramento delle comunicazioni, sono destinate a dominare la scena sociale. Poiché esse propendono per le azioni violente e sono "poco inclini al ragionamento" (v. Le Bon, 1895; tr. it., p. 35), tale predominio prelude a un periodo di decadenza e di disgregazione. È necessario quindi che l'uomo di Stato approfondisca la psicologia delle folle, in modo tale da riuscire ad arginarle e "non essere da esse interamente governato" (ibid., p. 38).
L'interesse per le folle, e soprattutto per le dinamiche psicologiche a esse collegate, nasce contemporaneamente in Francia e in Italia alla fine del secolo scorso. Il processo d'industrializzazione e la conseguente nascita del proletariato industriale urbano, la diffusione delle idee socialiste e le forme di 'azione diretta' tipiche del nascente movimento operaio, gli scioperi violenti e i tumulti che si susseguono in varie parti d'Europa creano una situazione d'instabilità sociale di fronte alla quale i diversi governi si dimostrano incerti sulla linea da tenere e rispondono alternando momenti repressivi a concessioni democratiche. Dal canto loro, la borghesia e i grossi proprietari terrieri vedono con spavento l'avanzata di queste 'folle' che sembrano sfuggire a ogni controllo e minacciare il loro potere. Nasce quindi l'esigenza di studiare più attentamente questi fenomeni, onde poterli contenere e controllare in modo adeguato.
relazione iperonimica, per cui il ritmo “precede
e prepara” la forma: proprio in relazione ai modi del sensibile, si registra una tangenza non accessoria
con “l’ipotesi ‘fenomenologica’” di Deleuze che, nel descrivere una Logica della sensazione, pensa il
ritmo come una generale “logica dei sensi”, “potenza, più profonda della vista, dell’udito” e degli
altri sensi che “travalica ogni singolo campo e lo attraversa”
Michel Serres, “ritmo”, nella sua prima apparizione nella filosofia
atomi- stica, è il momento di una scaturigine d’ordine interna al flusso stesso: nella “resi” (il flusso
laminare atomico che costituisce per la filosofia atomista il modello idraulico del caos) il “ritmo” è
un momento di reversibilità nell’irreversibilità del flusso, il vortice come fenomeno d’ordine locale in cui il flusso si avvolge e torna su stesso, così da produrre una reversibilità del tempo. Non ostacolo
al flusso, ma reversibilità locale e momentanea dello stesso (la resi) che si avvolge nel vortice (il
ritmo, inteso allora come forma adottata dagli atomi in scostamento)162. Presa significante, ipotesi
di forma nella continuità: per la semiotica si tratta allora di “ritmare la resi”163.
Così, “la musica 162 è satura di reversibili. Essa ritma la resi in ogni luogo e ad ogni livello, produce e
riproduce l’immantinente. Flusso riempito di fluttuazioni” (Serres 1977, p. 163).
e prepara” la forma: proprio in relazione ai modi del sensibile, si registra una tangenza non accessoria
con “l’ipotesi ‘fenomenologica’” di Deleuze che, nel descrivere una Logica della sensazione, pensa il
ritmo come una generale “logica dei sensi”, “potenza, più profonda della vista, dell’udito” e degli
altri sensi che “travalica ogni singolo campo e lo attraversa”
Michel Serres, “ritmo”, nella sua prima apparizione nella filosofia
atomi- stica, è il momento di una scaturigine d’ordine interna al flusso stesso: nella “resi” (il flusso
laminare atomico che costituisce per la filosofia atomista il modello idraulico del caos) il “ritmo” è
un momento di reversibilità nell’irreversibilità del flusso, il vortice come fenomeno d’ordine locale in cui il flusso si avvolge e torna su stesso, così da produrre una reversibilità del tempo. Non ostacolo
al flusso, ma reversibilità locale e momentanea dello stesso (la resi) che si avvolge nel vortice (il
ritmo, inteso allora come forma adottata dagli atomi in scostamento)162. Presa significante, ipotesi
di forma nella continuità: per la semiotica si tratta allora di “ritmare la resi”163.
Così, “la musica 162 è satura di reversibili. Essa ritma la resi in ogni luogo e ad ogni livello, produce e
riproduce l’immantinente. Flusso riempito di fluttuazioni” (Serres 1977, p. 163).
Chi ha infranto il muro? Posso infrangere il muro? Miller delira a livello storia universale . Cinesi e ebrei.
Entro fallito perché rimbalzati su un fenomeno inventato dal cristo: la soggettività . Caduti in un buco nero . Il buco nero del Cristo e della passione del Cristo .
Cinesi grazie al buddismo hanno oltrepassato il muro attraverso delle metamorfosi , divenire animali divenire musicali, strane cose
NON SI SUPERA IL MURO SENza divenire
Divenire masochista , rimbalza sul muro e cade sul buco nero , la coppia di lesbiche di Cui diventa schiavo. Fine sexus inizio nexus che si esprime attraverso gli abbaia mente di Miller . Quando non riesce. Ad attraversa il muro e diviene cagnolino invece di divenire animale.
Catatonia consumatore come buco nero
Réclame come muro bianco
Il vermiglio delle sue guance disegnare sul muro
Occhi sono buchi neri
Ogni cosa si mescola in una semiotica che coinvolge tutto
Il compito è dipanare la semiotica
Magia non ha regole
Ogni spira di serpenteettere un occhio
Primo figura
Non diffondere questa immagine
La prima figura di viso dispotico significante non un viso visto di fronte come unità che raggruppa tratti di viseita
Mentre nelle altre figure almeno due visi
Di profilo che si voltano e infilano nel buco nero
Ogni viso a prescindere dalla sua figura è per natura molteplicità
Il dispotico é un
Molteplicità di frequenze , ogni vita che faccio un cerchio posso facci un occhio
È il viso sellata passionale è una molteplicità di risonanza
Due guarì corrispondono due forme di ridondanza
La viseita è la sostanza del significante
E l attributo della soggettività
Ridondanze si ottocento esattamente a livello del viso in quanti sostanza della ridondanza e attrvbuto della ridondanza
DUE VISI UGUALE DUE FOTME RIDONDANZA
viseita sostanza significante e attributo della soggettività
Le ridondanze si ritrovano a livello del viso perché soggettive in quanto sostanza della ridondanza e attributo della ridondanza
la categoria inglobante/ inglobato: è questo modello topologico “réglé par une opposition
simple: externe/interne”115 che rimotiva per isomorfismo la metafora hjelmsleviana, per cui
espressione e contenuto si rapportano come faccia “esterna” ed “interna” del segno116.
Il modello è fortemente
influenzato dalla teoria dell’Io-pelle come corpo-involucro in Anzieu 1985.
simple: externe/interne”115 che rimotiva per isomorfismo la metafora hjelmsleviana, per cui
espressione e contenuto si rapportano come faccia “esterna” ed “interna” del segno116.
Il modello è fortemente
influenzato dalla teoria dell’Io-pelle come corpo-involucro in Anzieu 1985.
3.31
sfondare muro biancoo uscvire dalbuco nero, è lostesso
non inizare cose fine prechè paura origini, ma dal mezzo come per il rizomatico
metodo kafka o formica
NOI SIAMO DELLE FORMICHE
romanzo cavalleresco e don chisciotte fine omanzo cavalleresco, il cavaliere non ha piu senso
solo incarnato don chisciotte completamente pazzo
il cavallo non è più un cavallo
come si assegnano le fini? quando mostrano l'eroe com eun poveretto completamebnte perso
evoluzione romanzo c'è
amor cortese surcodificazione atraverso il vioso
come razione contro la relazione coniugale
consumatore- star rapporto viseità passionale. dipendente- chef. muso bianco del viso con occhi buchi neri che ti guardano. BUCONERO CATATONIA PASSIONALE, BUCO NERO FALCO CHE SI PRECIPITA SULLA PREDA. in cui si CADE catatonia passionale
infine c'è sistema didecomposizione dove tratti paesaggità e viseità, uscta buco nero (popolo ebraico) mescolamento cosa curiosa.
complesso, insiem edi cose, MURO BIANCO VISO linea bianca bco nero
viso iscritto sul muro bianco che fila su buco nero, ognuno fa parte di semiotiche differenti
sistemi di segno diversi, FORMAZIONE SEMIOTICA MISTA
viso significante despota sul muro bianco , contenga comprenda già bucxhi nericomportabdo un resto di muro bianco sotto forma di linea diacronica
la dama bianca
sfondare muro biancoo uscvire dalbuco nero, è lostesso
non inizare cose fine prechè paura origini, ma dal mezzo come per il rizomatico
metodo kafka o formica
NOI SIAMO DELLE FORMICHE
romanzo cavalleresco e don chisciotte fine omanzo cavalleresco, il cavaliere non ha piu senso
solo incarnato don chisciotte completamente pazzo
il cavallo non è più un cavallo
come si assegnano le fini? quando mostrano l'eroe com eun poveretto completamebnte perso
evoluzione romanzo c'è
amor cortese surcodificazione atraverso il vioso
come razione contro la relazione coniugale
consumatore- star rapporto viseità passionale. dipendente- chef. muso bianco del viso con occhi buchi neri che ti guardano. BUCONERO CATATONIA PASSIONALE, BUCO NERO FALCO CHE SI PRECIPITA SULLA PREDA. in cui si CADE catatonia passionale
infine c'è sistema didecomposizione dove tratti paesaggità e viseità, uscta buco nero (popolo ebraico) mescolamento cosa curiosa.
complesso, insiem edi cose, MURO BIANCO VISO linea bianca bco nero
viso iscritto sul muro bianco che fila su buco nero, ognuno fa parte di semiotiche differenti
sistemi di segno diversi, FORMAZIONE SEMIOTICA MISTA
viso significante despota sul muro bianco , contenga comprenda già bucxhi nericomportabdo un resto di muro bianco sotto forma di linea diacronica
la dama bianca
LIMITI ABBASTANZA STRETTI AFFINCHè SI FISSI COMPLETAM,ENTE SULL'OGGETTO CHE DEVE PERALTRO DARSI . ridondaza di frequenza
Il senso di questo corto post è molto chiaro, dotare un’immagine di un chiaro e ridondante significato (il tocco, il microfono, ecc…) di modo che il messaggio che vogliamo trasmettere con la foto o l’immagine sia subito chiaro senza bisogno di una spiegazione aggiuntiva (principio che vale anche e specialmente con i loghi).
In questo caso, la ridondanza permette di avere un messaggio chiaro che sia capito. Un messaggio deve quindi contenere informazioni e forme ridondanti, di modo che riesca a superare le interferenze ed arrivare al ricevente.
ridondanza di frequenza perchè fatta pù volte al giorno
avete visto che faccia ha?
2.20
viso depsota altamente significante, figura
sostanza signfiicante
impone quando ci addormentiamo come sempre DI FORNTE, il mezzo busto televisivo
io non ce l'ho il volto sono posternato
viso alto e di fronte
si scaglia su un muro bianco, nettendo le sue finestre
schema rettangolo bianco con viso buco nero spierale
NON AGISCE ATTRAVERSO IL SIGNFICATO ma atraverso un insieme di linee ritmiche
su un muro bianco
quello che vuole dire ha poca importanza
qualsiasi cosa significhe i significa sempre qualcosa
agisce secondo linee ritmiche su un muro bianco non atraverso significato
qualche vuol dire dire ha poca importanza significa sempre qualcosa
due visi frontte a fronte che si avvicinano
il primo sincronico: viso su muro bianco
si avvicinano seguendo una linea
tristano isolda
cadutra nel buco nero: questa è la figura diacronica: il divenire dei due visi
non per forza difronte
SINCRONIA DIACRONIA
buco nero della passione
si trasfiornma nel viso passionale SONO DUE FANNO DUE, postsignificnti
non con dunzione di significanza ma di soggettivazione
NON è AFFATTO IL VISO CHE RIFERIAMO A UN SOGGETTO
è la funzione di soggettivazione che generiamo a partire da un afigura del viso
amour passion stadio coniugale
non guardasi in faccia profili, o spiarsi nella diacronia movbimento divenire nel buo nero, oppure girarsi a me che giro la faccia a lui
C'è STATO UN TEMPO IN CUI GLI DEI NON VOLTAVANO LA FACCIA
che dio inventa in voltafaccia? chi inveta la linea diacronica verso il buco nero? storia popolo ebreo duplice voltafaccia detto categorico
viene da kant passa per hoderlin
FAR FUNZIONARE MURI BIANCHI BUCHI NERI
TERZA IMMAGINE DI ADDORMENTAMENTO: i precendenti erano modi di ordinare i tratti di viseità, tratti viseità surcodati dal viso
LIBERAZIONE DEI TRATTI DI VISEITà CHE SCAPPANO AL VISO, diventassero uccelli
a volte pensanti altre leggeri, entrano i coptazione con altri tratti, dei tratti di paesaggità. i capelli nel vento dice felix.
