A sostiene che pensare è pensare l'arché, sia per la filosofia che per la teologia, anche se poi esse lo pensano in modo diverso. «La teologia non può non fondarsi sulla credenza che l'Inizio è Dio, Deus-Esse. Anche quando intuisce l'Inizio come sovra-essenzialità, o sovra-divinità, essa lo concepisce sul fondamento del Deus-Esse [...] Per il teologo l'Inizio appare nella forma del comando divino; il comando presuppone la potenza di colui che lo pronuncia: una potenza che "si libera" nell'atto di comandare» (p. 101-102). Il comando però è una forma dell'Inizio, non è l'inizio assoluto. Può darsi che l'uomo proietti nella rappresentazione dell'Inizio il proprio ordinamento, le gerarchie sociali, il rapporto di potere che sussiste tra i diversi soggetti. Il comando di Dio sarebbe allora il comando di cui gli uomini fanno esperienza in qualità di comandanti o comandati. Per agire l'anima ha bisogno di modelli, che sono inevitabilmente portati dalla tradizione. E la tradizione affonda le sue radici nell'originario, lo stesso originario che governa uomini tesi alla realizzazione del bene che possono conoscere. «Conoscere se stessi» è la grande sfida di Socrate. Per conoscere se stessi, scrive Cacciari, si deve andare oltre ogni limite, sfidando il dio. La tragedia non fa che presentarci l'enigma che siamo a noi stessi, la filosofia concepisce l'enigma nella forma dell'interrogare; sa che l'essere dell'uomo è autotrascendersi e per questo indaga l'origine.
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