Meno patrie più  eros

I mores sono dei precetti normativi accettati da tutta la comunità poiché investiti di un'auctoritas (derivante sia dal fatto che venivano seguiti e tramandati dai patres, sia in quanto rivelati dai sacerdoti). Questi mores non solo sono un'usanza investita di sacralità, bensì rappresentano un abbozzo di 'costituzione' per l'intera comunità romana, obbligata a seguirli. Si riteneva infatti, soprattutto in epoca regia, che il rispetto di tali precetti (investiti a un tempo di una valenza sia religiosa, sia magica) proteggesse dalle forze dell'occulto in quanto espressione del soprannaturali e della volontà divina. I mores, come sistema di credenze e di valori universalmente riconosciuti e unanimemente condivisi all'interno della civiltà romana, informavano a sé l'agire pubblico e privato dell'individuo. Non si è certi, ma è possibile che i mores, una volta emanati, avessero la funzione di creare un precedente normativo.

Secondo le opere storico-giuridiche di Gaio e Sesto Pomponio[3] i mores, sono usi e costumi delle tribù che si unirono e formarono Roma[4].

Con il cristianesimo l’ozio subisce un arretramento che diviene particolarmente evidente con la riforma protestante, quando si afferma l’idea della sacralità del lavoro. [3] Ancora una volta dell’ozio si appropriarono le classi dominanti come nella Gran Bretagna del XVIII e XIX secolo. Furono proprio questi oziosi, che si contrapponevano ad una moltitudine di salariati senza tempo a disposizione, a creare nuovi orizzonti per la scienza, per la letteratura e per la cultura in generale.[4]

Isocrate:"anima della città" (psychè poleos) che ha nei confronti dei cittadini "la stessa forza che ha l'intelletto sul corpo. Governa su tutto, preserva i beni, evita gli insuccessi: da essa dipende tutto ciò che accade nella città" (Panatenaico, 138).

Uomo progetto che autopoietico, emergente, bottom up, cosciente delle sua possibilità di creare

Capitalismo macchina stabile fissa , struttura, al suo interno il flusso atomico umano, flessibile, quantificato, biologico, capitalismo macchina biologica

Perfezionamento comunità
progresso civiltà
chiedono alla potenza della fabbrica
complessa rete azioni
arricchimento spirituale continuo, civiltà nuova, uomo liberato paura bisogno volge animo verso ricerca se stesso e nuova comunità creata giorno per giorno

acuta intelligenza europea, attenta risvolti conflitto sociale
organizzazione americana, sociali e umani
marciare senza burocrazia

LA POTENZA PRODUTTIVA, efficienza 





individua il rilievo filosofico delle religioni gnostiche nell'essere la forma originaria del nichilismo contemporaneo
https://www.youtube.com/watch?v=j1X3pkQ8sFA
Malevoc opera vittoria sul sole è vittoria sulla natura come la vediamo
Piece futurista
Vittotia su tutto cio che il sole mette in evidenza la dimensione oggettiva
Vittoia sul'mondo e sull oggettivita
Mobdo della non oggettività
Suprematismo il supremum
Valore dell zero
Quadrato nero icona del nostro tenpo iconoclasta
Non crollo pittura nascita vera pittura
Angolo più bello per licono del nostro tempo

DOMENSIONE dell'icona Icona non è idolo non si esaurisce'nella sua figura non adorata per quello che è, è altro, davanti ci poniamo per cogliere laltro che attraverso icona supera icona stessa. RELAZIONE CACCIARIANA

concilio di nicea disupte sull'iconoclastia 787 risolte il secondo concilio
iconoduli vincono su iconoclasti PASSARE ATTRAVERSO L'IMMAGINE PER COGLIERE IL PROTOTIPO OVVERO CIò CHE è ALTRO DALL0IMMAGINE STESSA
l'altro dell'immagine, ciò che passa atraverso l'immagine senza essere esso stesso immagine

DIFFERENZA ADORAZIONE E VENERAZIONE da parte iconoduli

l'icona non mostra alcuna immagine vera e priria
VNENERARE SIGNIFICA PASSARE ATTRAVERSO L'IMMAGINE PER COGLIERE IL PROTOTIPO , cioòè ciò che è altro dall'immagine stessa, ovvero l'Altro dell'immagine
qualcosa che passa attraverso immagine senza essere esso stesso immagine

l'incoma emerge è la vittoria del SUPREMUM
ILLUSIONISTICHE NATURALISTICHE MIMETICHE

SUPREMUM SI MOSTRA RIATRAENDOSI, SENZA DARSI MAI COMPLETAMENTE
pittura si ma nifestasse nell'opera è come se lopera mettesse in opera questa pittura, opera mette in opera la pittura significa l'opera stessa si ritrae per fare emergere qualche cosa che non si da alla vista, ilq uadrato nero , differenza tra visibilità propria

non richiede l'occhio i vouerismo, come per il voyer oggetto FIGURA DEL CRISTO

QUADRATO NERO siamo vedenti e visti VOYANT privilegiato non vista ma ragione vedere implica il videre lat intelligere affidarsi intelletto
iconsa RICHIEDE E INTERROGAS IL SENTIRE NON VEDIAMOMA SENTIAMO NIETSCHE
PROBLEMA NON è VEDERE PER SAPRE per nitzsche ma prima saper per poter vedere
VEDERE UGUALE INTELLIGERE, E SAPERE UGUALE SAPIO come sentire affidarsi sensazioni, dimensione generale del sentire

interpellare il sentire non gli occhi intelletto o ragione
SI CRITICA UN CERTO TIPO DI RAGIONE, LA STRUMENTALE DI ADORNO, criticata da malevic che privilegia il sentire, NON SIAMO FUORI SIAMO DENTRO stare dentro vuol dire che qulache cose nel quale noi siamo è sospeso , non siamo noi a fissarlo, ci muoviamo allintenro di qualcosa che si vuobe, come se ondeggiassero nel aria , no punto fermo attrazione o centripeta , l'unica è la centrifuga , navigano nell'aria , senza fissare o bloccare

OLTREPASSA IL LIMITE MALEVIC




il quadrato bianco
quadrato PARALLELISMO non figure geometriche
nel suprematismo no rappresentazione NON OGGETTIVITà
pittore esaurisce funzione e inizia a scrivere e insegnare
malevich radicale
attività filosofica non teorica
PITTORE E INSIEME FILOSOFO
non teorizza il suprematismo ma da suprematista
suprematismo autosufficiente
vera pittura operad'arte  mai eteroreferenziale non rimanda al altro da se, non prende le mosse da uno o UN altro modello, trova in se la forza di produrre, NON RIPRODUTTIVA MA PRODUTTIVA produce dal suo stesso interno. MAESTRO CEZANNE ( anche per picasso e klee )
PIENA CONSAPEVOLEZZA IN CEZANNE DI UNA PITTURA CHE NON HA DA RIFARSI AD UNA REALTà FUORI DALLA PITTURA STESSA, CIOè AL MONDO perchè un quadro se tale DEVE LUI FARE IL MONDO, NON COPIARE. ladri i pittori che copiano il mondo, il pittore deve crare ex nihlo dall'interno, poi si parlerà di astrattismo, kandisnki poco prima dello spirituale dell'arte. ATRATTISTA MONDRIAN
TROVA IN SE LA FORZA DI PRODURRE NON GIUSTIFICARE SUPREMATISMO non è riproduttiva

kandinsky astrattismo richiede risonanza interiore dimensione musicale che echeggia nei quadri
in malevich nessuna dimensione emotiva e o musicale, il quadre deve parlare da solo senza rifarsi a nulla di estrenoo,  NO ASTRAZIONE COME TOGLIERE ELEMENTI PARITOCOLAI  PER raggiungere essenziale NON è AB TRAERE  trogliere quqalcosa per mettere in rialsto particolari
NO LA SUA è AD VERSO , AD TRAERE, MUOVERSI VERSO QUALCOSA , NOI CI MUOVIAMO VERSO QUALCOSA L'ASSOLUTO, SOLO IN QUANTO IL NOSTRO MUOVERCI è UN SENTIRE L'ASSOLUTO , FFACCIAMO TUTTUNO CON L'ASSOLUTO IN QUESTO SENTIRE CI SENTIAMO FACENTI PARTE DIMENSIONE ASSOLUTO

tomba malevich

minimalismo e monocromismo e concettualismo TUTTO da malevic





Cubofuturismo dimensione spazio tempi e dinamicità
Si decentrano perdono la idenificazione tendono a perdere consistenza staticità centro decentramenyo costante
Suprematismo