apparizione personaggio completamente perso, non sa cosa fa e come si chiama
è estraneo a tutto, puro deterritorializzato
va a spasso sulla linea di fuga senza capuire niente di niente, quando si ferma non è sulla linea di fuga entra in una smeplice catatonia
DEFINIZIONE ROMANZO, IL ROMANZO APPARE NEL MOMENTO IN CUI SORGE UN TIPO DI PERSONAGGIO , ROMANZO APPARE CON TIPO DIPERSONAGGIO che non sa il nome ne cosa sta facendo è completmente abbruttito perduto, guarda senza sapere cosa:
il vero albert camus è chretien de troyes, primo grande romanziere a beckett, conoscitore romanzi celtici medievali e cortesi
un cavaliere arriva sulla linea di erranza, di deterritorializzazione, tre intimazioni della cavalleria
battiamoci , perchè? non lo so
ricerca del grall, non sanno quello che cercano passano il tempo a dimenticare il loro nome
poi Dostoevskij esco a trovare ivanovich, poi si imentica cosa deve fare e va dalla parte opposta
strano gioco di veseità paesaggità
A LIVELLO DEI CAVALIERI
k va dalla parte opposta al palazzo di giustizia dove volvea andare
un personaggio epico o drammatico non lo farebe mai, la linea di fuga, SPECIFICITà DEL ROMANZO COMINCIA CON IL POVERETTO, la ballata del poveretto , non sa il suo nome
( achille che si tira sulla tenda è una storia diversa, è epopea) no stessa forma di viseità, òla viseità romanzasca, la tragica o drammatica o epica ,
paesagittà neve sangue dell'oca volata . è questo il suo mestiere la linea di deterritorializzazione
amor cosrtese costituito come linea di fuga alla coniugalità, il grande movimento, la grande linea di fuga sociale come reazione attiva alla coniugalità
249
su un muro bianco
quello che vuole dire ha poca importanza
qualsiasi cosa significhe i significa sempre qualcosa
agisce secondo linee ritmiche su un muro bianco non atraverso significato
qualche vuol dire dire ha poca importanza significa sempre qualcosa
due visi frontte a fronte che si avvicinano
il primo sincronico: viso su muro bianco
si avvicinano seguendo una linea
tristano isolda
cadutra nel buco nero: questa è la figura diacronica: il divenire dei due visi
non per forza difronte
SINCRONIA DIACRONIA
buco nero della passione
si trasfiornma nel viso passionale SONO DUE FANNO DUE, postsignificnti
non con dunzione di significanza ma di soggettivazione
NON è AFFATTO IL VISO CHE RIFERIAMO A UN SOGGETTO
è la funzione di soggettivazione che generiamo a partire da un afigura del viso
amour passion stadio coniugale
non guardasi in faccia profili, o spiarsi nella diacronia movbimento divenire nel buo nero, oppure girarsi a me che giro la faccia a lui
C'è STATO UN TEMPO IN CUI GLI DEI NON VOLTAVANO LA FACCIA
che dio inventa in voltafaccia? chi inveta la linea diacronica verso il buco nero? storia popolo ebreo duplice voltafaccia detto categorico
viene da kant passa per hoderlin
FAR FUNZIONARE MURI BIANCHI BUCHI NERI
TERZA IMMAGINE DI ADDORMENTAMENTO: i precendenti erano modi di ordinare i tratti di viseità, tratti viseità surcodati dal viso
LIBERAZIONE DEI TRATTI DI VISEITà CHE SCAPPANO AL VISO, diventassero uccelli
a volte pensanti altre leggeri, entrano i coptazione con altri tratti, dei tratti di paesaggità. i capelli nel vento dice felix.
apparizione personaggio completamente perso, non sa cosa fa e come si chiama
è estraneo a tutto, puro deterritorializzato
va a spasso sulla linea di fuga senza capuire niente di niente, quando si ferma non è sulla linea di fuga entra in una smeplice catatonia
DEFINIZIONE ROMANZO, IL ROMANZO APPARE NEL MOMENTO IN CUI SORGE UN TIPO DI PERSONAGGIO , ROMANZO APPARE CON TIPO DIPERSONAGGIO che non sa il nome ne cosa sta facendo è completmente abbruttito perduto, guarda senza sapere cosa:
il vero albert camus è chretien de troyes, primo grande romanziere a beckett, conoscitore romanzi celtici medievali e cortesi
un cavaliere arriva sulla linea di erranza, di deterritorializzazione, tre intimazioni della cavalleria
battiamoci , perchè? non lo so
ricerca del grall, non sanno quello che cercano passano il tempo a dimenticare il loro nome
poi Dostoevskij esco a trovare ivanovich, poi si imentica cosa deve fare e va dalla parte opposta
strano gioco di veseità paesaggità
A LIVELLO DEI CAVALIERI
k va dalla parte opposta al palazzo di giustizia dove volvea andare
un personaggio epico o drammatico non lo farebe mai, la linea di fuga, SPECIFICITà DEL ROMANZO COMINCIA CON IL POVERETTO, la ballata del poveretto , non sa il suo nome
( achille che si tira sulla tenda è una storia diversa, è epopea) no stessa forma di viseità, òla viseità romanzasca, la tragica o drammatica o epica ,
paesagittà neve sangue dell'oca volata . è questo il suo mestiere la linea di deterritorializzazione
amor cosrtese costituito come linea di fuga alla coniugalità, il grande movimento, la grande linea di fuga sociale come reazione attiva alla coniugalità
249
Andrea Sperelli non esitò un istante d'innanzi alle lusinghe. A quella
specie di raccoglimento, prodotto in lui dal dominio unico di Elena,
succedeva ora il dissolvimento. Non più tenute dall'ignea fascia che le
stringeva ad unità, le sue forze tornavano al primitivo disordine. Non
potendo più conformarsi, adeguarsi, assimilarsi a una superior forma
dominatrice, l'anima sua, camaleontica, mutabile, fluida, virtuale si
trasformava, si difformava, prendeva tutte le forme. Egli passava dall'uno
all'altro amore con incredibile leggerezza; vagheggiava nel tempo
medesimo diversi amori; tesseva, senza scrupolo, una gran trama
d'inganni, di finzioni, di menzogne, d'insidie, per raccogliere il maggior
numero di prede. L'abitudine della falsità gli ottundeva la conscienza. Per
la continua mancanza della riflessione, egli diveniva a poco a poco
impenetrabile a sé stesso, rimaneva fuori del suo mistero. A poco a poco
egli quasi giungeva a non vedere più la sua vita interiore, in quella guisa
che l'emisfero esterno della terra non vede il sole pur essendogli legato
indissolubilmente. Sempre vivo, spietatamente vivo, era in lui un istinto:
l'istinto del distacco da tutto ciò che l'attraeva senza avvincerlo. E la
volontà, disutile come una spada di cattiva tempra, pendeva al fianco di un
ebro o di un inerte.
L’obiettivo ultimo, dicono Deleuze & Guattari, è quello di attingere l’impossibile formula: pluralismo = monismo
Se l’albero impone il verbo essere, ossia la metafisica (od ontologia) alla base delle categorie di pensiero occidentale, dai presocratici agli analitici, il rizoma ha per tessuto connettivo la congiunzione molteplice: “e… e… e…”.
“Molte persone hanno un albero piantato nella testa, ma il cervello stesso è più un’erba che un albero”. L’immagine dell’erba è a sua volta ipotipotica, perché, ci fanno sapere Deleuze & Guattari, il filo d’erba non cresce dagli estremi ma nel mezzo. E il rizoma “non ha un principio né una fine, è sempre in mezzo, tra le cose, inter-essere, intermezzo” (Mille Plateaux, 36).
Un’ultima osservazione: nello spirito nietzschiano della filosofia di Capitalismo e schizofrenia, la metafora è assolutamente bandita, a vantaggio della natura macchinica (materialista) della realtà: “in nessun caso ci serviamo di metafore” (Deleuze e Parnet, p.25). Pertanto a rigore il concetto di rizoma non deve essere considerato una metafora. Contro le metafore, Deleuze & Guattari giocano fin dall’Anti-Edipo i concetti di “macchina desiderante”, “macchina di macchine”, e successivamente quello di “dispositivo” e di “macchina astratta”.
La pretesa di Deleuze & Guattari è assoluta: rivoluzionare il pensiero ed il linguaggio con una postura di innocenza e ingenuità.
trasportare a costo di spezzare qualche dura linea segmentale che compone la vostra apparente identità. Potreste scoprire più d’una linea di fuga. E qualcosa di simile alla gioia.
Se l’albero impone il verbo essere, ossia la metafisica (od ontologia) alla base delle categorie di pensiero occidentale, dai presocratici agli analitici, il rizoma ha per tessuto connettivo la congiunzione molteplice: “e… e… e…”.
trasportare a costo di spezzare qualche dura linea segmentale che compone la vostra apparente identità. Potreste scoprire più d’una linea di fuga. E qualcosa di simile alla gioia.
Cartografia e decalcomania (5 e 6): il rizoma è eterogeneo ai modelli strutturali e generativi che hanno sempre l’albero come modello di infinita riproducibilità: “la logica dell’albero è una logica del calco e della riproduzione”. Il rizoma è invece una carta, e la carta non riproduce ma crea, in connessione con ciò di cui è carta. È questo è il principio più sensibile per la destituzione di ogni dualismo, in quanto non si tratta di rovesciare il modello della carta a favore di quello del calco, ma di “tentare l’altra operazione, inversa ma non simmetrica”. Con tutto il principio di carità, qui purtroppo non sembra possibile una comprensione chiara di ciò che gli autori intendono. Grosso modo si intuisce che si vorrebbe poter opporre la carta al calco, in un universo logico non dualistico, ma rimane difficile l’intuizione di come sia possibile opporre un’istanza m a un’istanza M scardinando la logica binaria dell’opposizione tra M e m. (Deleuze tratta abbondantemente questo punto a proposito dell’immanenza spinoziana, con sostanza unica, duplicità di attribuiti e molteplicità di modi/emanazioni).
Dio è un Astice, un due-pinze, un double-bind. Non soltanto gli strati proce- dono almeno due alla volta, ma per un altro verso ogni strato è doppio (conterrà cioè diversi livelli). Ogni strato presenta infatti fenomeni costitutivi di doppia artico- lazione. Articolate due volte, B-A, BA. Questo non vuole assolutamente dire che gli strati parlino o siano linguaggio. La doppia articolazione è talmente variabile che non possiamo partire da un modello generale, ma solamente da un caso relati- vamente semplice. La prima articolazione sceglierebbe o preleverebbe, dai flussi- particelle instabili, unità molecolari o quasi molecolari metastabili (sostanze) alle quali imporrebbe un ordine statistico di collegamenti e successioni (forme). La sec- onda articolazione opererebbe la sistemazione di strutture stabili, compatte e fun- zionali (forme) e costituirebbe i composti molari dove queste strutture si attual- izzano nello stesso tempo (sostanze). Così, in uno strato geologico, la prima artico- lazione è la «sedimentazione», che accumula unità di sedimenti ciclici secondo un ordine statistico: il flysch, con la sua successione di arenarie e di scisti. La seconda articolazione è il «corrugamento» che sistema una struttura funzionale stabile e assicura il passaggio dai sedimenti alle rocce sedimentarie. Le due articolazioni non sono dunque assegnabili luna alle sostanze e l’altra alle forme. Le sostanze non sono nient’altro che materie formate. Le forme impli- cano un codice, modi di codificazione e di decodificazione. Le sostanze come ma- terie formate si riferiscono a territorialità, a gradi di territorializzazione e di deterritorializzazione. Ma, per l'appunto, c'è codice e territorialità per ogni artico- lazione, ogni articolazione comporta per conto proprio forma e sostanza. Per il momento si poteva soltanto dire che, a ogni articolazione, corrispondeva un tipo di segmentarità o di molteplicità; uno, flessibile, piuttosto molecolare e soltanto ordinato; l'altro, più duro, molare e organizzato. Infatti, benché la prima artico- lazione non mancasse d’interazioni sistematiche, era soprattutto al livello della seconda che si producevano fenomeni di centratura, unificazione, totalizzazione, integrazione, gerarchizzazione, finalizzazione, che formavano una surcodi- ficazione. Ognuna delle due articolazioni fissava tra i propri segmenti dei rapporti
binari. Ma, tra i segmenti dell’una e i segmenti dell’elitra, si stabilivano relazioni biunivoche secondo leggi molto più complesse. La parola struttura poteva des- ignare in generale l’insieme di questi rapporti e relazioni, ma era un’illusione credere che la struttura fosse l’ultima parola della Terra. Anzi, non era sicuro che le due articolazioni si distribuissero sempre secondo la distinzione del molecolare e del molare.
binari. Ma, tra i segmenti dell’una e i segmenti dell’elitra, si stabilivano relazioni biunivoche secondo leggi molto più complesse. La parola struttura poteva des- ignare in generale l’insieme di questi rapporti e relazioni, ma era un’illusione credere che la struttura fosse l’ultima parola della Terra. Anzi, non era sicuro che le due articolazioni si distribuissero sempre secondo la distinzione del molecolare e del molare.
