cimentarsi nella analisi fonti antiche sulla base di categorie concettuali moderne e contemporanee
più complesso per le forme arcaiche

nozione intrinseca certezza diritto è sdrucciolevole e relativa nel tempo nelle diverse conezioni giusfilosofiche
esigenza diritto certo conoscibile prevedibile, dalla fin e66 e illominismo, conjotzaione ideologiche e filosofiche e politiche, dando per impossibile applicare le catergorie stesse per la roma arcaica

FARE IN CONTI CON LE CATEGORIE CONCETTUALI MODERNE anche nell'analisi delle fonti antiche

certsezza diritto ambito complesso e intriso di contenuto retorico, contrapposzione certezza diritto e certezza legge

DIRITTO CERTO certezza diritoo: noprme generali ed astratte, norme presuposto materiale che cononsenta la connoscenza della legge stessa da parte dei destinatari, vi è una uuniformità di intereptazione da parte degli organi giudicanti ,quando vi è una complessiva efficacia dell'ordinamento che a asua volta figlia della stabilità sociale

COMPLETEZZA codice completo affinchè nella musiura il codice sia completo e all'interprete venga lasciata la mini,a libertà possibile. Bocca che pronuncia le parole della legge , non possano moderare ne forza ne rigore. Montesuieu





Liber singularis enchirìdii Pomponio




RE POTERE MANU ( con la forza Ricardo restanus) inziio città prima che i re cominciassero a offrire nomre a l popolo il polo non poteva contare su legge certa e diritto certo

Romolo divide il polo in 30 curie, promulgate leggi , conservati da ius papiriano, DALLA TRATTAZIONE POMPONIANA, con le leggi re il diritto diventa certo
Cacciati i re le leggi svanirono e il popolo romano comincio nuovamente su un duiruttio incerto CONSUETUDINE ALIQUA, 
cadono in disuso leggi re con la cacciata

DIRITTO CERTO VS CONSUETUDINE ( NO CERTEZZA SVANIRE LEGGI REGIE)


legislazione dicivirale, creazione magistratura, obbiettivo scrivere le legge perchè la civitas fosse fondata sulle leggi: prima 10 tavole incisa su tavole, legge dodici tavole su cui la citta si fonda, esposte per essere meglio conosciute,
Decemviri ALIQUID DAES interpretatio, disputatio fori, diritto di provenienza non scirtta
in presenza di una legge scritta, SCANSIONI, CONTRAPPOSZIONI tra consuetudine e ius scriptum, ius scriptum e interpretatio prudentium
contrapposizioni

incertezza a due momenti topici citta nascita e fase tra cacciata re e promulgazione 12 tavole
romolo ad poplum tulit
LEGGI APPRESE , PERCIPII IN MODO APERTO apertius
il solo diritto scritto è il certum

PASSAGGIO INCERTEZZA A CERTEZZA in pomponio legao a due momenti fondativi città: 1 legge certa come inizio ordinamento città, 1 2 le dodicidi tavole vissute come mutamento forma costituzionale

POMPONIO , JUS SCRIPTUM PRIMA SI CONTRAPPONE ALLA CONSUETUTINE POI ALLA INTERPRETATIO PRUDENTIUM, IL SOLO SCRITTUM è CERTUM, IL RESTO è INCERTO OVVERO SOGGETO AD INTERPRETAZIONE (VEDI MONTESQUIEU

L'INTERPRETAZIONE PRUDENTIUM è JUS CONTROVERSUM, INTERPRETAZIONE è INCERTA

CONSIDERAZIONI: leggi regie come leggende, esclusivamente orali, comunicati solennemente al popolo
LA PAROLA CREATRICE , POI ELEMENTO FISSITà
leggi ex regie

tarquinio abolì leggi scritte, DANDO DANNO AI PLEBEIabolendo leggi servo tullio per diritto ugualianza delle genti

