i rapporti tra il Regno annunciato dai profeti e la storia ‘profana’. La dimostrazione di questo assunto, volto contro Schmitt, ma al tempo stesso contro tutti i tentativi di cercare una qualche mediazione tra Regno e storia, è stata formulata in un drammatico seminario, condotto mentre il cancro era ormai allo stadio terminale. Al centro del confronto con Schmitt c’è l’interpretazione di Paolo. La riassumiamo in breve. Paolo scrive la sua Lettera ai Romani come espressione dell’opposizione irriducibile, ancorché passiva, dei cristiani allo Stato. La Legge, nella Lettera ai Romani, sta per il nomos che reggeva il mondo di allora, il potere dei Cesari. Ma Paolo può pensare questo perché, da ebreo, ha accettato il fallimento del messia Gesù. In questo accoglimento del messia crocifisso egli vede il senso stesso del messianismo apocalittico, come necessaria interiorizzazione dell’attesa, proprio di fronte alla smentita che la storia concreta fa di essa. Il messia, legittimamente messo a morte secondo la legge, rappresenta la fine della legge stessa e dà origine all’Israele vero, quello interiore, secondo lo Spirito.

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