CAOS NO DISORDINE MA VELOCITà INFINITA DISSIPA OGNI FORMA CHE VI SI PROFILI
IL VUOT NON è UN NIENTE MA UN VIRTUALE CHE CONTIENE TUTTE LE PARTICELLE POSSIBILI E RICHIAMA, strutturalismo, TUTTE LE FORME POSSIBILI
VELOCITà INFINITA DI NASCITA E DILEGUAMENTO
STORIA SUCCESSIONE DI SISTEMI
FILOSOFIA CONSISTENZA DI PIANI
IL GUSTO è LA POTENZA DEL CONCETTO (cucina Jiro: creatività, qualità, armonia)
IL CARDINE CHE TIENE LEGATE TRE ATTIVITà : IMMANENZA caos, origine INSISTENZA ordine o gestazione CONSISTENZA apertura al caos , parto
Il divenir-animale è una “involuzione”, cioè “una forma di evoluzione che avviene tra elementi eterogenei, a condizione, soprattutto, che non si confonda l’involuzione con una regressione. Il divenire è involutivo, l’involuzione è creatrice. Regredire è andare verso il meno differenziato. Ma involvere è formare un blocco che fila secondo la propria linea, ‘tra’ i termini messi in gioco”.[10] È una direzione di movimento, un orizzonte, un modo per avvicinarsi all’immanenza.
il “regno di Dio” non è un passato originario da ripristinare, al contrario, è un compito, è l’unico e ultimo compito che abbia “io” (ultimo perché dopo non ci sarà più alcun “io”): “L’inizio non è ciò con cui si inizia, ma ciò a cui si giunge; e vi si giunge a ritroso. L’inizio è questa arte di diventare silenziosi, perché non è arte essere silenziosi come lo è la natura”.[29] Diventare silenziosi, ossia rinunciare a ciò che rende speciale il corpo dell’animale che parla, l’unico corpo che presuntuosamente può dire di sé “io”. O “io” (e quindi linguaggio) o immanenza.
la frattura che ha aperto il piano di immanenza favorendo quel movimento vorticoso del pensiero, quell’accelerazione infinita nella quale il pensiero stesso permane nella sua feconda crisis.
Lo snodo iniziale e comune della semiotica di matrice strutturale (nelle sue declinazioni generativa e interpretativa) è la definizione di funzione semiotica come solidarietà1 tra due piani, espressione e contenuto, in relazione di presupposizione reciproca.
ritaglio simultaneo del recto e del verso del foglio
la reversibilità è perciò semmai condizione di rifunzionalizzabilità
l’espressione viene assunta come dominio e il contenuto come codominio, per cui vale : EC. È l’ipotesi di fondo della rilettura echiana: programmaticamente, nel Trattato si afferma che “quando un codice associa gli elementi di un sistema veicolante agli elementi di un sistema veicolato, il primo diventa l’espressione del secondo, il quale a sua volta diventa il contenuto del primo”24. Analogamente, un segnale diventa segno nel momento in cui “viene usato come antecedente riconosciuto di un conseguente previsto”
Per Deleuze e Guattari, la glossematica, “sola teoria moderna (non arcaica) del linguaggio”29, mette in presupposizione espressione e contenuto come “due piani deterritorializzati convertibili” che devono essere pensati come “flussi”: se espressione e contenuto si danno come flussi in accoppiamento, ogni segno è una figura di taglio che attraversa i flussi. Nel riprendere con forza l’avvertimento hjelmsleviano sulla definizione in solido dei due piani, tale per cui “la loro definizione funzionale non fornisce alcuna giustificazione per chiamare una piuttosto che l’altra di queste entità espressione o contenuto”30, si osserva acuta- mente come in ogni caso in Hjelmslev rimanga elusa la domanda proprio a proposito di ciò che varî “da uno strato all’altro”, nel momento, cioè, in cui si assuma “il punto di vista del contenuto e dell’espressione”
Per Deleuze e Guattari, la glossematica, “sola teoria moderna (non arcaica) del linguaggio”29, mette in presupposizione espressione e contenuto come “due piani deterritorializzati convertibili” che devono essere pensati come “flussi”: se espressione e contenuto si danno come flussi in accoppiamento, ogni segno è una figura di taglio che attraversa i flussi. Nel riprendere con forza l’avvertimento hjelmsleviano sulla definizione in solido dei due piani, tale per cui “la loro definizione funzionale non fornisce alcuna giustificazione per chiamare una piuttosto che l’altra di queste entità espressione o contenuto”30, si osserva acuta- mente come in ogni caso in Hjelmslev rimanga elusa la domanda proprio a proposito di ciò che varî “da uno strato all’altro”, nel momento, cioè, in cui si assuma “il punto di vista del contenuto e dell’espressione”
Dall’altro, per i due autori l’emergenza del senso ha come requisito l’assunzione del punto di vista molare dell’espressione: se infatti al livello molecolare produzione e funzionamento coincidono, a quello molare, invece, la prensione statistica, globale, che ne risulta, implica una distinzione tra il prodotto finito e la produzione che ne è all’origine in quanto funzionamento. È solo nello scarto tra prodotto e funzione che si ha produzione di senso perché “solo ciò che non viene prodotto così come funziona ha un senso, ed anche uno scopo, un’intenzione”38. Dunque il senso ha/fa senso laddove si distingua, si direbbe, il generativo dal genetico: laddove si intraveda uno scarto tra un insieme di prodotti finiti ed un funzionamento produttore. Si ha senso dove si assuma il punto di vista dell’espressione, con un movimento che procede cioè dall’espressione verso il contenuto (dove si guardi a partire dall’espressione), stante la solidarietà dei due.
In questi termini, è al livello molare che si può determinare una “logica del senso” come voleva Deleuze prima dell’anti-Edipo: dove si dia la dualità di due serie (come quella tra prodotto e produzione), il senso può prodursi come “la frontiera, il filo di lama o l’articolazione della differenza tra gli uni e gli altri, poiché dispone di una impenetrabilità che gli è propria e nella quale si riflette”39. Dunque, a ben vedere nonostante l’apparente eccentricità del concetto, il molare è lo stemma sotto il quale si pone la semiotica strutturale nel momento in cui postula, classicamente secondo una linea Greimas-Eco-Lotman, il senso come scarto (ma anche come possibilità di circolazione e di scavalcamento) tra (almeno) due livelli: presupposto massimamente strutturale a livello epistemologico40 ma certamente anche metodologico, laddove “operativamente” si assuma l’opacità del testo come selvaggio41, cioè come molare alterità antropologica tra il genetico e il generativo, per cui il rapporto, molare, tra l’empirico e il semiotico deve essere pensato dalla semiotica, in quanto “logica della cultura”, secondo una “teoria della menzogna”42. La menzogna trova cioè la sua possibile scaturigine nello scarto che si genera (nel senso del generativo) attraverso una “trasformazione al contrario”43 rispetto alla sua genesi, trasformazione che risale da un prodotto semiotico al modo della sua produzione. È chiaro comunque che l’ipotesi di una differente logica di strutturazione tra i due piani e di una comunicazione tra gli stessi per “ridondanza”, per cui l’espressione è in relazione di “strutturazione amplificante” con il contenuto è, seppur suggestiva, in palese contrasto con l’impostazione glossematica44.
In maniera
del tutto analoga e conseguente, si direbbe che la semiotica generativa, da un lato si definisca ab
origine come disciplina della sostanza di un contenuto pensato non ‘come’ ma ‘a partire’ da quello
linguistico49, dall’altro ribadisca il dettato iniziale della purezza formale definitoria del modello di
segno hjelmsleviano50, per cui la relazione tra i due piani è una partizione51 mobile. Se nell’analisi di
testi verbali si può assumere implicitamente l’uso hjelmsleviano di matrice linguistica, la questione di
una ridefinizione del proprium dell’espressione si pone sempre più radicalmente con l’estensione degli
interessi semiotici a testualità di tipo diverso, visive soprattutto, ma non solo. Così, il contenuto, che
è piano definito esclu- sivamente in termini funzionali, si identifica con il semantico, che ne è invece
sostanza: si assiste cioè ad una “sostanzializzazione” del contenuto, per cui quello che è un piano in
una descrizione formale riceve determinazioni sostanziali dall’identificazione con il semantico.
nella teoria la generalità del contenuto trova il suo doppio corrispondente nella particolarità dell’espressione
“il n’y a pas de contenu spécifique à un langage particulier”57: in
qualche misura, quest’ultimo è già dato prima dell’espressione
contenuti plastici.
Per lo stesso principio, il ritmo viene inteso, “contrairement à l’acception de ce mot, qui y voit un arrangement particulier du
plan de l’expression”, come forma rilevante anche soltanto al piano del contenuto60. Il contenuto
è in questi termini un semantismo diffuso e generale veicolabile almeno parzialmente da espressioni
di tipo diverso: l’espressione diventa allora una sorta di residuo non semantizzato, ciò che non è
immediatamente passibile di descrizione attraverso le categorie individuate sul piano del contenuto.
Il passaggio, che si realizza tra Semantica strutturale e Del senso, sembra essere sancito
dall’introduzione in quest’ultima raccolta del fortunato concetto di “semiotica del mondo naturale”
(Greimas 1970: 49ss), che dovrebbe permettere di definire epistemologicamente le modalità
di effettuazione dello scambio osmotico tra mondo e lingua (scambio che si suppone avvenire per
articolazione chiasmatica), evitando ogni forma di “fallacia referenziale”. “Le monde naturel est
un langage figuratif, dont les figures – que nous retrouvons dans le plan du contenu des langues
naturales – sont faites des ‘qualités sensibles’ du monde” (Greimas e Courtés 1979: v. Monde naturel).
il mondo naturale sia una semiotica in senso tecnico hjelmsleviano e il suo piano dell’espressione
diventi contenuto di quella della lingua, vale perciò: Mondo naturale (C)—–E = C——E Lingua
naturale, dove “=” specifica la relazione chiasmatica. Pur volendo intendere con macrosemiotica
“un lieu d’élaboration et d’exercise de multiples sémiotiques” (Greimas e Courtés 1979: v. Monde
naturel), ciò non specifica in alcun modo, se di semiotica si tratta, che cosa s’intenda per piano del
contenuto del mondo naturale (di qui le parentesi). A meno che non si indichi semplicemente (con
un fenomenologismo di superficie occultato attraverso la terminologia glossematica) che il mondo
in qualche misura ci parli.
La dimensione sensibile sembra costitutiva della semiotica in conseguenza diretta della sua fondazione
antropologico-fenomenologica: la Semantica strutturale si costituisce secondo l’ipotesi di fondo della
possibilità (ma anche della necessità) di una “descrizione del mondo delle qualità sensibili”61. Dopo
aver stabilito che, in prima battuta, i significanti, “nel loro statuto di non-appartenenza al mondo
umano”, “vengono automaticamente respinti verso l’universo naturale che si manifesta al livello delle
qualità sensibili”, Greimas può subito notare come “gli elementi costitutivi dei diversi ordini sensoriali
poss[a]no, a loro volta, essere colti come significati e istituire il mondo sensibile in quanto significazione”
62.
“Tipologia dei modi di produzione segnica” in Eco 1975: § 3.6, 285ss. Di passaggio, Eco 1997 (riconsiderando Eco 1975, p. 321) nota come, rispetto ad un calco in quanto espressione della quale ricostruire un contenuto possibile (secondo quanto esplicitato dalla teoria della produzione segnica), per uscire dal semiotico sia sufficiente “focalizzare l’attenzione non sul momento in cui si legge il calco ma su quello in cui si produce [...] da solo”. Tuttavia, verrebbe da chiedersi come questa storia possibile del calco, questa archeologia dell’impronta, non sia già “trasformazione al contrario” da parte del soggetto epistemologico, nella forma dello “spostamento della sua focalizzazione”. “Focalizzazione” pare peraltro termine sintomatico, giacché è stato giustamente notato come la teoria dei modi di produzione segnica possa essere considerata come una teoria dell’enunciazione
Osservano a proposito Deleuze e Guattari che l’“avanzata verso una con- cezione diagrammatica del linguaggio è tuttavia ostacolata per il fatto che Hjelmslev concepisce ancora la distinzione dell’espressione e del contenuto secondo il modello significante-significato, e mantiene così la dipendenza della macchina astratta dalla linguistica”
Si stabilisce così, si direbbe al primo giro di carte, un interesse per la sostanza semantica
della “polpa spessa della materia”63
La dimensione sensibile si impone inizialmente come pertinenza a
livello di effetti di senso della “presenza” sul piano del contenuto di un mondo naturale, per poi ritrovare
il suo proprium nella propriocettività come mediazione (sempre di matrice fenomenologica) tra
mondo e lingua. Se in un primo momento il sensibile, in quanto attributo, concerne primariamente
un insieme di qualità imputabili al mondo naturale, successivamente, in quanto dominio, esso trova
il suo luogo di iscrizione nella propriocettività. In sostanza, se inizialmente si suppone il diaframma
mondo/lingua trasparente o comunque irrilevante nella sua descrizione, in un secondo momento la
propriocettività permette di definire questa relazione come superordinata ai suoi termini, ed il corpo
proprio, come luogo dell’estesia (dell’insieme, cioè, di “modi in cui i soggetti entrano in contatto
percettivo con il mondo”64), controlla il rapporto variabile, in modulazione, tra mondo e lingua. Si
assiste cioè a un ispessimento di quello stesso contatto mondo/lingua, solo postulato dalla semiotica
generativa al suo inizio e che, da sottile relazione di tipo logico-linguistico, si accresce in membrana,
osmotica ma consistente, occupata dalla corporeità propriocettiva. Ma se il sensibile in questi termini
rileva ancora solo del contenuto, l’attenzione al “rimosso” della figuratività, intesa nell’accezione di
griglia culturale ipostatizzata, porta a considerare il sensibile come luogo di individuazione di una
funzione semiotica peculiare, plastica, di cui esso è supposto costituire il piano dell’espressione65
non essendoci commercio possibile tra dominio del sensibile e definizione della funzione semiotica, uno definendo un interesse “tematico” della disciplina, l’altra un suo fondamento epistemologico.