12 tavole e leggi regie UDE ISCRIZIONI recuperata una riappese
regie, leggi (lat. leges regiae) In età romana, leggi che, secondo la tradizione, sarebbero state emanate dai sette antichi re, in un arco di tempo compreso fra la metà dell’8° e la fine del 6° sec. a.C. Stando alle fonti, soprattutto letterarie, sarebbero state sottoposte al voto del popolo, riunito allora nei comizi curiati, in maniera non dissimile da quanto avvenne nella successiva epoca repubblicana; ma a giudizio degli studiosi moderni è del tutto improbabile che una procedura tanto evoluta sia stata esperita già ai primordi dell’esperienza costituzionale romana. Verosimilmente erano ordinanze con cui il re, in virtù dei suoi poteri, sanciva pubblicamente, per iscritto, norme di tipo consuetudinario, tramandate prima solo oralmente, ovvero studiate e interpretate in segreto dai collegi sacerdotali. La materia regolata, infatti, sembra essere per lo più quella sacrale, alla quale erano ricondotti gli stessi rapporti che, in base alle categorie moderne, apparterrebbero al diritto civile o penale, in quanto per la violazione delle rispettive norme le leges regiae prescrivevano, in genere, l’applicazione di sanzioni di tipo religioso. Alla fine, esse vennero raccolte dal pontefice Papirio, non meglio noto, in un unico corpus, conosciuto perciò come ius Papirianum.

Sotto l'aspetto della storia del diritto romano, le Tavole costituiscono la prima redazione scritta di leggi nella storia di Roma. Le fonti antiche, per giustificare questa innovazione, parlano di contatti con Ermodoro di Efeso, discendente del filosofo Eraclito. In effetti proprio nel VI-V secolo a.C. il mondo greco conobbe la legislazione scritta.
Secondo la versione tradizionale, tramandata dagli storici antichi, la creazione di un codice di leggi scritte sarebbe stata voluta dai plebei nel quadro delle lotte tra patrizi e plebei che si ebbero all'inizio dell'epoca repubblicana. In particolare, i plebei chiedevano un'attenuazione delle leggi contro i debitori insolventi e leggi scritte che limitassero l'arbitrio dei patrizi nell'amministrazione della giustizia. In quell'epoca, infatti, l'interpretazione del diritto era affidata al collegio sacerdotale dei pontefici, che era di esclusiva composizione patrizia.
Esse furono considerate dai Romani come fonte di tutto il diritto pubblico e privato (fons omnis publici privatique iuris).[1] Secondo lo storico Ettore Pais[2] i redattori non introdussero grandi novità, ma si sarebbero limitati a redigere per iscritto gli antichi mores.
Circolo degli Scipioni L'ideale di humanitas è senz'altro il contributo più alto che il Circolo degli Scipioni offrì alla romanità. Con essa si tende a concepire quegli ideali di attenzione benevola tra gli uomini che prescindono da pregiudizi di etnia, religione e cultura.