«La Chiesa non può fingere eterna durata»: quasi un avvertimento. Poi le bombe teologiche: «la Chiesa non salva. La vera salvezza viene dalla Fede. E dalla Grazia». Scrive Cacciari: «Il tempo si riassoribirà (…) accolto nel Dio-Luce di Giovanni». Non siamo sicuri del fatto che il “Dio-luce” di cui parla Cacciari non sia proprio Lucifero. Nel Vangelo è scritto che egli non prevarrà sulla Chiesa di Cristo (Mt 16, 17-19). Al Corriere – e non solo lì – ora vedono la possibilità di convincerci che le cose stanno diversamente.

L'Imbianchino gnostico
L'Aberrazione del sistema

Icona russa antillusionismo antinaturalismo
Non reclama dimensione illusionistica

Marx non può essere usato come contestazione filosofica al capitalismo,
entrambe intendono l'ente, l'essere, come energeia. L'uomo come un centro di circonferenza a raggio infinito senza limiti. Per Marx il capitalismo è un limite allo sviluppo dell'uomo. Cacciari
Capitalismo non è coerente con lo sviluppo delle forze produttive, che è per sua natura infinito. L'ente è volontà di potenza, non volontà sola schopenhauer. L'ente è potenza che deve giungere all'atto. Atto è l'espressione dell'infinita potenza creativa dell'ente.
Interrogante soggetto uomo.
dittatura del relativismo e del nichilismo
linguaggio per cui, oltre che elemento condizionante, esso è anche il mezzo con cui l'uomo storico può trascendere i vincoli della storia e del linguaggio stesso (i baconiani «idola fori» e «idola theatri») ed esprimere le verità eterne.
Samek Lodovici riconosce la struttura storicamente condizionante del linguaggio nei confronti dell'esistenza e della conoscenza, secondo una sua favorita formula per cui «chi non ha le parole non ha le cose», e d'altra parte il filosofo riconosce anche la funzione inversa del linguaggio per cui, oltre che elemento condizionante, esso è anche il mezzo con cui l'uomo storico può trascendere i vincoli della storia e del linguaggio stesso (i baconiani «idola fori» e «idola theatri») ed esprimere le verità eterne.
pensiero secolarista (gnostico)


Sebbene presenti molti elementi in comune con il metodo scientifico moderno, la procedura di Bacone manca di un elemento fondamentale: la matematica; ovvero lo strumento rigoroso di un'analisi quantitativa delle esperienze scientifiche di cui, di lì a poco, Galilei comprenderà l'importanza fondamentale.

Inoltre, Bacone sostiene, a differenza di Galilei, di voler conoscere lo schematismus latens ed il dinamismus latens della realtà, cioè la struttura nascosta e l'elemento dinamico latente delle cose: in qualche modo, dunque, si può dire che Bacone sia ancora alla ricerca dell'essenza, cosa che lo differenzia moltissimo dalla concezione scientifica moderna.
la storia ed il passato in quanto rappresentazioni di tutta la serie di fallimenti della costruzione dell'«uomo nuovo» (il Superuomo) perseguito dallo gnosticismo, e così la tradizione e tutti i suoi supporti vitali che le consentono di essere integralmente percepita, rettamente compresa e pedagogicamente trasmessa, quali appunto il suo proprio linguaggio (ad esempio lelingua latina e la lingua greca), i suoi propri luoghi di trasmissione (la famiglia e la scuola) e le sue figure trasmettitrici (genitori e insegnanti).
Di alcuni di questi luoghi si trasmissione lo gnosticismo vuole un pervertimento morale od una corruzione ideologica, mentre di altri promuove una vera e propria distruzione, fisica o mediatica. L'esplicito intento di Samek Lodovici è quindi di smontare la strategia della rivoluzione culturale gnostica nelle forme del riduzionismo antireligioso, del prometeismomarxista, della filosofia radical-relativista diffusa attraverso i media, della corruzione della memoria storica attuata anche attraverso la corruzione del linguaggio ed infine nella strategia della distruzione della famiglia, che è stata potentemente colpita in particolare con la rivoluzione sessuale e con alcuni tipi di femminismo.


nel pensiero gnostico l'illimitato viene divinizzato e perseguito, mentre la finitezza viene disprezzata e rifiutata. Insomma, sintesi del pensiero gnostico è quella formulazione che trova in Nietzsche il proprio culmine come «rifiuto di non poter essere Dio», che conduce alla cosiddetta «morte di Dio» come conseguenza dell'estensione della volontà di potenza all'infinito; in tal modo, nell'infinito stesso non vi è più spazio per Dio perché l'uomo, affetto da gnosticismo, lo ha totalmente occupato, in altre parole nella visione gnostica non è più Dio, ma l'uomo, a identificarsi con l'infinito, cioè con la mancanza assoluta di limite.
In Metamorfosi della gnosi, la sua opera più influente, Samek Lodovici delinea una fenomenologia della cultura contemporanea, interpretata nelle sue varie espressioni come rifrazione di una mentalità inconsciamente gnostica. Tale mentalità, secondo Samek, ha assunto in sé le fondamentali tesi dello gnosticismo antico, ovvero la sostanziale negatività del mondo, la possibilità di redenzione dalla malvagità del mondo attraverso un sapere salvifico (gnosi) ed una trasformazione del mondo realizzata, senza bisogno della grazia divina, dalla sola azione dell'uomo (si pensi così sia la figura del rivoluzionario politico che a quella del tecno-scienziato), e infine la necessità di superare i limiti dell'ordine naturale e morale a causa di quella negatività originaria che li rende non più bordi di sicurezza contro la dissoluzione e l'auto-dissoluzione (come vale per la teologia cristiana), bensì dei vincoli all'auto-trascendimento immanentizzato e divenuto così auto-realizzazione mondana.
Samek individua il fulcro di tale metafisica nella dottrina della «partecipazione», che applica al tema della natura di Dio e del rapporto Dio-mondo. Più precisamente, in tale metafisica Dio è relazionalità e non oggettualità, e lo stesso mondo e il rapporto Dio-mondo appaiono come relazionalità, tanto che il compendio della teologia agostiniana potrebbe essere la formula per cui «tutto è relazione», il che vanifica la critica heideggeriana, e quindi rende possibile una riaffermazione della metafisica neoplatonico-agostiniana oltre quel vasto percorso della filosofia moderna (e della storia moderna) che conduce, secondo questa visione storico-filosofica, al nichilismo post-heideggeriano.
Heidegger alla metafisica, ovvero di non aver compreso che cos'è l'«essere» e di aver reificato Dio, di averlo cioè reso una «cosa», un oggetto, trascurando la differenza ontologica.