cambiare prospettiva, muovendo dal mondo naturale del figurativo e dalla griglia culturale che esso proietta verso la materia che ne costi- tuisce supporto: è l’ipotesi della “lingua altra” che Greimas postula per “poter specificare il campo particolare” che si sforza di delimitare
linguaggio autonomo e secondo, quella “lingua altra” in cui “i formanti plastici sono chiamati a fare da pretesto a degli investimenti di significazioni diverse”
plastico è il risultato di un’operazione di individuazione analitica, non è in alcun modo dato a prio- ri, risultando invece dalla proiezione dell’assunto metodologico fondamentale della semiotica per il quale si ha semiosi soltanto se c’è relazione espressione/contenuto. La sua specificità starebbe allora nella sua esistenza seconda, risultato di una (ri)valorizzazione del sensibile, della “volonté de rendre compte de la materialité du signifiant”
il piano dell’espressione concerne “qualités sensibles”, quello del contenuto “idées et récits”
i mondi della casa e della cucina corrispondono a ciò che, in semiotica, si chiama la sostanza del piano del contenuto; sono la materia semantica [...], i materiali e i volu- mi colorati corrispondono alla sostanza del piano dell’espressione”: ovvero, “la materia improntata all’approccio del sensibile”
Non è certo in questione la rilevanza dell’analisi
cristallizza sull’espressione una dimensione sensibile dopo aver identificato il contenuto con il semantico, sovrapponendo il tal modo un problema formale con uno sostanziale.
giacché il semantico occupa stabilmente il contenuto, a ciò che rimane, l’espressione, resta la dimensione sensibile, sotto la quale si profila, in fondo, l’idea di matrice linguistica del fonologico come supporto
“noi usiamo segni come espressioni per esprimere un contenuto” ritagliato da un “continuum del
contenuto”, 39, come se il continuum fosse un modo proprio esclusivamente del contenuto
il rispetto della formalizzazione hjelmsleviana di cui si è detto più sopra, sembra continuare in maniera sotterranea ad indicare comunque un analogon del fonologico come semplice supporto/veicolo materiale del semantico. Di questa inter- pretazione “materiale” della metafora topologica hjelmsleviana, per cui l’espressione è un ‘esterno’ rispetto all’ ‘interno’ del contenuto (Hjelmslev 1943a, p. 63), è testimone la terza parte del Trattato dedicata alla “Teoria della produzione segnica”: nella “tipologia dei modi di produzione segnica” una della categorie differenziali riguarda infatti “il lavoro fisico necessario a produrre l’espressione” (Eco 1975, p. 285). Nella successiva rielaborazione hjelmsleviana della materia come continuum “av- volgente” espressione e contenuto Eco fornisce esempi della sostanza dell’espressione come “suoni, colori, relazioni spaziali” (Eco 1984, p. 74). Si tratta probabilmente di un’esemplificazione “didat- tica” giacché questa interpretazione materiale dell’espressione è chiaramente in contrasto proprio con il concetto echiano di continuum sviluppato nelle stesse pagine (e ripreso in Eco 1997). Tutta- via, in un altro luogo, discutendo di falsi, si distinguono “prove attraverso il supporto materiale”, identificato in quanto tale come sostanza dell’espressione, rispetto alle “prove attraverso il con- tenuto”, che devono essere messe in relazione alla “struttura semantica” (Eco 1990, pp. 185-7). Sembra cioè esserci una sorta di resistenza dell’interpretazione materiale (ed in Eco 1997, nella ri- presa dell’ipotesi del continuum come rielaborazione del modello hjelmsleviano già proposto in Eco 1984, sembra comunque riproporsi momentaneamente un diastema espressione/contenuto
estesia (dell’insieme, cioè, di “modi in cui i soggetti entrano in contatto percettivo con il mondo”
chiaramente l’ipotesi all’origine della discussione sul plastico come lettura “altra”, ampiamente citata in precedenza (Greimas 1984 e Floch 1985). Ma è sempre il saggio sulla semiotica del mondo naturale che è dirimente in questa prospettiva. Vi si riconoscono “due modi irriducibili” nella signi- ficazione della parola senso: da un lato, glossematicamente, sovrapposizione di due configurazioni arbitrariamente definite espressione e contenuto; dall’altro, direzione dall’espressione al contenu- to che “si configura come un’intenzionalità, come una relazione che si stabilisce fra il tragitto da
percorrere e il suo punto terminale”
le figure del mondo fanno senso solo “tramite la sensibilizzazione che impone loro la mediazione del corpo”
“l’événement que constitue la rencontre entre l’énoncé et l’instance qui le
prende en charge
È dalla presenza della corporeità in quanto mediazione che deriva l’attenzione
alla mediazione in quanto prassi: di qui, la priorità del processo sul sistema93, di un approccio
dinamico (della “signification vivante”94) ad uno statico (attento alle significazioni in quanto già
depositate negli stock culturali stabilizzati), del divenire rispetto all’essere95
metafora topologica hjelmsleviana
il corpo trovi la sua posizione teorica grazie
al suo installarsi al centro di un fenomenologico “campo di presenza”.
“pris de position” di un corpo proprio
che, da un lato, fenomenologicamente, è “terzo termine, sempre sottinteso, della struttura figura e
sfondo”98, dall’altro, semioticamente, la cui “présence est definie en termes déictiques, c’est-a-dire,
en somme, à partir d’une sorte de présent linguistique”
“soggetto e oggetto” sono “due momenti astratti di
una struttura unica che è la presenza”
In questi termini il corpo proprio è “il perno del mondo”
101 e della lingua. L’ipotesi della semiotica del discorso è allora proprio quella merleau-pontiana
di assumere la percezione come “testo originario”, in cui “il senso ricopre il sensibile”102. Dunque
il corpo proprio della fenomenologia della percezione viene recuperato definitivamente al discorso
semiotico attraverso la sua investi- tura a “centre de référence”103 dell’enunciazione
innesto a tutti gli effetti, poiché il
corpo proprio dell’istanza dell’enunciazione va ad occupare il luogo della funzione semiotica stessa che
definisce la relazione tra i due piani dell’espressione e del contenuto.
Merleau-Ponty per cui, attraverso il corpo, “il senso si articola
visibilmente o si esprime”111 nel sensibile: in traduzione semiotica, questa articolazione prevede che
il senso come contenuto si articoli con il sensibile come sua espressione.
ESTERO ESPERISSIONE INTERO PERCEZIONE PROPRIO CETTIVO POSIZIONE SOGGETTO ATRATTO CHE PERCEPISCE
il dato teorico perde traccia del suo essere un risultato. In
primo luogo, uno stimolo cruciale è proprio la lezione di Floch sul plastico: come si è visto, il plastico
invita ad una ripertinentizzazione e ad una lettura altra, e gli effetti di senso supplementari introdotti
dalle “qualità sensibili” sembrano ascrivibili (residualmente) al piano dell’espressione.
In questo
senso, Fontanille precisa una posizione (mai fondata all’interno del paradigma generativo, ma condivisa
nell’uso), omologando esplicitamente e direttamente l’espressione al mondo naturale. In secondo
luogo, Fontanille propone una formalizzazione fenomenologica semplice ed astratta, che prevede un
modello del corpo come regione chiusa, delimitante un interno e delimitata da un esterno, di fatto
costituito secondo la categoria inglobante/ inglobato: è questo modello topologico “réglé par une opposition
simple: externe/interne”115 che rimotiva per isomorfismo la metafora hjelmsleviana, per cui
espressione e contenuto si rapportano come faccia “esterna” ed “interna” del segno116.
Il modello è fortemente
influenzato dalla teoria dell’Io-pelle come corpo-involucro in Anzieu 1985.
riportare all’analisi l’inanalizzato (che non può
essere accantonato nell’inanalizzabile).
trattare “tout les langages comme des non-langages118”, come dei
sistemi (inizialmente) monoplanari: la biplanarità, cioè, non è data a priori, ma va stabilita in corso
d’analisi.
“la perception est déjà sémiotiquement formée
funzione segnica si definisce esplicitamente
l’espressione come dominio e il contenuto come codominio, per cui vale : E‘C. In questi termini,
l’espressione è partenza e accesso al senso, è il luogo di una resistenza all’atto dell’enunciazione,
il quale si costituisce come contenuto
la sémiotique visuelle aborde la construction du
plan de l’expression des objets planaires avant de s’interroger sur les relations entre forme de
l’expression et de forme de contenu”
CONTENUTO l’acte même de l’enonciation
l’idea di Fontanille è allora “quella di considerare i modi del sensibile come non-linguaggi
in senso hjelmsleviano, cioè come semiotiche monoplane in attesa di enunciazione per fare senso
(da cui la centralità della prassi). Questo atteggiamento metodologico permette di porsi la seguente
domanda: in che modo un non-linguaggio può partecipare alla formazione di un linguaggio?”.
espressione : sensibile :: contenuto : intellegibile
le plan de l’expression est celui, grosso modo, de la manifestation sensible de la
sémiosis
Nous
baignons dans un monde déjà signifiant
reversibilità” dei piani: il colore del frutto è espressione per il contenuto
della sua maturazione, che può essere espressione della sua “durée” come ulteriore contenuto.
“Accorder signification” ad un evento o un oggetto è definirlo come espressione di un contenuto
In fine di partita, resta intatta la questione sulla possibilità di una differenza tra i due piani. Riassumendo,
l’unica determinazione che sembra rilevante nell’uso in maniera tale da riverberarsi sulla
teoria prevede che sia espressione il dominio di una funzione semiotica il cui codominio sia costituito
dal contenuto. Vale cioè per la funzione semiotica : EC. Da questo primo tratto formale che rileva
del problema dell’orientamento ne consegue un secondo, correlato, che sollecita piuttosto il tema della resistenza
Ogni strutturalismo si definisce cioè in base ad una “forma seriale” che “si realizza necessariamente nella
simultaneità di almeno due serie”128, e la cui logica opererebbe infatti in funzione di tre presupposti:
lo scarto tra le due serie come “variazione primaria”129, l’orientamento assunto da questo stesso
squilibrio tra le serie, ed infine un’“istanza paradossale” di circolazione, “casella vuota”130, irriducibile
ai termini delle serie ma tale da assicurare la comunicazione tra gli stessi.
della relazione tra
lo scarto e il suo orientamento.
la semiotica si occupi da sempre di macchine
molari, in cui appunto si tratta certo di correlare una serie-espressione ad una serie-contenuto ma
precipuamente di assumere il punto di vista dell’espressione e di valutare uno scarto produttore di
senso: in questi termini, la semiotica assume il testo in primis come macroconfigurazione espressiva
statistica, che essa lavora secondo il modo dell’estrazione, per il quale si tratta appunto di estrarre
il “contenuto” da un “contenitore”. [estrarre prigioniero dalla prigione]
Più in generale sulla riflessione deleuziana sullo strutturalismo, cfr. Petitot 1985, p. 67-73. Si è
peraltro potuto osservare come la teoria greimasiana dell’enunciazione sia “un’applicazione teorica
tra le più coerenti” del concetto deleuziano di casella vuota
Partire dall’espressione significa orientare la funzione semiotica
mirando dal dominio dell’espressione al codominio del contenuto. Ma soprattutto è nella definizione
stessa di quel morfismo che permette di trasformare da uno all’altro che trova il suo luogo il problema
della resistenza. Molarmente, l’opacità del senso è infatti già l’indice della sua presenza132.
Così, a
livello molare, se pure si dice che espressione e contenuto si diano in solidarietà, si muove sempre
dalla prima verso il secondo
Orientare la funzione semiotica
significa supporre sempre, dalla parte della serie espressiva, “un eccesso [...] che si annebbia”134
rispetto a quella del contenuto.
si annebbia”134
rispetto a quella del contenuto. Ed infatti è la macchina molare del testo che può essere definita un
“meccanismo pigro”135: il testo espressivo è un tessuto inerte perché troppo fitto. La costituzione
semiotica del testo è a tutti gli effetti un atto giuridico in cui il soggetto operatore riconosce a questo
uno statuto semiotico che è in primo luogo di natura espressiva: di qui la possibilità di una trasformazione
al contrario che si fonda sulla dissociazione del prodotto dalla produzione, del genetico
dal generativo.
Lasciare un residuo è a tutti gli effetti il modo di procedere sottrattivo del filtro: il
testo della semiotica testuale è così un segnale denso nel senso acustico del termine, che viene fatto
oggetto di un filtraggio tale da scartare alcune frequenze per enfatizzarne altre.
