mi parlava della luce di gennaio sulle scale della stazione
mi diceva che questa città doveva essere decifrata come uno spartito,
che ci si poteva perdere tra le masse orchestrali
e l'accumulo dei dettagli
Ciò aveva creato l'immagine volgare di Tokyo:
sovrappopolata, megalomane, disumana.
Lui riteneva di intravedere cicli più impercettibili, ritmi,
insiemi di visi catturati al volo, diversi e precisi come un gruppo di strumenti.
A volte il paragone musicale coincideva con la realtà stessa:
la scala della Sony a Ginza, era proprio uno strumento musicale:
ogni scalino una nota.
Tutto legava bene, come le voci di una fuga un po' complessa,
ma bastava afferrarne una e non lasciarsela scappare.
Gli schermi televisivi, ad esempio:
da soli tracciavano un itinerario
che a volte si concludeva in loop inaspettati.
Mi scriveva: perfino tra i mercatini di componenti elettronici,
che qualche matto usa per farne dei gioielli, c'è nella partitura di Tokyo
una pentagramma particolare tale da condannare noi europei a un vero
e proprio esilio sonoro.
E' la musica dei videogiochi"
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