La sposa in nero film di coazione a ripetere

Conta la figura drl regista
Non film bello o brutto ma buoni e cattivi registi
Un regista ha uno stile che so ritrova in tutti i suoi film
Il film di.domabi sarà un atto di amore

Libri qualcosa di tattile che aiutano la vita e salvano la vita

 la concessione della cittadinanza cominciò a diventare anche uno strumento di controllo politico oltre che di consolidamento del potere, giungendo spesso come conquista delle varie popolazioni sottomesse dopo periodi di tensioni e conflitto
cimentarsi nella analisi fonti antiche sulla base di categorie concettuali moderne e contemporanee
più complesso per le forme arcaiche

nozione intrinseca certezza diritto è sdrucciolevole e relativa nel tempo nelle diverse conezioni giusfilosofiche
esigenza diritto certo conoscibile prevedibile, dalla fin e66 e illominismo, conjotzaione ideologiche e filosofiche e politiche, dando per impossibile applicare le catergorie stesse per la roma arcaica

FARE IN CONTI CON LE CATEGORIE CONCETTUALI MODERNE anche nell'analisi delle fonti antiche

certsezza diritto ambito complesso e intriso di contenuto retorico, contrapposzione certezza diritto e certezza legge

DIRITTO CERTO certezza diritoo: noprme generali ed astratte, norme presuposto materiale che cononsenta la connoscenza della legge stessa da parte dei destinatari, vi è una uuniformità di intereptazione da parte degli organi giudicanti ,quando vi è una complessiva efficacia dell'ordinamento che a asua volta figlia della stabilità sociale

COMPLETEZZA codice completo affinchè nella musiura il codice sia completo e all'interprete venga lasciata la mini,a libertà possibile. Bocca che pronuncia le parole della legge , non possano moderare ne forza ne rigore. Montesuieu





Liber singularis enchirìdii Pomponio




RE POTERE MANU ( con la forza Ricardo restanus) inziio città prima che i re cominciassero a offrire nomre a l popolo il polo non poteva contare su legge certa e diritto certo

Romolo divide il polo in 30 curie, promulgate leggi , conservati da ius papiriano, DALLA TRATTAZIONE POMPONIANA, con le leggi re il diritto diventa certo
Cacciati i re le leggi svanirono e il popolo romano comincio nuovamente su un duiruttio incerto CONSUETUDINE ALIQUA, 
cadono in disuso leggi re con la cacciata

DIRITTO CERTO VS CONSUETUDINE ( NO CERTEZZA SVANIRE LEGGI REGIE)


legislazione dicivirale, creazione magistratura, obbiettivo scrivere le legge perchè la civitas fosse fondata sulle leggi: prima 10 tavole incisa su tavole, legge dodici tavole su cui la citta si fonda, esposte per essere meglio conosciute,
Decemviri ALIQUID DAES interpretatio, disputatio fori, diritto di provenienza non scirtta
in presenza di una legge scritta, SCANSIONI, CONTRAPPOSZIONI tra consuetudine e ius scriptum, ius scriptum e interpretatio prudentium
contrapposizioni

incertezza a due momenti topici citta nascita e fase tra cacciata re e promulgazione 12 tavole
romolo ad poplum tulit
LEGGI APPRESE , PERCIPII IN MODO APERTO apertius
il solo diritto scritto è il certum

PASSAGGIO INCERTEZZA A CERTEZZA in pomponio legao a due momenti fondativi città: 1 legge certa come inizio ordinamento città, 1 2 le dodicidi tavole vissute come mutamento forma costituzionale

POMPONIO , JUS SCRIPTUM PRIMA SI CONTRAPPONE ALLA CONSUETUTINE POI ALLA INTERPRETATIO PRUDENTIUM, IL SOLO SCRITTUM è CERTUM, IL RESTO è INCERTO OVVERO SOGGETO AD INTERPRETAZIONE (VEDI MONTESQUIEU

L'INTERPRETAZIONE PRUDENTIUM è JUS CONTROVERSUM, INTERPRETAZIONE è INCERTA

CONSIDERAZIONI: leggi regie come leggende, esclusivamente orali, comunicati solennemente al popolo
LA PAROLA CREATRICE , POI ELEMENTO FISSITà
leggi ex regie

tarquinio abolì leggi scritte, DANDO DANNO AI PLEBEIabolendo leggi servo tullio per diritto ugualianza delle genti

12 tavole e leggi regie UDE ISCRIZIONI recuperata una riappese
regie, leggi (lat. leges regiae) In età romana, leggi che, secondo la tradizione, sarebbero state emanate dai sette antichi re, in un arco di tempo compreso fra la metà dell’8° e la fine del 6° sec. a.C. Stando alle fonti, soprattutto letterarie, sarebbero state sottoposte al voto del popolo, riunito allora nei comizi curiati, in maniera non dissimile da quanto avvenne nella successiva epoca repubblicana; ma a giudizio degli studiosi moderni è del tutto improbabile che una procedura tanto evoluta sia stata esperita già ai primordi dell’esperienza costituzionale romana. Verosimilmente erano ordinanze con cui il re, in virtù dei suoi poteri, sanciva pubblicamente, per iscritto, norme di tipo consuetudinario, tramandate prima solo oralmente, ovvero studiate e interpretate in segreto dai collegi sacerdotali. La materia regolata, infatti, sembra essere per lo più quella sacrale, alla quale erano ricondotti gli stessi rapporti che, in base alle categorie moderne, apparterrebbero al diritto civile o penale, in quanto per la violazione delle rispettive norme le leges regiae prescrivevano, in genere, l’applicazione di sanzioni di tipo religioso. Alla fine, esse vennero raccolte dal pontefice Papirio, non meglio noto, in un unico corpus, conosciuto perciò come ius Papirianum.

Sotto l'aspetto della storia del diritto romano, le Tavole costituiscono la prima redazione scritta di leggi nella storia di Roma. Le fonti antiche, per giustificare questa innovazione, parlano di contatti con Ermodoro di Efeso, discendente del filosofo Eraclito. In effetti proprio nel VI-V secolo a.C. il mondo greco conobbe la legislazione scritta.
Secondo la versione tradizionale, tramandata dagli storici antichi, la creazione di un codice di leggi scritte sarebbe stata voluta dai plebei nel quadro delle lotte tra patrizi e plebei che si ebbero all'inizio dell'epoca repubblicana. In particolare, i plebei chiedevano un'attenuazione delle leggi contro i debitori insolventi e leggi scritte che limitassero l'arbitrio dei patrizi nell'amministrazione della giustizia. In quell'epoca, infatti, l'interpretazione del diritto era affidata al collegio sacerdotale dei pontefici, che era di esclusiva composizione patrizia.
Esse furono considerate dai Romani come fonte di tutto il diritto pubblico e privato (fons omnis publici privatique iuris).[1] Secondo lo storico Ettore Pais[2] i redattori non introdussero grandi novità, ma si sarebbero limitati a redigere per iscritto gli antichi mores.
Circolo degli Scipioni L'ideale di humanitas è senz'altro il contributo più alto che il Circolo degli Scipioni offrì alla romanità. Con essa si tende a concepire quegli ideali di attenzione benevola tra gli uomini che prescindono da pregiudizi di etnia, religione e cultura.