La resistenza che si
produce tra espressione e contenuto va allora intesa in senso elettrologico, come calore che si dissipa
nel passaggio dall’espressione al contenuto
In questi termini si può parlare di tensione costituente tra il plastico e il figurativo sulla base della
quale si fondano i processi di (ri)semantizzazione: “La semantizzazione di tipo plastico non si radica
in elementi o categorie (linee, colori, relazioni topologiche) che ‘consustanzialmente’ si differenziano
dal livello figurativo, ma in una resistenza localmente assunta da ciò che viene pertinentizzato come
dell’ordine dell’espressione ad articolarsi immediatamente con contenuti figurativi” (Basso 2003b, p.
322). Il valore di un testo è anche la misura di questa resistenza avvertita o ricostituita dall’analisi.
lo scarto che ne risulta è allo stesso tempo quanto permette di ritornare al testo, di reintegrarlo per rifiltrarlo nuovamente137
Così in generale il problema metodologico del filtro sta nel suo dover esserci senza esserci (troppo).
Discutendo della prassi della musica elettronica, Schaffer rileva che il filtraggio rischia sempre di
far sentire non una trasformazione (anche radicale) del segnale in entrata ma semplicemente la
frequenza propria del filtro stesso: in questo caso, “c’est le filtrage qu’on entend. La causalité
operatoire s’impose [...] L’opération oblitère l’objet, le dégrade, le marque de son timbre, au sens
indésiderable du terme” (Schaeffer 1966, p. 67). È certo il problema metodologico di ogni forma di
semiotica testuale
La molarità rumorosa
dell’espressione richiede così il fare sottrattivo, per estrazione, del filtro.
lasciar perdere quella parte dell’eredità hjelmsleviana relativa alla biplanarità del segno, assumendola,
come già osservato, proprio come un residuo materiale di natura storico-(pratico-)linguistica,
residuo che in realtà parassita nella teoria un po’ incongruamente su una distinzione più cruciale,
quella tra forma e sostanza138
Così, nella rilettura hjelmsleviana di Garroni, la considerazione della
relazione forma/sostanza come superordinata a quella espressione/contenuto permette di muovere
dalla questione della biplanarità del segno a quella della correlabilità delle strutture semiotiche.
La
semiotica diventa a tutti gli effetti “studio dei sistemi trasformabili”, teoria che richiede, al di là di
espressione e contenuto, la correlazione esplicita di due diverse considerazioni formali: da un lato
una forma formale, “pura istanza di analizzabilità, specificabile in un modello formale costruttivo”,
dall’altro una forma sostanziale, “istanza operativa”, “destinata all’esplicitazione formale della sostanza
in quanto destinata a correlarsi con quella prima considerazione formale”139
“La sostanza non si presenta, in sede di semiotica come
scienza, come sostanza, ma si presenta come una certa forma della sostanza rispetto a una certa
istanza di analizzabilità: forma determinata da un altro punto di vista rispetto alla forma di cui è
sostanza”
Sempre nel campo d’applicazione di una logica strutturale della messa in
serie, si tratta, invece di guardare dal molare verso il molecolare, di guardare dal molecolare verso il
molare: questo cambio di prospettiva è per definizione un cambio di posizione, ma non lo è secondo
un rapporto di simmetria.
compito: quello di moltiplicare le serie, di connetterle trasversalmente, poiché è in gioco non
più una funzione binaria ma un concatenamento già potenzialmente multiplo.
la reversibilità, se è vero che anche in Eco la funzione semiotica si definisce a partire dall’espressione
come dominio, implica che si pongano immediatamente le condizioni per pensare quest’ultima già
in quanto contenuto.
Laddove uno sguardo
molare cerca due serie, uno molecolare ne cerca subito n. La reversibilità è infatti un primo modo
in cui, “e converso”140, per semplice inversione del rapporto lemma-definizione, il dizionario
viene aperto verso la germinazione del rizoma enciclopedico.
nelle catene salta la distinzione Espressione/Contenuto poiché questa semplicemente
non risulta più pertinente, non fa la differenza: ciò che diventa rilevante è piuttosto il meccanismo
di funzionamento che permette il concatenamento141
È qui sottintesa la modellizzazione del molecolare in termini di catene di Markov su cui insistono
più volte Deleuze e Guattari
L’idea di una “cibernetica microscopica”142
nell’ordine del molecolare, che pure sembrerebbe massimamente astratta, emerge allora chiaramente
nello studio echiano delle mnemotecniche: espressione e contenuto indicano esclusivamente l’entrata
e l’uscita di una macchina con input (un trasduttore143) così che ogni mnemotecnica è descrivibile
come una rete di trasduttori la cui entrata è etichettata come espressione e la cui uscita come contenuto.
se si assume un rapporto di indeterminazione tra espressione e contenuto
salta (analogamente) il problema del residuo tra i due: si darebbe cioè residuo soltanto laddove si
produca una fissazione molare dell’espressione, rispetto al quale misurarlo.
Divenuta irrilevante la
questione della precipuità della relazione espressione/contenuto (dello scarto e della resistenza), non
a caso si pone tipicamente, come già ricordato, piuttosto un altro problema, di tipo meccanico, che
concerne il funzionamento: cioè, come si innesca la rete? Ovvero: da dove parte il cammino sul grafo
della macchina mnemotecnica complessiva?
[[[[Ironia tuttavia non vuol dire comicità. Nel saggio Il comico e la regola (1980) , Eco prende le distanze nei confronti delle teorie che attribuiscono alla comicità un carattere liberatorio ed eversivo. A suo avviso, in un regime di permessività assoluta non c’è carnevale possibile, perché nessuno si ricorda di ciò che viene messo in questione. In realtà il comico non è tanto diverso dal tragico: mentre nel secondo la regola viene sempre evocata, nel comico è taciuta, ma questo non vuol dire che non sia sempre operante: “la regola introiettata dal comico è talmente riconosciuta che non c’è bisogno di ribadirla”. Il rapporto comico-tragico è perciò fuzzy, oscillante: ciò spiegherebbe “perché mai proprio l’universo dei mass media sia al tempo stesso un universo di controllo e regolazione del consenso e un universo fondato sul commercio e sul consumo di schemi comici. Si permette di ridere proprio perché prima e dopo la risata si è sicuri che si piangerà”. Non diversamente nel saggio Pirandello ridens (1969) , Eco sostiene che “si ride proprio e solo per ragioni assai tristi”. Il riso implica una forte esperienza del conflitto: “gli angeli non ridono (...); il diavolo sì”.
Gli scritti più recenti di Eco prendono in attenta considerazione la tendenza a considerare tutto simile a tutto. Le origini di questo orientamento devono essere cercate nel neoplatonismo, il quale appunto pretende di eliminare le opposizioni e pone al sommo della scala degli esseri una entità inafferrabile e oscura (l’Uno) da cui tutto deriva per emanazione. Ne consegue che tutti gli esseri hanno un rapporto di affinità tra loro: il neoplatonismo, pur pensando l’Uno come il luogo della coincidenza degli opposti, anzi proprio per questo, è non solo un pensiero della conciliazione, ma anche un pensiero dell’elusione. Infatti l’Uno è in se stesso insondabile ed inesprimibile; quanto all’universo essendo retto da una rete di similitudini e di simpatie cosmiche, di esso si può dire tutto e il contrario di tutto. Ogni determinazione si rivela insufficiente e inadeguata.]]]]]
stemma dell’iscrivibilità la figura del “piegare un foglio”: in prima battuta, si determinano due lati
“Il campo è insomma un territorio semantizzato del ‘percepito’ e del ‘percepibile’, pieno di
anticipazioni e di retrovisioni sui processi di costituzione di formanti, che dipendono da un interesse
tematico” (Basso 2002, p. 49). Ferraris nota come rispetto al noema, un aisthema sia “sensibile
per la provenienza, non per il modo della registrazione” (Ferraris 1997, p. 49): è quest’ultimo che
qui rileva.
La rilevazione di
una configurazione (in quanto insieme di figure che rilevano del figurale) non permette di parlare
propriamente di forma in senso semiotico.
del tutto analoga e conseguente, si direbbe che la semiotica generativa, da un lato si definisca ab
origine come disciplina della sostanza di un contenuto pensato non ‘come’ ma ‘a partire’ da quello
linguistico49, dall’altro ribadisca il dettato iniziale della purezza formale definitoria del modello di
segno hjelmsleviano50, per cui la relazione tra i due piani è una partizione51 mobile. Se nell’analisi di
testi verbali si può assumere implicitamente l’uso hjelmsleviano di matrice linguistica, la questione di
una ridefinizione del proprium dell’espressione si pone sempre più radicalmente con l’estensione degli
interessi semiotici a testualità di tipo diverso, visive soprattutto, ma non solo. Così, il contenuto, che
è piano definito esclu- sivamente in termini funzionali, si identifica con il semantico, che ne è invece
sostanza: si assiste cioè ad una “sostanzializzazione” del contenuto, per cui quello che è un piano in
una descrizione formale riceve determinazioni sostanziali dall’identificazione con il semantico.
nella teoria la generalità del contenuto trova il suo doppio corrispondente nella particolarità dell’espressione
“il n’y a pas de contenu spécifique à un langage particulier”57: in
qualche misura, quest’ultimo è già dato prima dell’espressione
contenuti plastici.
Per lo stesso principio, il ritmo viene inteso, “contrairement à l’acception de ce mot, qui y voit un arrangement particulier du
plan de l’expression”, come forma rilevante anche soltanto al piano del contenuto60. Il contenuto
è in questi termini un semantismo diffuso e generale veicolabile almeno parzialmente da espressioni
di tipo diverso: l’espressione diventa allora una sorta di residuo non semantizzato, ciò che non è
immediatamente passibile di descrizione attraverso le categorie individuate sul piano del contenuto.
Il passaggio, che si realizza tra Semantica strutturale e Del senso, sembra essere sancito
dall’introduzione in quest’ultima raccolta del fortunato concetto di “semiotica del mondo naturale”
(Greimas 1970: 49ss), che dovrebbe permettere di definire epistemologicamente le modalità
di effettuazione dello scambio osmotico tra mondo e lingua (scambio che si suppone avvenire per
articolazione chiasmatica), evitando ogni forma di “fallacia referenziale”. “Le monde naturel est
un langage figuratif, dont les figures – que nous retrouvons dans le plan du contenu des langues
naturales – sont faites des ‘qualités sensibles’ du monde” (Greimas e Courtés 1979: v. Monde naturel).
il mondo naturale sia una semiotica in senso tecnico hjelmsleviano e il suo piano dell’espressione
diventi contenuto di quella della lingua, vale perciò: Mondo naturale (C)—–E = C——E Lingua
naturale, dove “=” specifica la relazione chiasmatica. Pur volendo intendere con macrosemiotica
“un lieu d’élaboration et d’exercise de multiples sémiotiques” (Greimas e Courtés 1979: v. Monde
naturel), ciò non specifica in alcun modo, se di semiotica si tratta, che cosa s’intenda per piano del
contenuto del mondo naturale (di qui le parentesi). A meno che non si indichi semplicemente (con
un fenomenologismo di superficie occultato attraverso la terminologia glossematica) che il mondo
in qualche misura ci parli.
La dimensione sensibile sembra costitutiva della semiotica in conseguenza diretta della sua fondazione
antropologico-fenomenologica: la Semantica strutturale si costituisce secondo l’ipotesi di fondo della
possibilità (ma anche della necessità) di una “descrizione del mondo delle qualità sensibili”61. Dopo
aver stabilito che, in prima battuta, i significanti, “nel loro statuto di non-appartenenza al mondo
umano”, “vengono automaticamente respinti verso l’universo naturale che si manifesta al livello delle
qualità sensibili”, Greimas può subito notare come “gli elementi costitutivi dei diversi ordini sensoriali
poss[a]no, a loro volta, essere colti come significati e istituire il mondo sensibile in quanto significazione”
62.