In quella prima fase erano solo i mores a identificarsi col diritto romano, e costituivano il modello al quale gli appartenenti alla comunità informavano il loro comportamento: tali modelli derivavano da secoli di usanze precedenti dei pagi[5]. Gli studiosi ritengono che antecedentemente all'età regia, durante cioè la fase pre-civica, i mores si basassero sul comportamento delle familiae e successivamente, a partire dalla metà dell'VIII secolo a.C., anche delle gentes, nel rispetto delle forze naturali, secondo l'interpretazione dei sacerdoti, che a mano a mano li raccoglievano, tramandandoli oralmente e custodendoli in archivi sacerdotali segreti.
In un primo momento i mores non costituirono leggi effettive ma, soprattutto nella Roma precivica, erano precetti unanimemente condivisi ed attuati dalla comunità. Intorno al X secolo a.C. i sacerdoti raccoglievano tramite forma orale (e probabilmente anche per iscritto) tali usi, mantenendoli segreti. In questo periodo erano gli unici detentori di conoscenze giuridiche e uno dei loro compiti consisteva nel rivelare (sempre segretamente) questi usi al soggetto che li richiedesse o piuttosto ad interpretarli nel modo che ritenessero più adatto. Quindi consigliavano al richiedente una condotta da seguire per conseguire un proprio legittimo interesse o per difendersi correttamente da un diritto altrui. Ciò perché nel diritto dell'epoca era insito una forte componente morale, che occorreva dunque rispettare, seguendo determinate ritualità nelle dichiarazioni, nei comportamenti e in generale nell'agire sociale, tanto pubblico quanto privato. Tali modalità continuarono a vigere sia nel periodo regio che in buona parte del repubblicano. Nell'età regia l'interpretazione fu affidata al rex e al Pontifex Maximus, talvolta congiuntamente.
Con la cacciata dei Tarquini si concluse l'età regia e l'unico diritto ritorna a essere le rivelazioni e l'interpretazione dei soli Pontefici dei mores. Però in questo periodo, che durerà circa 50 anni, la plebe comincia a sospettare che i Pontefici interpretino solo a vantaggio della classe sociale alla quale appartengono, i patrizi, a discapito degli stessi plebei.

dal 462 a.C. si creò un movimento plebeo il cui fine era una legislazione scritta, che ottennero circa nel 450 a.C. grazie a undecemvirato legislativo durato due anni, che aveva il compito di elaborare in massime il diritto esistente fino ad allora, dunque per lo più dei mores (secondo alcuni studiosi anche tramite leges regiae, che hanno funto da 'memorizzazioni' dei mores). Poi, dal momento che queste non erano di facile lettura, la loro interpretatio era comunque lasciata ai Pontefici tenuta ancora segreta perciò da ritenere sempre rientrante come interpretatio di mores almeno sino a quando Tiberio Coruncanio non la renderà pubblica e comincerà un'interpretazione laica creando vero e proprio diritto ovvero la creazione del Ius Civile. D'altra parte però le XII Tavole erano un'opera che non poteva riguardare e non riguardava tutti i rami del diritto perciò dove non arrivavano le XII Tavole venivano utilizzati e rivelati i mores[13].

 462 a.C. i plebei, resosi conto che i Pontefici emanavano i mores solo in favore loro o dei patrizi, cominciarono a chiedere un'opera scritta che riassumesse l'essenza dei mores in modo tale da fermare il monopolio dei Pontefici su questi regolamenti orali, tramandati e conosciuti solo dai sacerdoti. Così con un decemvirato legislativo durato un paio d'anni (le fonti sono discordanti) nel 450 a.C. venne emanata la legge delle XII Tavole. Si trattava di una raccolta dei mores fino ad allora esistenti. Poiché l'opera risultò di difficile interpretazione, venne affidata ai pontefici, che mantennero così il monopolio interpretativo, dove le XII Tavole non contemplavano determinate norme. Tutto ciò mutò con Tiberio Coruncanio, primo pontefice plebeo: egli rivelò i rituali e come venivano emanate le XII Tavole e da qui cominciarono i primi giuristi laici.