In quella prima fase erano solo i mores a identificarsi col diritto romano, e costituivano il modello al quale gli appartenenti alla comunità informavano il loro comportamento: tali modelli derivavano da secoli di usanze precedenti dei pagi[5]. Gli studiosi ritengono che antecedentemente all'età regia, durante cioè la fase pre-civica, i mores si basassero sul comportamento delle familiae e successivamente, a partire dalla metà dell'VIII secolo a.C., anche delle gentes, nel rispetto delle forze naturali, secondo l'interpretazione dei sacerdoti, che a mano a mano li raccoglievano, tramandandoli oralmente e custodendoli in archivi sacerdotali segreti.
In un primo momento i mores non costituirono leggi effettive ma, soprattutto nella Roma precivica, erano precetti unanimemente condivisi ed attuati dalla comunità. Intorno al X secolo a.C. i sacerdoti raccoglievano tramite forma orale (e probabilmente anche per iscritto) tali usi, mantenendoli segreti. In questo periodo erano gli unici detentori di conoscenze giuridiche e uno dei loro compiti consisteva nel rivelare (sempre segretamente) questi usi al soggetto che li richiedesse o piuttosto ad interpretarli nel modo che ritenessero più adatto. Quindi consigliavano al richiedente una condotta da seguire per conseguire un proprio legittimo interesse o per difendersi correttamente da un diritto altrui. Ciò perché nel diritto dell'epoca era insito una forte componente morale, che occorreva dunque rispettare, seguendo determinate ritualità nelle dichiarazioni, nei comportamenti e in generale nell'agire sociale, tanto pubblico quanto privato. Tali modalità continuarono a vigere sia nel periodo regio che in buona parte del repubblicano. Nell'età regia l'interpretazione fu affidata al rex e al Pontifex Maximus, talvolta congiuntamente.
Con la cacciata dei Tarquini si concluse l'età regia e l'unico diritto ritorna a essere le rivelazioni e l'interpretazione dei soli Pontefici dei mores. Però in questo periodo, che durerà circa 50 anni, la plebe comincia a sospettare che i Pontefici interpretino solo a vantaggio della classe sociale alla quale appartengono, i patrizi, a discapito degli stessi plebei.

dal 462 a.C. si creò un movimento plebeo il cui fine era una legislazione scritta, che ottennero circa nel 450 a.C. grazie a undecemvirato legislativo durato due anni, che aveva il compito di elaborare in massime il diritto esistente fino ad allora, dunque per lo più dei mores (secondo alcuni studiosi anche tramite leges regiae, che hanno funto da 'memorizzazioni' dei mores). Poi, dal momento che queste non erano di facile lettura, la loro interpretatio era comunque lasciata ai Pontefici tenuta ancora segreta perciò da ritenere sempre rientrante come interpretatio di mores almeno sino a quando Tiberio Coruncanio non la renderà pubblica e comincerà un'interpretazione laica creando vero e proprio diritto ovvero la creazione del Ius Civile. D'altra parte però le XII Tavole erano un'opera che non poteva riguardare e non riguardava tutti i rami del diritto perciò dove non arrivavano le XII Tavole venivano utilizzati e rivelati i mores[13].

 462 a.C. i plebei, resosi conto che i Pontefici emanavano i mores solo in favore loro o dei patrizi, cominciarono a chiedere un'opera scritta che riassumesse l'essenza dei mores in modo tale da fermare il monopolio dei Pontefici su questi regolamenti orali, tramandati e conosciuti solo dai sacerdoti. Così con un decemvirato legislativo durato un paio d'anni (le fonti sono discordanti) nel 450 a.C. venne emanata la legge delle XII Tavole. Si trattava di una raccolta dei mores fino ad allora esistenti. Poiché l'opera risultò di difficile interpretazione, venne affidata ai pontefici, che mantennero così il monopolio interpretativo, dove le XII Tavole non contemplavano determinate norme. Tutto ciò mutò con Tiberio Coruncanio, primo pontefice plebeo: egli rivelò i rituali e come venivano emanate le XII Tavole e da qui cominciarono i primi giuristi laici.

Presso gli antichi Romani, ciascuno dei membri del collegio a carattere giuridico-sacerdotale presieduto da un p. massimo. Il termine pontifex (da pons «ponte» e tema di facere «fare») inizialmente forse designava colui che curava la costruzione del ponte sul Tevere. Il numero dei p. variò nel corso del tempo, ma il mutamento più significativo si verificò nel 300 a.C., allorché la lex Ogulnia lo portò da 5 a 9, aprendolo alla partecipazione dei plebei. In precedenza, la condizione patrizia era requisito indispensabile per accedere al pontificato, in base a un procedimento di cooptazione. I p., sommi garanti dell’ortodossia del rito nazionale, custodi e interpreti delle tradizioni giuridiche romane, consuetudinarie e legali, non assolvevano, al contrario di altri sacerdoti, a precise funzioni di culto: stabilivano in base a quali regole un qualsiasi rito – sacrale, processuale o negoziale che fosse – doveva essere compiuto, perché potesse considerarsi valido, e tali regole erano di volta in volta comunicate, a chi lo richiedesse, tramite responsa, che assumevano la veste di decreto collegiale, se l’interlocutore era un magistrato cittadino, di semplice consulto individuale, se invece si trattava di un privato. Per lungo tempo i pontifices, primi giuristi della storia romana (e perciò occidentale), esercitarono la loro attività giurisprudenziale in segreto, conservando così il monopolio della scienza giuridica, la cui metodologia rimaneva oscura ai più. A partire dalla fine del 4° sec. (e dopo la citata lex Ogulnia) esercitarono le loro funzioni in maniera più trasparente e aperta, tanto che intorno al 250 T. Coruncanio, primo pontefice massimo plebeo, dette responsi in pubblico. Ciò favorì la formazione di una giurisprudenza laica, in quanto lo studio del diritto divenne, logicamente, possibile anche a chi p. non era, sebbene solo nel campo del diritto civile, giacché in quello sacrale il collegio continuò ad agire in condizioni di monopolio. Augusto fece propria, nel 12 a.C., la carica di pontefice massimo, che sarebbe rimasta prerogativa di tutti i successivi imperatori, fino all’era cristiana inoltrata.
Ha avuto per anni il totale controllo del diritto romano. Infatti regolava i fasti e compilava annualmente la tabula dealbata e gli annales pontificum oltre ad avere il compito di interpretare i mores e collaborava per l'emanazione della lex regia insieme al rexGaio Giulio Cesare fu pontefice massimo, come anche gli imperatori che regnarono dopo di lui, fino al 375, quando Graziano rinunciò alla carica, perché ritenuta incompatibile con la religione cristiana ch'egli professava.


certezza scrittura e diritto. fine scrittura fine tarquini fine periodo etrusco
guarentigia egualinza cittadini: scrittura e esposizione leggi
EQUITà NON NELLA SCRITTURA MA NELLA MAGGIORE O MINORE BONTà DELLA LEGGE
conquista oklebea lkegge dodici tavikle  contro abusi magistrato, VOCAZIONE POLITICA 12 tavole
non un codice ma una costituzruolo plebeo : terentilio ars tribuno plebe critica asperrima consolato, peggio dei re, istituzione 5 uomini per limitare la licenzia ovvero arbiotrio degli uomini, LIMITARE IMPERIUM CONSOLI
plebe sconfitta, la plebe cambia e assume ATTEGGIOAMENTO MODERATO CONCILIANTE
non leggi sull'imoerium ma utile sia a patrizi che plebei UGUALIANZA, prima fonmda sul conflitto la seconda sul consenso. sono i patrizi a scriverle, demandate a loro, ugualianza giuridica cittadini
recupero dei mores non sovvertimento, certezza più tradizione
corpus omnis romanis iuris mancava qualcosa nel decemvirato. dionigi conferma INCOPLETEZZA, POI TUTTE AFFISSE AL FOro
sensazioni con cetgorie romane che il corpus aveva tutto quello che serviva, è mutila ma possiamo acclarare.  alcuni diritti dati per presupposto DIRITTI NATURALI
necessità regolare vendita filius
tutto diritto utile
I SACRA PONTEFICI DECIDONO MANTENERE SEGRETA PARTE RELATIVA ALLA RELIGIIONE

legislatori vs pontefici
dodici tavole rappresentan0o invasione dei legislatori nella sfera tipica diritto
dopo incendio gallico
reazione pontefici e sconfitta storica sui legislatori
12 tavole riportate al collegio pontificale

non nascosta mancipatio o ius vocatio
ma nascosti i sacra

grammatica nazione come poemi omerici clasici per i greeci sono sta e le dodici tavole

romolo fonda sulla leggi








No bulobilee altoborghesi non vacibati contro il kitsch.  La volgarità visconyiana. Sergio leone regista plebeo quantaltri mai.