“Tipologia dei modi di produzione segnica” in Eco 1975: § 3.6, 285ss. Di passaggio, Eco 1997 (riconsiderando Eco 1975, p. 321) nota come, rispetto ad un calco in quanto espressione della quale ricostruire un contenuto possibile (secondo quanto esplicitato dalla teoria della produzione segnica), per uscire dal semiotico sia sufficiente “focalizzare l’attenzione non sul momento in cui si legge il calco ma su quello in cui si produce [...] da solo”. Tuttavia, verrebbe da chiedersi come questa storia possibile del calco, questa archeologia dell’impronta, non sia già “trasformazione al contrario” da parte del soggetto epistemologico, nella forma dello “spostamento della sua focalizzazione”. “Focalizzazione” pare peraltro termine sintomatico, giacché è stato giustamente notato come la teoria dei modi di produzione segnica possa essere considerata come una teoria dell’enunciazione
Ma dall’identificazione del semantico (nell’accezione del tutto condivisibile di luogo generale di produzione del senso53) con il contenuto (che è piano formale) ne consegue una sorta di svuotamento dell’espressione
Ma se il sensibile in questi termini rileva ancora solo del contenuto, l’attenzione al “rimosso” della figuratività, intesa nell’accezione di griglia culturale ipostatizzata, porta a considerare il sensibile come luogo di individuazione di una funzione semiotica peculiare, plastica, di cui esso è supposto costituire il piano dell’espressione
Si stabilisce così, si direbbe al primo giro di carte, un interesse per la sostanza semantica
della “polpa spessa della materia”63
La dimensione sensibile si impone inizialmente come pertinenza a
livello di effetti di senso della “presenza” sul piano del contenuto di un mondo naturale, per poi ritrovare
il suo proprium nella propriocettività come mediazione (sempre di matrice fenomenologica) tra
mondo e lingua. Se in un primo momento il sensibile, in quanto attributo, concerne primariamente
un insieme di qualità imputabili al mondo naturale, successivamente, in quanto dominio, esso trova
il suo luogo di iscrizione nella propriocettività. In sostanza, se inizialmente si suppone il diaframma
mondo/lingua trasparente o comunque irrilevante nella sua descrizione, in un secondo momento la
propriocettività permette di definire questa relazione come superordinata ai suoi termini, ed il corpo
proprio, come luogo dell’estesia (dell’insieme, cioè, di “modi in cui i soggetti entrano in contatto
percettivo con il mondo”64), controlla il rapporto variabile, in modulazione, tra mondo e lingua. Si
assiste cioè a un ispessimento di quello stesso contatto mondo/lingua, solo postulato dalla semiotica
generativa al suo inizio e che, da sottile relazione di tipo logico-linguistico, si accresce in membrana,
osmotica ma consistente, occupata dalla corporeità propriocettiva. Ma se il sensibile in questi termini
rileva ancora solo del contenuto, l’attenzione al “rimosso” della figuratività, intesa nell’accezione di
griglia culturale ipostatizzata, porta a considerare il sensibile come luogo di individuazione di una
funzione semiotica peculiare, plastica, di cui esso è supposto costituire il piano dell’espressione65
non essendoci commercio possibile tra dominio del sensibile e definizione della funzione semiotica, uno definendo un interesse “tematico” della disciplina, l’altra un suo fondamento epistemologico.
controlla il rapporto variabile, in modulazione, tra mondo e lingua
luogo dell’estesia (dell’insieme, cioè, di “modi in cui i soggetti entrano in contatto percettivo con il mondo”
In sostanza, se inizialmente si suppone il diaframma mondo/lingua trasparente o comunque irrilevante nella sua descrizione, in un secondo momento la propriocettività permette di definire questa relazione come superordinata ai suoi termini
“noi usiamo segni come espressioni per esprimere un contenuto” ritagliato da un “continuum del
contenuto”, 39, come se il continuum fosse un modo proprio esclusivamente del contenuto
Rivalorizzare l’espressione significa in questi termini risollecitare il supporto nella sua dimensione sensibile83. In secondo luogo, e con un’apertura teorica che pare più feconda, l’espressione sembra essere ciò da cui l’analisi deve muovere perché più resistente, residuale, rispetto alla descrizione semiotica: l’espressione è la prova della resistenza del testo, come dimensione d’accesso ad un contenuto ulteriore o altro
chiaramente l’ipotesi all’origine della discussione sul plastico come lettura “altra”, ampiamente citata in precedenza (Greimas 1984 e Floch 1985). Ma è sempre il saggio sulla semiotica del mondo naturale che è dirimente in questa prospettiva. Vi si riconoscono “due modi irriducibili” nella signi- ficazione della parola senso: da un lato, glossematicamente, sovrapposizione di due configurazioni arbitrariamente definite espressione e contenuto; dall’altro, direzione dall’espressione al contenu- to che “si configura come un’intenzionalità, come una relazione che si stabilisce fra il tragitto da
percorrere e il suo punto terminale”
le figure del mondo fanno senso solo “tramite la sensibilizzazione che impone loro la mediazione del corpo”
“l’événement que constitue la rencontre entre l’énoncé et l’instance qui le
prende en charge
È dalla presenza della corporeità in quanto mediazione che deriva l’attenzione
alla mediazione in quanto prassi: di qui, la priorità del processo sul sistema93, di un approccio
dinamico (della “signification vivante”94) ad uno statico (attento alle significazioni in quanto già
depositate negli stock culturali stabilizzati), del divenire rispetto all’essere95
metafora topologica hjelmsleviana
il corpo trovi la sua posizione teorica grazie
al suo installarsi al centro di un fenomenologico “campo di presenza”.
“pris de position” di un corpo proprio
che, da un lato, fenomenologicamente, è “terzo termine, sempre sottinteso, della struttura figura e
sfondo”98, dall’altro, semioticamente, la cui “présence est definie en termes déictiques, c’est-a-dire,
en somme, à partir d’une sorte de présent linguistique”
“soggetto e oggetto” sono “due momenti astratti di
una struttura unica che è la presenza”
In questi termini il corpo proprio è “il perno del mondo”
101 e della lingua. L’ipotesi della semiotica del discorso è allora proprio quella merleau-pontiana
di assumere la percezione come “testo originario”, in cui “il senso ricopre il sensibile”102. Dunque
il corpo proprio della fenomenologia della percezione viene recuperato definitivamente al discorso
semiotico attraverso la sua investi- tura a “centre de référence”103 dell’enunciazione
innesto a tutti gli effetti, poiché il
corpo proprio dell’istanza dell’enunciazione va ad occupare il luogo della funzione semiotica stessa che
definisce la relazione tra i due piani dell’espressione e del contenuto.
Merleau-Ponty per cui, attraverso il corpo, “il senso si articola
visibilmente o si esprime”111 nel sensibile: in traduzione semiotica, questa articolazione prevede che
il senso come contenuto si articoli con il sensibile come sua espressione.
ESTERO ESPERISSIONE INTERO PERCEZIONE PROPRIO CETTIVO POSIZIONE SOGGETTO ATRATTO CHE PERCEPISCE
il dato teorico perde traccia del suo essere un risultato. In
primo luogo, uno stimolo cruciale è proprio la lezione di Floch sul plastico: come si è visto, il plastico
invita ad una ripertinentizzazione e ad una lettura altra, e gli effetti di senso supplementari introdotti
dalle “qualità sensibili” sembrano ascrivibili (residualmente) al piano dell’espressione.
In questo
senso, Fontanille precisa una posizione (mai fondata all’interno del paradigma generativo, ma condivisa
nell’uso), omologando esplicitamente e direttamente l’espressione al mondo naturale. In secondo
luogo, Fontanille propone una formalizzazione fenomenologica semplice ed astratta, che prevede un
modello del corpo come regione chiusa, delimitante un interno e delimitata da un esterno, di fatto
costituito secondo la categoria inglobante/ inglobato: è questo modello topologico “réglé par une opposition
simple: externe/interne”115 che rimotiva per isomorfismo la metafora hjelmsleviana, per cui
espressione e contenuto si rapportano come faccia “esterna” ed “interna” del segno116.
Il modello è fortemente
influenzato dalla teoria dell’Io-pelle come corpo-involucro in Anzieu 1985.
riportare all’analisi l’inanalizzato (che non può
essere accantonato nell’inanalizzabile).
trattare “tout les langages comme des non-langages118”, come dei
sistemi (inizialmente) monoplanari: la biplanarità, cioè, non è data a priori, ma va stabilita in corso
d’analisi.
“la perception est déjà sémiotiquement formée
funzione segnica si definisce esplicitamente
l’espressione come dominio e il contenuto come codominio, per cui vale : E‘C. In questi termini,
l’espressione è partenza e accesso al senso, è il luogo di una resistenza all’atto dell’enunciazione,
il quale si costituisce come contenuto
la sémiotique visuelle aborde la construction du
plan de l’expression des objets planaires avant de s’interroger sur les relations entre forme de
l’expression et de forme de contenu”
CONTENUTO l’acte même de l’enonciation
l’idea di Fontanille è allora “quella di considerare i modi del sensibile come non-linguaggi
in senso hjelmsleviano, cioè come semiotiche monoplane in attesa di enunciazione per fare senso
(da cui la centralità della prassi). Questo atteggiamento metodologico permette di porsi la seguente
domanda: in che modo un non-linguaggio può partecipare alla formazione di un linguaggio?”.
espressione : sensibile :: contenuto : intellegibile
le plan de l’expression est celui, grosso modo, de la manifestation sensible de la
sémiosis
Nous
baignons dans un monde déjà signifiant
reversibilità” dei piani: il colore del frutto è espressione per il contenuto
della sua maturazione, che può essere espressione della sua “durée” come ulteriore contenuto.
“Accorder signification” ad un evento o un oggetto è definirlo come espressione di un contenuto
In fine di partita, resta intatta la questione sulla possibilità di una differenza tra i due piani. Riassumendo,
l’unica determinazione che sembra rilevante nell’uso in maniera tale da riverberarsi sulla
teoria prevede che sia espressione il dominio di una funzione semiotica il cui codominio sia costituito
dal contenuto. Vale cioè per la funzione semiotica : EC. Da questo primo tratto formale che rileva
del problema dell’orientamento ne consegue un secondo, correlato, che sollecita piuttosto il tema della resistenza
Ogni strutturalismo si definisce cioè in base ad una “forma seriale” che “si realizza necessariamente nella
simultaneità di almeno due serie”128, e la cui logica opererebbe infatti in funzione di tre presupposti:
lo scarto tra le due serie come “variazione primaria”129, l’orientamento assunto da questo stesso
squilibrio tra le serie, ed infine un’“istanza paradossale” di circolazione, “casella vuota”130, irriducibile
ai termini delle serie ma tale da assicurare la comunicazione tra gli stessi.
della relazione tra
lo scarto e il suo orientamento.
la semiotica si occupi da sempre di macchine
molari, in cui appunto si tratta certo di correlare una serie-espressione ad una serie-contenuto ma
precipuamente di assumere il punto di vista dell’espressione e di valutare uno scarto produttore di
senso: in questi termini, la semiotica assume il testo in primis come macroconfigurazione espressiva
statistica, che essa lavora secondo il modo dell’estrazione, per il quale si tratta appunto di estrarre
il “contenuto” da un “contenitore”. [estrarre prigioniero dalla prigione]
Più in generale sulla riflessione deleuziana sullo strutturalismo, cfr. Petitot 1985, p. 67-73. Si è
peraltro potuto osservare come la teoria greimasiana dell’enunciazione sia “un’applicazione teorica
tra le più coerenti” del concetto deleuziano di casella vuota
Partire dall’espressione significa orientare la funzione semiotica
mirando dal dominio dell’espressione al codominio del contenuto. Ma soprattutto è nella definizione
stessa di quel morfismo che permette di trasformare da uno all’altro che trova il suo luogo il problema
della resistenza. Molarmente, l’opacità del senso è infatti già l’indice della sua presenza132.
Così, a
livello molare, se pure si dice che espressione e contenuto si diano in solidarietà, si muove sempre
dalla prima verso il secondo
Orientare la funzione semiotica
significa supporre sempre, dalla parte della serie espressiva, “un eccesso [...] che si annebbia”134
rispetto a quella del contenuto.
si annebbia”134
rispetto a quella del contenuto. Ed infatti è la macchina molare del testo che può essere definita un
“meccanismo pigro”135: il testo espressivo è un tessuto inerte perché troppo fitto. La costituzione
semiotica del testo è a tutti gli effetti un atto giuridico in cui il soggetto operatore riconosce a questo
uno statuto semiotico che è in primo luogo di natura espressiva: di qui la possibilità di una trasformazione
al contrario che si fonda sulla dissociazione del prodotto dalla produzione, del genetico
dal generativo.
Lasciare un residuo è a tutti gli effetti il modo di procedere sottrattivo del filtro: il
testo della semiotica testuale è così un segnale denso nel senso acustico del termine, che viene fatto
oggetto di un filtraggio tale da scartare alcune frequenze per enfatizzarne altre.
La resistenza che si
produce tra espressione e contenuto va allora intesa in senso elettrologico, come calore che si dissipa
nel passaggio dall’espressione al contenuto
In questi termini si può parlare di tensione costituente tra il plastico e il figurativo sulla base della
quale si fondano i processi di (ri)semantizzazione: “La semantizzazione di tipo plastico non si radica
in elementi o categorie (linee, colori, relazioni topologiche) che ‘consustanzialmente’ si differenziano
dal livello figurativo, ma in una resistenza localmente assunta da ciò che viene pertinentizzato come
dell’ordine dell’espressione ad articolarsi immediatamente con contenuti figurativi” (Basso 2003b, p.
322). Il valore di un testo è anche la misura di questa resistenza avvertita o ricostituita dall’analisi.
lo scarto che ne risulta è allo stesso tempo quanto permette di ritornare al testo, di reintegrarlo per rifiltrarlo nuovamente137
Così in generale il problema metodologico del filtro sta nel suo dover esserci senza esserci (troppo).
Discutendo della prassi della musica elettronica, Schaffer rileva che il filtraggio rischia sempre di
far sentire non una trasformazione (anche radicale) del segnale in entrata ma semplicemente la
frequenza propria del filtro stesso: in questo caso, “c’est le filtrage qu’on entend. La causalité
operatoire s’impose [...] L’opération oblitère l’objet, le dégrade, le marque de son timbre, au sens
indésiderable du terme” (Schaeffer 1966, p. 67). È certo il problema metodologico di ogni forma di
semiotica testuale
La molarità rumorosa
dell’espressione richiede così il fare sottrattivo, per estrazione, del filtro.
lasciar perdere quella parte dell’eredità hjelmsleviana relativa alla biplanarità del segno, assumendola,
come già osservato, proprio come un residuo materiale di natura storico-(pratico-)linguistica,
residuo che in realtà parassita nella teoria un po’ incongruamente su una distinzione più cruciale,
quella tra forma e sostanza138
Così, nella rilettura hjelmsleviana di Garroni, la considerazione della
relazione forma/sostanza come superordinata a quella espressione/contenuto permette di muovere
dalla questione della biplanarità del segno a quella della correlabilità delle strutture semiotiche.
