In tal senso il grande filosofo Wilfrid Sellars (1912-1989) ha sostenuto che i qualia più che entità ontiche sono entità teoriche inserite all’interno di modelli linguistici intersoggettivi. L’argomento dello spettro invertito si baserebbe su ciò che Sellars definisce «il Mito del Dato», ossia «l’idea che l’osservazione, in senso stretto, sia costituita da episodi non verbali auto-evidenti la cui autorità viene trasmessa alle esecuzioni verbali e quasi-verbali quando queste vengono compite in conformità alle regole semantiche del linguaggio»[30]. Secondo il Mito del Dato quindi nell’esperienza soggettiva si danno le cose in un modo completamente preteorico, «così come sono» o «così come appaiono». Il linguaggio, cioè i modelli di interpretazione della realtà, subentrerebbero solo successivamente alla percezione diretta. Al contrario Sellars sostiene che anche la percezione è intrisa e condizionata dai modelli linguistici della comunità del soggetto. Difatti il soggetto per dire «questo è rosso» deve già avere una precomprensione dell’uso della parola «rosso» e l’uso di tale parola viene acquisito in base al modello linguistico della comunità dei parlanti. L’esperienza soggettiva del «rosso», quindi, prende forma solamente quando rientra all’interno di un modello teorico che definisce «cos’è rosso». Sono gli usi delle parole all’interno di un certo modello linguistico che ci permettono di definire alcuni aspetti dell’esperienza che altrimenti non rientrerebbero nell’uso quotidiano. In ogni caso l’esperimento mentale dello spettro invertito indicherebbe ancor di più che i qualia non sono entità preteorica, accessibili in modo pur al soggetto, bensì entità teoriche che permettono di codificare l’esperienza in un modo specifico. Il pregiudizio dell’esistenza in sé dei qualia nasce quando si crede che l’entità teorica sia in realtà un'entità ontica.

confusione fra ontico e teorico

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