Vaghe storia dell orsa autobografico

pazientare entrare uscire ed essere pronti
svolta importante nella storia della democrazia romana in quanto diede luogo al formarsi di un nuovo tipo di nobiltà (nobilitas) patrizio-plebea che, consentendo una continuità nel governo della repubblica, ne costituirà uno dei principali elementi di forza nella sua espansione economica e militare.


Appio Claudio era propenso a sedare la rivolta con le armi, mentre Publio Servilio era orientato a trovare delle soluzioni di compromesso.




tirannia della maggioranza


ermeneutica e relativismo

secondo la mentalità dei Romani

Il collegio degli Auguri, assieme ai restanti collegi sacerdotali, finì con l'essere abolito dall'imperatore Teodosio I alla fine del IV secolo.[7]
Le leggi, fino al 450 a.C. circa (promulgazione delle Leggi delle XII tavole da parte dei Decemviri), erano tramandate per tradizione orale da un pater familias al successore e solo i patrizi avevano accesso a questa conoscenza. L'ovvia conseguenza era che le interpretazioni delle leggi, e perfino la decisione di quale fosse il giorno giusto per il dibattimento di una causa, restavano in mano ai patrizi attraverso i collegi degli auguri che decretavano i "giorni fausti" e i "giorni infausti".


I patrizi, quindi, finirono per abusare della loro posizione dominante utilizzando ad esempio l'istituto del nexum per portare i debitori alla schiavitù, favorendo il loro ordine nelle cause contro i plebei e annullando le decisioni dei comizi centuriati.

Essendo l'esercito romano composto per lo più da cittadini agricoltori, le continue guerre di Roma con i popoli vicini rendevano spesso impossibile alle famiglie della classe plebea, che si sostenevano con il diretto lavoro dei campi svolto dal capofamiglia e dai figli maschi, pagare i debiti che contraevano per sopravvivere durante la loro assenza. La conseguente e fiscale applicazione del nexus permetteva perciò al patriziato di impadronirsi delle terre e perfino delle vite degli sfortunati agricoltori-combattenti e dei loro famigliari.



Livio nota che l'armamento previsto per ogni classe era a carico del soldato stesso (tranne i cavalli, pagati dallo stato 10000 assi per cavallo + 2000 assi/anno) e che a maggiore censo si accompagnavano, oltre a maggiori costi per le armi, anche un maggiore peso politico.



« Il servizio militare era a carico dei più ricchi, che però ottenevano anche i maggiori diritti politici; (...) il voto non fu più per testa, come era stato istituito da Romolo; anzi furono istituite delle differenziazioni in modo che a nessuno sembrasse di essere stato escluso dal voto, ma anche in modo che tutta l'autorità risiedesse nei cittadini più ricchi. »
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I, 43.)


il mondo è piccolo
Cacciari però da ultimo sembra nutrire un ambivalente spiacere che
la Chiesa abbia (finalmente, come auspicava lui da decenni)
abbandonato la funzione di katechon. In un’intervista ad Avvenire,
dice: «Che la nostra sia un’epoca apocalittica mi pare indubbio.
Viviamo in una dimensione globale che neppure l’Impero romano aveva
conosciuto e questo comporta una continua omologazione dei princìpi,
dei comportamenti, dell’etica. Ci siamo lasciati alle spalle i
totalitarismi, che si presentavano esplicitamente come forze
prometeiche, anticristiche e, in quanto tali, chiamavano in causa il
katechon, la cui funzione era esercitata da altri poteri, sia politici
sia religiosi. Ora (...) l’Anticristo si mostra con il suo volto
conciliante e il rischio è che la Chiesa non riesca a presentarsi come
segno di contraddizione in un mondo ormai assuefatto all’indifferenza.
Nietzsche aveva visto giusto: “oggi davvero chi va per strada alla
ricerca di Dio viene prima deriso e poi guardato con indifferenza”.
Finito il katechon, per lui «non trapela più il raggio di una
possibile redenzione. Ma non si avverte neanche il frastuono
dell’apocalisse. Piuttosto il deserto del nulla – la gestione tecnica
come forma anomica dell’età globale. Esaurito lo spazio del sacro,
viene meno anche quello del politico che ad esso corrisponde»
hegelismo: quella gnosi tedesca che asserisce che
la realtà non è da scoprire (contemplare) ma essendo tutta interna al
soggetto, va’ «costruita». E più precisamente, e singolarmente in un
gruppo che si etichettava «di destra» come quelli attorno a Bush,
qualcosa di identico all’hegelismo di sinistra. Quello di Marx che
proclamò «niente più metafisica», e ingiungeva alla filosofia: «Basta
interpretare il mondo, è ora di cambiarlo» (col che, rigettava la
verità per l’azione); e che ha l’espressione più estrema in Trotsky
(Bronstein) con la sua teoria della Rivoluzione Permanente: il rifiuto
di riconoscere alla rivoluzione comunista un obbiettivo determinato
per andare sempre oltre, in un movimento continuo di «liberazione»
armata senza limiti.
«La rivoluzione non termina dopo questa o quell’altra conquista
politica, dopo aver ottenuto questa o quell’altra riforma sociale, ma
che continua a svilupparsi fino alla realizzazione completa del
socialismo», scriveva Trozky. Le «sempre nuove realtà» create
«dall’azione» di «noi che ora siamo un impero», a forza di distruzioni
e violazioni del diritto, menzogne e bombe, non sono certo distanti
dall’utopia sanguinosa del Trotzkismo, il movimento senza fine
dell’incendio che tutto brucia e sconvolge; senza mai quiete, perché
Colui che manca di essere, il Filius Perditionis, l’Anomos, cessa di
essere se cessa di agire, se cessa di uccidere.
questa non è più la
maniera in cui il mondo funziona: adesso siamo un impero e, quando
agiamo, noi creiamo la nostra realtà. E mentre voi studiate questa
nuova realtà, ragionevolmente come fate, noi agiamo ancora, creando
altre nuove realtà, e voi studierete anche queste. Noi siamo gli
attori della storia, e voi, tutti voi, sarete ridotti solo a studiare
quel che noi facciamo». (Suskind, Ron (2004-10-17)
i pensiero corre agli insegnamenti segreti o riservati
di Leo Strauss, il guru rabbinico dei neocon, da Paul Wolfowitz a
(scendendo in provincia dell’impero) Giuliano Ferrara. Strauss
insegnava verbalmente a pochi discepoli fidati che il potere deve
basarsi sull’inganno perpetuo del popolo ignaro, mentre coloro che
sono degni di comandare (Illuminati) sanno che non c’è moralità, né
Dio né religione, né altro diritto naturale che quello del superiore
di comandare sull’inferiore. Da qui, per esempio, il fatto che i
neocon siano personalmente atei ma favorevoli alla religione come
strumento per tenere a freno il popolo: atei devoti.
ricorrente in tutte le gnosi, antiche e moderne
e post-moderne, il disprezzo profondo per il diritto, le norme
istituzionali in genere, e la morale in particolare. Da qui «il
dualismo sociologico tipico di ogni gnosi: da una parte coloro, gli
illuminati (pneumatici o spirituali), che possono compiere indenni
ogni esperienza, anche quelle aberranti; dall’altra gli altri uomini,
i carnali, che sono tenuti ad una regola di vita precisa» (E. Samek
Lodovici, «Metamorfosi della Gnosi», 1991, p. 10).
Pfaff addita la undercurrent ‘religiosa’ (o
pseudo-religiosa) che ha sta dietro questa deriva:
«Essa si fonda sul sentimento americano di eccezione nazionale. Il
Paese si considera unico nella storia per virtù delle sue origini
costituzionali (...). Gli Stati Uniti sono ritenuti, da molti
protestanti americani, una nazione di origine divina, o che è
investita da un mandato divino, che la esenta dall’adeguarsi agli
standard richiesti dalle altre nazioni. Per molti americani, se non la
maggior parte, una nazione con origini come le nostre non può essere
tenuta ad obbedire alle norme del resto del mondo».