La
semiotica diventa a tutti gli effetti “studio dei sistemi trasformabili”, teoria che richiede, al di là di
espressione e contenuto, la correlazione esplicita di due diverse considerazioni formali: da un lato
una forma formale, “pura istanza di analizzabilità, specificabile in un modello formale costruttivo”,
dall’altro una forma sostanziale, “istanza operativa”, “destinata all’esplicitazione formale della sostanza
in quanto destinata a correlarsi con quella prima considerazione formale”139
“La sostanza non si presenta, in sede di semiotica come
scienza, come sostanza, ma si presenta come una certa forma della sostanza rispetto a una certa
istanza di analizzabilità: forma determinata da un altro punto di vista rispetto alla forma di cui è
sostanza”
Sempre nel campo d’applicazione di una logica strutturale della messa in
serie, si tratta, invece di guardare dal molare verso il molecolare, di guardare dal molecolare verso il
molare: questo cambio di prospettiva è per definizione un cambio di posizione, ma non lo è secondo
un rapporto di simmetria.
compito: quello di moltiplicare le serie, di connetterle trasversalmente, poiché è in gioco non
più una funzione binaria ma un concatenamento già potenzialmente multiplo.
la reversibilità, se è vero che anche in Eco la funzione semiotica si definisce a partire dall’espressione
come dominio, implica che si pongano immediatamente le condizioni per pensare quest’ultima già
in quanto contenuto.
Laddove uno sguardo
molare cerca due serie, uno molecolare ne cerca subito n. La reversibilità è infatti un primo modo
in cui, “e converso”140, per semplice inversione del rapporto lemma-definizione, il dizionario
viene aperto verso la germinazione del rizoma enciclopedico.
nelle catene salta la distinzione Espressione/Contenuto poiché questa semplicemente
non risulta più pertinente, non fa la differenza: ciò che diventa rilevante è piuttosto il meccanismo
di funzionamento che permette il concatenamento141
È qui sottintesa la modellizzazione del molecolare in termini di catene di Markov su cui insistono
più volte Deleuze e Guattari
L’idea di una “cibernetica microscopica”142
nell’ordine del molecolare, che pure sembrerebbe massimamente astratta, emerge allora chiaramente
nello studio echiano delle mnemotecniche: espressione e contenuto indicano esclusivamente l’entrata
e l’uscita di una macchina con input (un trasduttore143) così che ogni mnemotecnica è descrivibile
come una rete di trasduttori la cui entrata è etichettata come espressione e la cui uscita come contenuto.
se si assume un rapporto di indeterminazione tra espressione e contenuto
salta (analogamente) il problema del residuo tra i due: si darebbe cioè residuo soltanto laddove si
produca una fissazione molare dell’espressione, rispetto al quale misurarlo.
Divenuta irrilevante la
questione della precipuità della relazione espressione/contenuto (dello scarto e della resistenza), non
a caso si pone tipicamente, come già ricordato, piuttosto un altro problema, di tipo meccanico, che
concerne il funzionamento: cioè, come si innesca la rete? Ovvero: da dove parte il cammino sul grafo
della macchina mnemotecnica complessiva?
[[[[Ironia tuttavia non vuol dire comicità. Nel saggio Il comico e la regola (1980) , Eco prende le distanze nei confronti delle teorie che attribuiscono alla comicità un carattere liberatorio ed eversivo. A suo avviso, in un regime di permessività assoluta non c’è carnevale possibile, perché nessuno si ricorda di ciò che viene messo in questione. In realtà il comico non è tanto diverso dal tragico: mentre nel secondo la regola viene sempre evocata, nel comico è taciuta, ma questo non vuol dire che non sia sempre operante: “la regola introiettata dal comico è talmente riconosciuta che non c’è bisogno di ribadirla”. Il rapporto comico-tragico è perciò fuzzy, oscillante: ciò spiegherebbe “perché mai proprio l’universo dei mass media sia al tempo stesso un universo di controllo e regolazione del consenso e un universo fondato sul commercio e sul consumo di schemi comici. Si permette di ridere proprio perché prima e dopo la risata si è sicuri che si piangerà”. Non diversamente nel saggio Pirandello ridens (1969) , Eco sostiene che “si ride proprio e solo per ragioni assai tristi”. Il riso implica una forte esperienza del conflitto: “gli angeli non ridono (...); il diavolo sì”.
È in effetti in questo luogo, o in questo insieme di
loca mnemonica, in questa riflessione comune sulla memoria, che la semiotica non è lontana da una
icnologia, se questa è una teoria della traccia, intesa come ichnos, non iscrizione ma iscrivibilità la
cui terzità, peircianamente come generale, come condizione di iterabilità, è superordinata all’interno
e all’esterno, al passato e al futuro poiché li produce entrambi145.
la scrittura sia condizione di ri-scrittura
prospettiva di un imbricamento tra scrittura
e temporalità
per il tramite di una frontiera provvisoria tra di essi, “mediazione che anticipa ciò che media” perché
li costituisce in quanto lati; ma, in secondo luogo, il foglio tende a tornare in posizione, così che la
piega “ricorda e anticipa”, traccia al contempo del passato e del futuro146.
Si direbbe in effetti che a livello molecolare “il funzionamento della macchina
è indiscernibile dalla sua formazione: macchine cronogene confuse col loro proprio montaggio”
(Deleuze e Guattari 1972, p. 326)
Se dunque uno sguardo
molare procede sottrattivamente per estrazione, uno molecolare lavora sulle relazioni tra termini additivamente,
secondo il modo della coalescenza: attraverso quest’ultimo, la semiotica rivela, appunto,
“un paesaggio molecolare”, “risultato transitorio di aggregazioni chimiche”, secondo “una spiegazione
fotomeccanica della semiosi” che vede sotto (ma forse meglio sarebbe dire “in mezzo”) alla molarità
delle immagini un molecolare “pullulare di tratti non significanti del retino differenziabili per forma,
posizione, intensità cromatica”147, che si potrebbero dire “segni-particelle”148
E se la semiotica
come disciplina, molecolarmente, è una pratica semiotica tra tutte le altre, una “attività produttiva”
149, essa si costituisce non tanto come “navigazione”, in cui la scia sparisce dileguandosi dietro
il timone, quanto come “esplorazione di terra”, prassi che scava e lascia tracce del suo passaggio in
quello stesso paesaggio molecolare che attraversa150
passaggio in
quello stesso paesaggio molecolare che attraversa150, secondo una declinazione della semiosi come
traccia che, in quanto percorribilità, è una iterabilità151, e dunque, pienamente, una terzità.
È palese che non è in questione un’opposizione (ancora meno in termini di eventuali paradigmi
semiotici), ma uno sguardo bifronte che segnala asimmetricamente un “ciclo” delle “transizioni che
vanno dal molare al molecolare e viceversa” (Deleuze e Guattari 1972, p. 330). È uno “sguardo
di Giano” (Caprettini 1986) poiché Giano è il “dio delle transizioni e dei passaggi” che “controlla
gli spazi e le dimensioni” (Caprettini 1992: 94). In una prospettiva lotmaniana di semiotica della
cultura Caprettini può così, da un lato e riprendendo Avalle, pensare il racconto molarmente come
una messa in serie binaria di “funzioni narrative” che definiscono il piano espressivo per “valenze
mitiche” che ne costituiscono un piano del contenuto di matrice antropologica (Caprettini 1992,
p. 112), dall’altro descrivere un molecolare figurativo nella fiaba il cui “potenziale narrativo”,
markovianamente, permette, a partire da unità figurative, di “generare stringhe di racconto che si
ripetono” (2000, p. 10). Lo sguardo molecolare riesce allora a vedere la fiaba non solo come forma
chiusa a posteriori da una sanzione (la quale infatti, nota Caprettini, spesso non è espressa -al
contrario di quanto assicurato da alcuni stereotipi teorici) ma soprattutto come meccanismo tensivo
in fieri (Caprettini 2000, p. 14). Peraltro già il Groupe ha opposto un approccio macrosemiotico a
uno micro, rispettivamente per l’elaborazione di “concepts ad hoc” vs. la definizione di “constructs
a priori” (Groupe 1992, pp. 47-48).
anticipazioni e di retrovisioni sui processi di costituzione di formanti, che dipendono da un interesse
tematico” (Basso 2002, p. 49). Ferraris nota come rispetto al noema, un aisthema sia “sensibile
per la provenienza, non per il modo della registrazione” (Ferraris 1997, p. 49): è quest’ultimo che
qui rileva.
La rilevazione di
una configurazione (in quanto insieme di figure che rilevano del figurale) non permette di parlare
propriamente di forma in senso semiotico.
viseità per surcodificare
crollo codici primitivi
desiderio attraversa prova decodificazione, si fa surcodificare dal viso: assume unzione sublimazione
mon direttamente sessuale, ma ne farà parte
sul piano formale il viso sarà surcodificazione sessualitàseguendo la volotà e conformemente alle direttive degli apparati del potere incorporali( prigione espressione prigionieri contenuto) deterritorializzati
lo sguardo della bella, del capo , il viso della star
problemi coppia e viseità ci riguardano, tranne quelli di sanat natura che si sono lanciati nei divenire animale nel brucare.
non viseità far cadere la viseità
tratti viseità morme date rispetto al viso modello
comporre ikl viso
manifestazione spirito
innaturale perchè la natura è referente, NATURA CLASSICA NON ROMANTICA
sistema letterari programmatico
programma del viso e della viseità
della paesaggità , gesuiti
ascesi per loyola sempre rapprensentarsi luogo o paesaggio
cercare paesaggi chiave
paesaggio esprimere certi sentimenti che si manifestano nel volto
confessione fatta punto per punto del corpo soprattuto orecchie e occhi e metà livelo viso
non diffonderr uetsa immagine
viseità paesaggità
caso deliberao ridondanza: OVVERO COSTRINGERE L'IMMAGINAZIONE IN LIMITI ABBASTANZA STRETTI AFFINCHè SI FISSI COMPLETAM,ENTE SULL'OGGETTO CHE DEVE PERALTRO DARSI . ridondaza di frequenza
Il senso di questo corto post è molto chiaro, dotare un’immagine di un chiaro e ridondante significato (il tocco, il microfono, ecc…) di modo che il messaggio che vogliamo trasmettere con la foto o l’immagine sia subito chiaro senza bisogno di una spiegazione aggiuntiva (principio che vale anche e specialmente con i loghi).
In questo caso, la ridondanza permette di avere un messaggio chiaro che sia capito. Un messaggio deve quindi contenere informazioni e forme ridondanti, di modo che riesca a superare le interferenze ed arrivare al ricevente.
crollo codici primitivi
desiderio attraversa prova decodificazione, si fa surcodificare dal viso: assume unzione sublimazione
mon direttamente sessuale, ma ne farà parte
sul piano formale il viso sarà surcodificazione sessualitàseguendo la volotà e conformemente alle direttive degli apparati del potere incorporali( prigione espressione prigionieri contenuto) deterritorializzati
lo sguardo della bella, del capo , il viso della star
problemi coppia e viseità ci riguardano, tranne quelli di sanat natura che si sono lanciati nei divenire animale nel brucare.
non viseità far cadere la viseità
tratti viseità morme date rispetto al viso modello
comporre ikl viso
manifestazione spirito
innaturale perchè la natura è referente, NATURA CLASSICA NON ROMANTICA
sistema letterari programmatico
programma del viso e della viseità
della paesaggità , gesuiti
ascesi per loyola sempre rapprensentarsi luogo o paesaggio
cercare paesaggi chiave
paesaggio esprimere certi sentimenti che si manifestano nel volto
confessione fatta punto per punto del corpo soprattuto orecchie e occhi e metà livelo viso
non diffonderr uetsa immagine
viseità paesaggità
caso deliberao ridondanza: OVVERO COSTRINGERE L'IMMAGINAZIONE IN LIMITI ABBASTANZA STRETTI AFFINCHè SI FISSI COMPLETAM,ENTE SULL'OGGETTO CHE DEVE PERALTRO DARSI . ridondaza di frequenza
Il senso di questo corto post è molto chiaro, dotare un’immagine di un chiaro e ridondante significato (il tocco, il microfono, ecc…) di modo che il messaggio che vogliamo trasmettere con la foto o l’immagine sia subito chiaro senza bisogno di una spiegazione aggiuntiva (principio che vale anche e specialmente con i loghi).
In questo caso, la ridondanza permette di avere un messaggio chiaro che sia capito. Un messaggio deve quindi contenere informazioni e forme ridondanti, di modo che riesca a superare le interferenze ed arrivare al ricevente.
ridondanza di frequenza perchè fatta pù volte al giorno
avete visto che faccia ha?