Presso gli antichi Romani, ciascuno dei membri del collegio a carattere giuridico-sacerdotale presieduto da un p. massimo. Il termine pontifex (da pons «ponte» e tema di facere «fare») inizialmente forse designava colui che curava la costruzione del ponte sul Tevere. Il numero dei p. variò nel corso del tempo, ma il mutamento più significativo si verificò nel 300 a.C., allorché la lex Ogulnia lo portò da 5 a 9, aprendolo alla partecipazione dei plebei. In precedenza, la condizione patrizia era requisito indispensabile per accedere al pontificato, in base a un procedimento di cooptazione. I p., sommi garanti dell’ortodossia del rito nazionale, custodi e interpreti delle tradizioni giuridiche romane, consuetudinarie e legali, non assolvevano, al contrario di altri sacerdoti, a precise funzioni di culto: stabilivano in base a quali regole un qualsiasi rito – sacrale, processuale o negoziale che fosse – doveva essere compiuto, perché potesse considerarsi valido, e tali regole erano di volta in volta comunicate, a chi lo richiedesse, tramite responsa, che assumevano la veste di decreto collegiale, se l’interlocutore era un magistrato cittadino, di semplice consulto individuale, se invece si trattava di un privato. Per lungo tempo i pontifices, primi giuristi della storia romana (e perciò occidentale), esercitarono la loro attività giurisprudenziale in segreto, conservando così il monopolio della scienza giuridica, la cui metodologia rimaneva oscura ai più. A partire dalla fine del 4° sec. (e dopo la citata lex Ogulnia) esercitarono le loro funzioni in maniera più trasparente e aperta, tanto che intorno al 250 T. Coruncanio, primo pontefice massimo plebeo, dette responsi in pubblico. Ciò favorì la formazione di una giurisprudenza laica, in quanto lo studio del diritto divenne, logicamente, possibile anche a chi p. non era, sebbene solo nel campo del diritto civile, giacché in quello sacrale il collegio continuò ad agire in condizioni di monopolio. Augusto fece propria, nel 12 a.C., la carica di pontefice massimo, che sarebbe rimasta prerogativa di tutti i successivi imperatori, fino all’era cristiana inoltrata.
Ha avuto per anni il totale controllo del diritto romano. Infatti regolava i fasti e compilava annualmente la tabula dealbata e gli annales pontificum oltre ad avere il compito di interpretare i mores e collaborava per l'emanazione della lex regia insieme al rexGaio Giulio Cesare fu pontefice massimo, come anche gli imperatori che regnarono dopo di lui, fino al 375, quando Graziano rinunciò alla carica, perché ritenuta incompatibile con la religione cristiana ch'egli professava.


certezza scrittura e diritto. fine scrittura fine tarquini fine periodo etrusco
guarentigia egualinza cittadini: scrittura e esposizione leggi
EQUITà NON NELLA SCRITTURA MA NELLA MAGGIORE O MINORE BONTà DELLA LEGGE
conquista oklebea lkegge dodici tavikle  contro abusi magistrato, VOCAZIONE POLITICA 12 tavole
non un codice ma una costituzruolo plebeo : terentilio ars tribuno plebe critica asperrima consolato, peggio dei re, istituzione 5 uomini per limitare la licenzia ovvero arbiotrio degli uomini, LIMITARE IMPERIUM CONSOLI
plebe sconfitta, la plebe cambia e assume ATTEGGIOAMENTO MODERATO CONCILIANTE
non leggi sull'imoerium ma utile sia a patrizi che plebei UGUALIANZA, prima fonmda sul conflitto la seconda sul consenso. sono i patrizi a scriverle, demandate a loro, ugualianza giuridica cittadini
recupero dei mores non sovvertimento, certezza più tradizione
corpus omnis romanis iuris mancava qualcosa nel decemvirato. dionigi conferma INCOPLETEZZA, POI TUTTE AFFISSE AL FOro
sensazioni con cetgorie romane che il corpus aveva tutto quello che serviva, è mutila ma possiamo acclarare.  alcuni diritti dati per presupposto DIRITTI NATURALI
necessità regolare vendita filius
tutto diritto utile
I SACRA PONTEFICI DECIDONO MANTENERE SEGRETA PARTE RELATIVA ALLA RELIGIIONE

legislatori vs pontefici
dodici tavole rappresentan0o invasione dei legislatori nella sfera tipica diritto
dopo incendio gallico
reazione pontefici e sconfitta storica sui legislatori
12 tavole riportate al collegio pontificale

non nascosta mancipatio o ius vocatio
ma nascosti i sacra

grammatica nazione come poemi omerici clasici per i greeci sono sta e le dodici tavole

romolo fonda sulla leggi








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