Enfant gaté

Adorno metafora della tipologia di ascoltatore per la crescita spirituale

La pneumatologia, intesa come lo studio generico delle "sostanze spirituali", cioè lo spirito, diventa quindi uno studio molto vasto, cui i concetti filosofici e teologici sulla definizione di "spirito" si intrecciano a più riprese lungo i secoli. Nella spiritualità e nelle filosofie dell'estremo Oriente si usavano termini come namas, una voceHindi per indicare l'inchino o la riverenza allo spirito divino interiore di ogni individuo.

Immagine vera dentro qualcosa per lo spettatore quello che vede non è ciò che pensa sia realtà,  dietro cé qualcosa un mistero tensione emotività una scelta politica,

Nel linguaggio dei fiori la maggiorana ha ispirato il simbolo della bontà e del conforto per le sue proprietà e a questo simbolo nell'ottocento si aggiunse anche quello dei piaceri campestri. In considerazione del fatto che le radici della maggiorana sono molto superficiali e quindi è una pianta che può essere divelta con estrema facilità, ha anche evocato il simbolo dell'uomo contemplativo che, pur essendo radicato nella terra giusto il tanto necessario è fondamentalmente rivolto verso il cielo, verso le cose spirituali.


Il bardo è lo stato della mente dopo la morte, è lo stadio intermedio, quando la coscienza viene separata dal corpo. Il bardo rappresenta lo stato tra la vita passata e quella futura. Nel bardo, la mente acquisisce un corpo mentale simile a quello del sogno ed ha il potere di raggiungere qualsiasi luogo, in qualsiasi momento senza alcun ostacolo. La durata massima dello stato del bardo è di 49 giorni, ma in qualsiasi momento la coscienza può assumere una nuova vita, in uno dei sei reami descritti nel Buddismo. Questo dipende dal karma delle vite passate e soprattutto da quello della vita precedente. La vita nel bardo è fatta di sofferenze, sia per la non accettazione della propria morte, sia per l’attaccamento a se stessi, alla famiglia, agli amici, ai propri averi, ecc.

Il “Libro Tibetano dei morti” spiega in modo dettagliato le allucinazioni e le esperienze che avvengono nello stato del bardo, ed introduce al riconoscimento dello stato illusorio del corpo e della mente. La pratica del “kusum-lamkhyer” o “prendere i tre Kaya nella pratica”, è una pratica da seguire durante la vita quotidiana, per prepararsi alla morte, al bardo ed alla reincarnazione.
“Noi dobbiamo accettare il peso di questo tempo triste: dire ciò che sentiamo e non ciò che conviene dire”. È ciò che dichiara Edgard sul finire di una tra le più grandi tragedie della storia del teatro, che il Bardo scrive intorno al 1605. Ma per raggiungere questa consapevolezza capace di distinguere la parola falsa dalla parola vera, l’uomo ha dovuto passare attraverso la violenza, il dolore, la sopraffazione, la follia e la morte. Ecco cos’è e cosa rappresenta oggi il Re Lear: un cammino crudele verso il centro dell’uomo. L’uomo si libera, dolorosamente, degli strati di cui egli stesso si è vestito per sembrare “uomo” e scopre che, al termine, libero da finzioni, non c’è nulla, non c’è nient’altro che l’uomo nudo e solo, un verme della terra. È un viaggio senza speranza né redenzione né ritorno. Lear da re non vede, non sente, non distingue la vuotezza e la falsità dal vero, né riusciranno Kent, Cordelia e il Matto a far sì che egli veda. Il medesimo destino per Glocester che non distingue il figlio buono da quello cattivo. Entrambi vedranno e capiranno solo quando saranno ciechi e folli. Quando alla fine della loro iniziazione vedranno la luce e proveranno gioia, sarà solo per ricadere nel buio e per morire.
Lear è un re che rinuncia al trono per tornare ad essere uomo tra gli uomini. Da questa abdicazione, che è l’abbandono delle convenzioni che tengono insieme l’organismo sociale, egli riparte. Spogliato ormai dal proprio ruolo intraprende un percorso iniziatico alla ricerca della comprensione di se stesso. La tragedia di Re Lear rappresenta la fine di un’epoca. Per questo nello spettacolo di Michele Placido e Francesco Manetti il palcoscenico in cui si muovono i personaggi è disseminato di macerie: sono i simboli del ciclo continuo di catastrofi e ricostruzioni. Ed è proprio qui, nel sangue e nella distruzione, che si intuisce ancora una volta il potenziale di rinascita, la speranza ultima e profonda che risiede nei valori dell’amore e della verità.

A quest'ora il suo pensiero non esisterebbe più

prometeiche, anticristiche
Il potere, quando si riduce all’ordinaria amministrazione, diventa impotente.
Posso prendere in considerazione solo il fatto eccezionale della minaccia presente e immediata alla mia vita da parte di un'altra vita: l'aggressione in atto e il diritto alla difesa. Non c'è nessuna guerra nè santa nè giusta, nemmeno la guerra di liberazione. Nessuna causa giusta può rendere giusto ciò che è ingiusto. Questa è la desacralizzazione del potere, il potere ricondotto a se stesso, l'uomo ricondotto alla sua responsabilità adulta, al suo dramma spaventoso di impotente-onnipotente: quando l'altra minaccia di ammazzarmi la mia legittima difesa - pure legittima - non ha nulla di sacro o di giusto, è solo espressione della mia scelta di caricarmi del peso della colpa per continuare ad esistere. Invece che caricarci del peso della colpa, invece che della responsabilità, vogliamo l'assoluzione previa, vogliamo l'irresponsabilità attraverso la religione o la morale o l'ideologia. Ma nessuno può decidere per me, tanto meno in questo caso, e a me resta sempre la possibilità di sacrificarmi quale agnello immolato. Ma nessuno può decidere per me, nessuno può togliermi il diritto di continuare ad esistere. Solo io posso farlo oppure posso caricarmi della colpa. Tertium non datur. Questa è, mi pare, la desacralizzazione del potere, là dove il potere ha la sua radice, nel potere sulla vita o sulla morte. Questa uguaglianza è certo più terribile.
questa radicale affermazione dell'uguale valore infinito di ogni persona, per cui nessuno può essere trattato da nessuna politica come un bene a disposizione, come merce di scambio. Nessuno stato, nessun gruppo politico può mai disporre del sacrificio della vita altrui. E quando ciò avviene, come nella guerra, ciò non può avere nessuna giustificazione nè religiosa, nè morale, ma può essere considerato solo come fatto esistenziale nella sua nuda datità.
uguaglianza sostanziale di tutti gli uomini, per cui nessun uomo può per natura esercitare un "potere di signoria" su un altro uomo, ma solo un "potere civile" fondato sul consenso, nè è in alcun modo ammissibile una differenza tra razze o gruppi umani diversi,
una concezione paternalistica dei rapporti politici, secondo cui il popolo non sarebbe stato validamente in grado, da sé, di adottare qualsivoglia decisione.
statuto lavoratori
libertà e dignità
diritti individuali
libertà di opinione

diritti collettivi
strumenti

la linea di divisione fra i partiti progressisti e partiti reazionari cade perciò ormai, non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire, ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa coloro che concepiscono, come campo centrale della lotta quello antico, cioè la conquista e le forme del potere politico nazionale, e che faranno, sia pure involontariamente il gioco delle forze reazionarie, lasciando che la lava incandescente delle passioni popolari torni a solidificarsi nel vecchio stampo e che risorgano le vecchie assurdità, e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistato il potere nazionale, lo adopereranno in primissima linea come strumento per realizzare l'unità internazionale.