2.20
rinuncia alla proprio apparenza, arrivare al proprio essere per raggiungere i nostri scopi
come persona non come principe, rinunziare agli abiti
fondo di noi stessi essenza vera per raggiungere ciò che desideriamo , non rifugiarsi dietro le apparenze
armonia cosmica naturale da cui tutto partiva pedale do fino al fa diesis armonico alto
rimmersi linea opera clima armonia cosmica naturale da cui tutto era scaturito
simmetria
parte armonia in do simbolica per finire nell'amopria amorosa che rompe la simmetria
il cosmo ha immensa armonia che si perde nell'umano disarminie esistenza completa ricompone attraverso amore come armonia cosmica del punto di partenza
Sessualità Erc subire decodificaZione
Stati decodificato che trovano il loro codice a semiotica presisgnficanti
Il carattere collerico dei
Matrimoni delle donne dei bambini
Tutto inquadrato situato
Decodificazione desiderio sessualità
Flussi di donne e di macini decodificati
La nostra ipotesi nel dire la viseitá
É ci che sorgerà come mezzo per aurcodificare
2.04
Ciao ridondanza risonanza con determinazioni politiche le micro politiche
E economiche
Siamo oltre la semplice ideologia
Non illusorio non ideologico pagante alla l'etera il viso di hitler redditizio
C'è un economia della viseitá
Viseita pezzo posto negli apparati potere
Il potere NON deriva da un linguaggio che si impone
Ciao viseita semiotica potere mezzo busto prete televisivo
La maschera è una semiotica che non passa per il viso
Maschera falso concetto
Molteplicità funzioni più casi non unica
Es compito fare della testa una era funzione del corpo
E non rischiare i l'autonomia di una viseitá
Altri sistemi bisogno autonomia viseita
Ogni tendenza di semiotiche di potere a negarlo sopprimere riferimenti di corporeità le coordinate di corporeità
Tempo stesso tendenza a sostituire le semiotiche di corporeità
Con semiotiche di tutt'altra natura : di viseitá
Es le semiotiche presisgnficanti le semiotiche primitive, tutte le componenti si intersecano , non si lasciano mai dominare da un significante , non si dotti uniscono secondo catene significanti
Rinviano simultaneamente a componenti gestuali ritmiche orali cioè della bocca come cavità , non é il viso la bocca come cavità
Semiotiche presisgnficanti descritte :Corporeità animalità collettività delle enunciazioni carattere colletto degli enunciati , al contempo semiotiche e apparti potere fortemente territorializzati
Ci sinriterritorializza nul vico del capo
Greta garbo il capo salve
Occhi neri buchi neri Gera garbo
Problema sguardo
A differenza apparati potere corporali della corporeità tipo primitivo presisgnficanti ,
Quando apparati di potere si decorporizzano
Diventano tratti astratti si deterritoriizzabo e riterritorializzano sul viso
Politicità mélange gestuale ritmico corporale animale territorializzati
Scompaiono a a ore grandi imperi feudalità Erc
ma dal momento che, se si entra nel relativo, i termini divengono suscettibili di applicazioni molteplici a gradi diversi, può essere che ciò che è materia ad un certo livello possa diventare forma ad un altro livello e inversamente, a seconda della gerarchia dei gradi più o meno particolari presi in esame nell’esistenza manifestata.
«sostanza». Innanzitutto ὕλη, in quanto principio universale, è la potenza pura in cui niente è distinto o «attualizzato», e che costituisce il «supporto» passivo di ogni manifestazione
Si noti che il significato primitivo del termine ὕλη si riferisce al principio vegetativo; in esso è un’allusione alla «radice» (in sanscrito mûla, termine applicato a Prakriti) a partire dalla quale si sviluppa la manifestazione; si può anche vedervi una certa relazione con quanto è detto nella tradizione indù della natura «asurica» del vegetale, il quale effettivamente immerge le sue radici in ciò che costituisce il supporto oscuro del nostro mondo; in certo qual modo la sostanza è il polo tenebroso dell’esistenza.
numeri frazionari e dei numeri incommensurabili, sono vere e proprie alterazioni di essa, e rappresentano soltanto degli sforzi fatti allo scopo di ridurre, per quanto possibile, gli intervalli del discontinuo numerico, e per rendere meno imperfetta la sua applicazione alla misura delle grandezze continue.
denaro
Aggiungiamo che, per il fatto di non essere se non potenzialità assolutamente «indistinta» ed indifferenziata, la sostanza universale è il solo principio che possa dirsi propriamente «inintelligibile», non perché si sia incapaci di conoscerlo, ma perché, in effetti, in esso non vi è niente da conoscere; per quel che riguarda le sostanze relative, esse, in quanto partecipano della potenzialità della sostanza universale,
La Prakṛti (devanagari प्रकृ्ति) è, secondo il Sāṃkhya, la causa originaria attraverso cui l'universo esiste e si esplica, principio contrapposto a quello di puruṣa, spirito puro.[1] Nella Bhagavadgītā è descritta come la "forza motrice primordiale".[2]
Normalmente si rende con "natura", o anche "materia": è attività pura ma inconsapevole, il principio che da immanifesto dà origine, per evoluzione-trasformazione, a tutto ciò che è manifesto, intendendo con ciò sia la realtà materiale che quella mentale. È una polarità energetica dell'Essere e della sostanza cosmica dell'universo.
La quantità è proprio una delle condizioni dell’esistenza nel mondo sensibile o corporeo
materia signata quantitateAggiungiamo che, per il fatto di non essere se non potenzialità assolutamente «indistinta» ed indifferenziata, la sostanza universale è il solo principio che possa dirsi propriamente «inintelligibile», non perché si sia incapaci di conoscerlo, ma perché, in effetti, in esso non vi è niente da conoscere; per quel che riguarda le sostanze relative, esse, in quanto partecipano della potenzialità della sostanza universale,
La Prakṛti (devanagari प्रकृ्ति) è, secondo il Sāṃkhya, la causa originaria attraverso cui l'universo esiste e si esplica, principio contrapposto a quello di puruṣa, spirito puro.[1] Nella Bhagavadgītā è descritta come la "forza motrice primordiale".[2]
Normalmente si rende con "natura", o anche "materia": è attività pura ma inconsapevole, il principio che da immanifesto dà origine, per evoluzione-trasformazione, a tutto ciò che è manifesto, intendendo con ciò sia la realtà materiale che quella mentale. È una polarità energetica dell'Essere e della sostanza cosmica dell'universo.
La quantità è proprio una delle condizioni dell’esistenza nel mondo sensibile o corporeo
limite
numeri frazionari e dei numeri incommensurabili, sono vere e proprie alterazioni di essa, e rappresentano soltanto degli sforzi fatti allo scopo di ridurre, per quanto possibile, gli intervalli del discontinuo numerico, e per rendere meno imperfetta la sua applicazione alla misura delle grandezze continue.
italiani intelligenza tattile
città punto di comunicazione con il mondo urbis et orbis
urbs dove si fanno le cose
ager stanno le capita le teste vacche il capitale
hic sunt leones mondo boschivo
pagus gli altri , il lontano
de propaganda fide, il verbum
natura quella che è per generare, la forza che genera, ordine o sistema, genio
nascor
(nascor, nascĕris, natus sum, nasci)
verbo intransitivo deponente III coniugazione
Vedi la coniugazione di questo verbo
1 (assoluto o + ablativo o a, ab, e, ex, de + ablativo) essere generato, nascere, discendere
2 (in senso figurato) avere origine, sorgere, derivare, provenire
3 (in senso figurato) cominciare
4 crescere, svilupparsi
città punto di comunicazione con il mondo urbis et orbis
urbs dove si fanno le cose
ager stanno le capita le teste vacche il capitale
hic sunt leones mondo boschivo
pagus gli altri , il lontano
de propaganda fide, il verbum
natura quella che è per generare, la forza che genera, ordine o sistema, genio
nascor
(nascor, nascĕris, natus sum, nasci)
verbo intransitivo deponente III coniugazione
Vedi la coniugazione di questo verbo
1 (assoluto o + ablativo o a, ab, e, ex, de + ablativo) essere generato, nascere, discendere
2 (in senso figurato) avere origine, sorgere, derivare, provenire
3 (in senso figurato) cominciare
4 crescere, svilupparsi
sul tema propaganda identità europea, fra merce e comunicazione necessario, avvertimento ( inglesi più banali) advertasing.
ideologie, eplosioni linguaggi comunicazione
scrittura, greco su papiro o argilla fluido chic , grafe greco grattare
romano su lastra di marmo, GESTO ROMANO fondato in epoca repubblicana,
nulla è più legato alla tecnologia dei linguaggi, ogni innovazione tecnologica cambia modo disegnare le cose
da clavicembalo veloce a forte piano più forte senza velocità nel premere i tasti assieme
a mutazione avvenuta siamo diversi da prima
mutazione tecnologica peggiora estetica
oggetto di pochi ad oggetti di molti
sorto dibattito intellettuale d'europa dall'invenzione della stampa
rinascimento chic 400 firenze a chock 500
MUTAZIONE SISTEMI LINGUAGGI comporta percorso
PRIMA INSTUPIDIMENTO ESTETICO POI INVENZIONE ESTETICA NUOVA
mutazione prezzi e supporti tecnici porta mutazioni radicali della comunicazione e della democrazia nella storia della comunicazione
estetica 900 mutazioni psichiche dovuta stampa colorata a prezzo basso, nell'immaginario collettivo
20esimo rompe il rapporto fra un elite che si forma sui linguaggio , fe la trasmissione trasversale del linguaggio che è oggettivamente trasversale
no ragione benjamin: storia pittura finita, ora in poi solo mezzi comunicazione di massa che conteranno
dice perchè adorno maniaco suono, finito perchè con la radio si frega: adolf e duce
sbaglia adorno perchè poi televisione
comunicazione fonadamentale nell'immaginairio collettivo ventesimo secolo atraverso formazione immagine diversa: arti maggiori FUNZIONE NON MOORIRE MA DI DIVENTARE L'ABORATORIO DI ELABORAZIONE DOVE SI FORMANO LE ESTEICHE NUOVE CHE A LORO VOLTA RICADONO NEI GRANDI LINGUAGGI TRASVERSALI E POI VANNO A FIGLIARE NEI GRANDI LINGUAGGI TRASVERSALI,
le persone
fabbrica elaborazione meccanismo linguistico rimane spesso nelle ricerche di arte di avanguardia , ma passa automaticamente nei linguaggi di massa perché li forma e li plasma
POI IL CONUMATORE FINALE NON SA NEMMENO PERCHè GUARDA UN IMMAGINE PIUTTOSTO CHE UN ALTRA, ma perchè dietro a monte c'è la capacità creativa artistica ( non quello che vende caro perché ha trovato il gonzo ) ma quello che ha naso sufficiente per capire la tendenza della comunità e capire i linguaggi che userà la comunità fra x anni ( il profeta di scholem benjamin) in questa capacità di untuito elebora una serie di parametri, icone, pezzi di semiotica semantica, che gli serviranno a formare una cosa che una volta recepita dai mezzi allargati della comunicazione RIESCE A DIVENTARE UNA COSA TRASVERSALE CHE TOCCA TUTTI
peste formidabile schermo computer diventa oggi la nostra immagine collettiva
ci si formerà sullo schermo, abbandono vecchia meccanica televisiva: segue ancora una serie di parametri che sono suscettibili di creare consensi e non consensi
IL PARAMETRO TELEVISIVO CLASSICO: contine mezzo busto del prete o l'avanspettacolo delle riviste militari per andare in guerra prima della grande guerra (vespa)
due moduli anctichi, televisione non è in grado formare immagine colletiva che sia suscettibile di far avavnzare evolvere le NOSTRE FANTASIE
spettacolo ridotto in scatoletta convinti sia un teatro
IL WEB SARà IL NOSTRO MODO DI GUARDARE
graffiante grafico
famiglia intera come comunità , esempio davanti al televisore
famiglia stava intorno al fuoco, poi la nobiliare attorno al fuoco dei grandi camini,
ritornando repicando modula antichissimo di seduta attorno al focolare
SORTA MECCANICA DIALOGANTE
dialogo pagina web, rapporto personale con immagine inventare tutta
consentira prendere vostri linguaggi e farli pervenire, mutare meccanica vostri linguaggi
tv pop predicatore, nazionale è italiano: romanesco politica
opposto è il web
lingua più di una e no labiale
L METODO DIFRONTE MUTAZIONE MEZZI ESPRESSIVI
CAMBIARE LINGUAGGIO ED ESTEICA
TORNANDO MEDIOEVO
cambiando etica ed estetica
eurpa barbarica
CAPETINGIO GOVERNO ATRAVERSO LE CANCELLERIE GRAZIE ALLA SCRITTURA PER PIUMA SCRITTURSA VELOCE, NON PER CALAMO
evoluzione scrivere produce evoluzioni estetiche
scrittura sismografo
intrudzuione sistema linguistico nuovo,
lsistemi linguistici
generano lingue che prendono direzioni diverse non unitarie
NUOVA ERA COMUNICASZIONE: RICHEDE CAPACITà SINTESI PER TEMPISTICA DIVERSA
DISEGNO ESTETICO DIVERSO
RITMICA INATTESA
inizio mutazione linguistica fantastica
Iscriviti a:
Post (Atom)