"Credo che nell'ultimo secolo l'essenza del potere umano si sia svelata a noi in un significato del tutto particolare. Infatti è strano che la tesi della malvagità del potere si sia diffusa proprio a partire dal XIX secolo. Avevamo pensato di aver risolto o almeno appianato il problema del potere, affermando che il potere non proviene nè da dio nè dalla natura, ma piuttosto da un patto che gli uomini stipulano tra loro. Che cosa dovrebbe ancora temere l'uomo, se dio è morto e il lupo non è altro che uno spauracchio per bambini? Ma proprio dall'epoca in cui questa umanizzazione del potere sembra essersi definitivamente realizzata - e cioè dalla Rivoluzione Francese - dilaga irresistibilmente la convinzione che il potere sia in sé malvagio. Il detto 'dio è morto' e l'altra enunciazione 'il potere è in sé malvagio' derivano entrambi dallo stesso periodo storico e dalla stessa situazione, vogliono dire la stessa cosa" (Geschpräch über die Macht und den Zugang zum Machtaber, 1954).

Pufendorf

riduzione del diritto ad unità concettuale: si tratta di una teoria più soggettivistica del diritto, ossia diritto come comando scaturente dalla ragione dell'uomo in quanto tale e non oggettivistica, nel senso di un diritto che sorge dalla natura delle cose. Per Pufendorf il diritto è un comando che un superiore emette nei confronti di un subiectus, trattasi di Dio nel caso della legge di natura o del Re, nel caso della legge positiva. La sanzione è ciò che rende il comando dell'autorità efficace, la sanzione serve a discriminare le zone di diritto, dalle zone non disciplinate dal diritto, quelle zone, cioè, costituite da un'isola di libertà che consta di azioni non esplicitamente vietate. (teoria volontaristica e non naturalistica del diritto)
separazione tra giurisprudenza e teologia morale: le distinzioni fra legge morale e diritto attengono a tre diversi profili. Sotto il profilo della conoscenza, il diritto è conoscibile mediante ragione, il diritto divino invece mediante rivelazione. Sotto il profilo del fine, il diritto ha come fine la vita terrena, quello divino riguarda la vita ultraterrena. Infine da un punto di vista dell'oggetto, il diritto riguarda le azioni esterne, la legge morale invece le azioni interne. Si perviene così a una laicizzazione del diritto verso la libertà di coscienza e di religione, distinguendo l'ambito religioso da quello giuridico. Si pone inoltre indirettamente al legislatore un limite per gli ambiti da disciplinare, dovranno perciò essere esclusi quegli ambiti che si riferiscono alle azioni interne o comunque quelle azioni che non si riverberano su atti esterni.


Grozio è considerato, insieme a Francisco de Vitoria, il padre del diritto naturale in epoca moderna. Inoltre, nella sua opera De iure belli ac pacis traccia un quadro completo delle tendenze che poi porteranno al razionalismo moderno.

Una delle teorie giusfilosofiche più importanti formulate dall'olandese fu quella del "contratto sociale"', e cioè «che lo stato di natura deriva dalla tendenza dell'uomo che è portato a istituire con gli altri simili una determinata forma di comunità politica, pacifica e concorde » (appetitus societatis).

Il contratto sociale si attua quando lo stato di natura diventa impraticabile, violento ed insicuro per l'aumento dei bisogni, per la diminuzione delle ricchezze disponibili e per il nascere degli istinti egoistici.

In questo caso gli uomini, in vista di un'utilità comune, passano dallo stato di natura allo stato civile trasferendo a un sovrano, mediante un patto, il potere di far coercitivamente rispettare la sfera di interessi di ciascun individuo, di mantenere l'ordine sociale e la pace.

Questo contratto, in cui si fissano i diritti del singolo ed i poteri del sovrano, crea lo Stato e il suo potere nonché le due distinte sfere di diritto pubblico e diritto privato. Lo Stato viene concepito da Grozio come un macroindividuo che è in grado, come un individuo, di tenere dei rapporti con gli uomini diversamente dalla polis greca o dai corpora medioevali. Quest'idea accompagna lo sviluppo della borghesia e si traduce nell'idea giusnaturalistica secondo la quale l'uomo possiede strumenti necessari per conoscere e conseguentemente arrivare a dominare il mondo grazie alle nuove scoperte scientifiche.
Il nocciolo di Marx è la critica al capitalismo, perché il capitalismo non è coerente con lo sviluppo delle forze produttive, che è per sua natura infinito. Una volontà di potenza espressa, l'ente è volontà di potenza, non volontà sola (Schopenhauer...), ma di potenza, l'ente è potenza. Potenza che deve giungere all'atto, e il capitalismo impedisce all'ente di passare dalla potenza all'atto. E l'atto è l'espressione dell'infinita potenza creativa dell'ente, di quel soggetto che Severino dice – ma è quel soggetto che pone l'interrogazione? L'interrogante è questo soggetto uomo? E questo è il problema che sollevavo con la mia ultima domanda


energheia, composto di en intensivo e ergon opera, azione
Dal gr. enérgeia ‘forza in azione’ (opposto a dýnamis ‘forza in potenza’)
l’etimologia greca della parola ‘energia’, che in greco si scrive ἐνέρεια (energheia) un termine che ha numerose connotazioni in diversi campi, ma in questo caso è utilizzato per la sua accezione filosofica introdotta nell’antichità da Aristotele. Con essa il filosofo greco intendeva esprimere un’azione efficace. Fu durante il Rinascimento che, ispirandosi proprio a questa concezione, il termine fu associato all’idea di forza espressiva.

si realizza come potenza in atto, creatrice
Gli gnostici ofiti, o naaseni, veneravano il serpente, perché, come narrato nella Genesi (3,1), era stato mandato da Sophia (o era lei stessa nelle sue sembianze) per indurre gli uomini a nutrirsi del frutto della conoscenza, al fine di infondere in loro la gnosis di cui avevano bisogno per svegliarsi dagli inganni del malvagio Demiurgo ed evolversi a Dio.
Mistero Esterno usato come introduzione allagnosis.
Nella creazione del mondo materiale ad opera Demiurgo però, Sophia riuscì ad infondere la sua Scintilla Divina (pneuma) nella materia, impermeando dunque il creato della sua Divinità (Divinità dunque presente nel cosmo e quindi in tutte le forme di vita sotto forma di anima), e rovinando i piani del Demiurgo. Riaccendendo la scintilla divina che è in lui infatti, l'uomo si risveglia dagli inganni del Demiurgo e del mondo materiale, e accede alla Verità oltre la realtà.

Fallimento arrivò dal successo. Campana di vetro non vaccinati contro corruzioni e tentazioni che il successo portò con sé. Sparta ombra di se stessa , museo vivente. Mito di Atene. Sparta no lo guerre civili. Tradizione politica basata sulla stabilità. Spartani incarnavano ideali virtù della civiltà greca per Socrate Senofonte Platone.
Sparta idealizzata rinascimento nella sua oligarchia per la stabilità. Modello per Venezia.
Rousseau considerava semidei. Rivoluzione francese e morte con onore.
Sparta e Jefferson, con Tucidide contro instabilità democrazia ateniese . Modello padri fondatori Sparta.
Atene culla della democrazia greca non americana.
Sparta e Hitler.
Onore importante componente vita dell'uomo.  Vivere senza onore per mezzi materiali. Morte è resoconto vita.
Crudeli egoisti e chiusi mentalmente. Mirare alla superiorità onore al costo dlla libertà, persino la propria: simbolo di quanto l'essere umano debba lottare per poter dominare.

Storia geografia demografia e fortuna con Epaminonda contro

Società non aperta a innovazioni, conservatrice restia al cambiamento priva di elasticità mentale per nuove forze,  contro borghesia tebana, l'antipode spartano è l'ateniese Alcibiade. Oltre forza e valore la conoscenza scientifica. Sottoporre giovani alla tortura. L'ideale spartano al valore contribuì al suo declino.  Sparta razzista praticante dell eugenetica. Irrazionali. Calo demografico. Onore sopra ogni cosa, restia ad ogni nuova ideologia o classe di potere. Stato non completamente in contatto con la realtà. Sparta Russia. Sparta politica interna post prima  guerra.

Mondo luogo sfruttato bene individuale, aggressività imperialista spartana



Sono pienamente d’accordo con te sul significato e sul valore educativo della metodologia, così come della storia e della filosofia della scienza. Oggi molta gente – perfino scienziati professionisti – mi sembra come chi ha visto migliaia di alberi ma non ha mai visto una foresta. Una conoscenza dello sfondo storico e filosofico dà quel genere di indipendenza dai pregiudizi della propria generazione, di cui la maggioranza degli scienziati sta soffrendo. Questa indipendenza creata dall’indagine [insight] filosofica – a mio parere – costituisce il tratto che distingue un mero artigiano o specialista dal vero ricercatore della verità.

einstein
Si tratta di realizzare che, nel modo in cui il problema era stato formulato, c’era qualche assunzione implicita e pregiudiziale che doveva essere abbandonata.
Sophia risiede in tutti noi sotto forma di Scintilla Divina e Cristo fu inviato sulla terra per accendere la scintilla divina (pneuma o gnosi) che è nell'uomo, risvegliandolo dagli inganni del mondo e del Demiurgo.
Nello gnosticismo il mondo del Demiurgo è rappresentato dal mondo inferiore, che è associato con la materia, la carne, il tempo e più particolarmente con un mondo imperfetto, effimero. Il mondo di Dio è rappresentato dal mondo superiore ed è associato all'anima e alla perfezione. Il mondo di Dio è eterno e non rientra nei limiti della fisica. È impalpabile, e il tempo non esiste. Per arrivare a Dio, lo gnostico deve raggiungere la conoscenza, che mescola filosofia, metafisica, curiosità, cultura, saperi e i segreti della storia e dell'universo
gnosi raggiunta predicando filantropia, la diligente ricerca della saggezza aiutando gli altri
conoscenza, illuminazione, salvezza, emancipazione o unicità con Dio
Gli gnostici dunque erano "persone che sapevano", e la loro conoscenza li costituiva in una classe di esseri superiori, il cui status presente e futuro era sostanzialmente diverso da quello di coloro che, per qualsiasi ragione, non sapevano.
assimilato in ogni substrato culturale ciò di cui aveva bisogno per la sua vita e per la sua crescita: il motivo portante di questa corrente di pensiero è il pessimismo filosofico e religioso. Gli gnostici, ad onor del vero, presero in prestito quasi completamente la loro terminologia dalle religioni esistenti, ma la usarono solamente per illustrare la loro grande idea del male insito nell'esistenza ed il dovere di fuggirlo con l'aiuto di incantesimi e di un Salvatore sovrumano. Qualunque cosa abbiano preso in prestito dalle altre religioni, sicuramente non fu il pessimismo
formazione marxista verso il post-marxismo gnostico
relativizza l'assoluto, e assolutizza il nulla.
Pertanto si tratta di destini segnati, di condizioni oggettive fissate dalla realtà e dalla necessità.
Cacciari si rifà al mito più che altro linguistico (dal momento che è in effetti una concezione distorta e irreale la sua), che appunto negando ogni soggettività dell'etica, sia dunque la "dimora" - ethos in origine - a radicare l'uomo alle proprie radici, a una stirpe, a una polis, a un linguaggio.
Bloy scandiva la storia in tre fasi: riteneva Cristo - "il Figlio" - solo la penultima rivelazione, attendeva e propugnava l'avvento della terza figura, il Paracleto" (pag. 210).
"Shiva, Kali, Dioniso esistono: sono numina, forze che dormono nella psiche, nel sesso, nel corpo. Il loro silenzio secolare - mai completo, del resto - non inganni: come sapeva Plutarco, "desinunt isti, non pereunt
l'ombra cupa di una luna nera, il profilo di una Lilith stagliarsi all'improvviso, un'oscura divinità, (sono queste le Sue parole) "Kali o un dio-femmina", che ridonda poi in Dioniso, nella Shakti, o nell'Anticristo, e adddirittura nei riti del sangue, da quello del culto azteco del "Dio scuoiato" - cuori strappati con coltelli di ossidiana - fino a "Il silenzio degli innocenti": metafore e non solo tali, del pensiero della "dissoluzione ", che sembra aver infettato come un virus demoniaco le basi stesse di una "cultura" che si protesta tale (di "sinistra", e viene qui in mente il rito romano della "fiducia", la "iunctio dexterarum").


1] 1 Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, 2 di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente. 3 Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti verrà l’apostasia e si rivelerà l’uomo dell’iniquità, il figlio della perdizione,4 l’avversario, colui che s’innalza sopra ogni essere chiamato e adorato come Dio, fino a insediarsi nel tempio di Dio, pretendendo di essere Dio. 5 Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, io vi dicevo queste cose? 6 E ora voi sapete che cosa lo trattiene perché non si manifesti se non nel suo tempo. 7 Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo colui che finora lo trattiene. 8 Allora l’empio sarà rivelato e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà con lo splendore della sua venuta. 9 La venuta dell’empio avverrà nella potenza di Satana, con ogni specie di miracoli e segni e prodigi menzogneri 10 e con tutte le seduzioni dell’iniquità, a danno di quelli che vanno in rovina perché non accolsero l’amore della verità per essere salvati. 11 Dio perciò manda loro una forza di seduzione, perché essi credano alla menzogna 12 e siano condannati tutti quelli che, invece di credere alla verità, si sono compiaciuti nell’iniquità.

(San Paolo: dalla seconda lettera ai Tessalonicesi)

[2] apostasìa s. f. [dal lat. tardo apostasia, gr. ἀποστασία «defezione», der. diἀϕίστημι «distaccarsi»].
Ripudio, rinnegamento della propria religione per seguirne un’altra. In partic. , nel diritto canonico cattolico, l’abbandono totale (diverso quindi dall’eresia, che è abbandono parziale) della fede da parte di un battezzato, manifestato esteriormente in modi non equivoci e con la volontà e coscienza di abbandonarla (il passaggio ad altra fede è solo una circostanza aggravante).

[3] ecpiròṡi (alla gr. ecpìroṡi) s. f. [dal gr. ἐκπύρωσις, der. di πῦρ «fuoco»]. Secondo la dottrina stoica, conflagrazione universale che distruggerebbe il mondo al termine di ogni suo ciclo (grande anno o anno cosmico).

[4] Epimeteo (gr. ᾿Επιμηϑεύς) Nella mitologia greca, uno dei quattro figli del titano Giapeto e dell’Oceanina Climene (o di Asia), fratello di Prometeo, del quale E. è l’antitesi; tanto «accorto in ritardo» (secondo l’etimologia del nome), quanto Prometeo era previdente. Benché ammonito da Prometeo di non accettare doni da Zeus, E. accolse la bellissima Pandora mandatagli da questo e divenne così responsabile delle sventure dei mortali, sia perché la donna sarebbe per sé stessa un male, sia perché Pandora aprì il vaso dei mali. Da E. e Pandora nacque Pirra.