«Le teorie, diceva Popper, sono reti gettate per catturare quello che noi chiamiamo ‘il mondo’. Ci sforziamo di rendere la trama sempre più sottile». Ma qualcosa sfugge sempre, pesci piccoli e, di necessità, l’acqua in cui vivono: le reti catturano forme solide, mentre si lasciano sfuggire il fluido informe. Ogni rete, oltre a un punto difettoso, possiede anche un che di perturbante: come gli organismi viventi, si organizza da sé, trasforma il disordine in ordine, impone le sue norme, forse è lei il vero Soggetto. In un racconto di Primo Levi, “A fin di bene” (composto intorno al 1970), si immagina che una Rete telefonica, estesa all’Europa intera, giunga ad un tale livello di complessità da comportarsi come un centro nervoso: acquisisce coscienza e volontà, “autonomia”, s’intromette nelle conversazioni private, cercando di assumere il controllo delle vite degli umani.
Prima che siano gli uomini a comunicare, sono le cose stesse a tessere fra loro scambi d’informazioni. Un pezzo di cera (metafora cartesiana, ripresa da Gaston Bachelard), un cristallo (Bravais a metà Ottocento ne mostra le strutture reticolari), una roccia metamorfica, una molecola di penicillina o la pagina su cui scrivo, sono tutti supporti oggettivi, che ricevono, conservano e restituiscono informazione.
La rete è modello eminente per il flusso comunicazionale: su di essa, annunciò Michel Serres negli anni Sessanta, transita Ermes, dio dei commerci e dei ladri, messaggero degli dei, angelos mediatore. Chi si pone “tra” e abita la soglia può consentire il passaggio ma può anche deviarlo e parassitarlo; nessuna comunicazione è ottimale, qualcosa lungo la rete si disperde, entropia delle piccole energie. La monadologia leibniziana è il primo esempio di un universo di comunicazioni; lì gli scambi sono regolati dalla mediazione onnisciente di Dio, dalla sua “armonia prestabilita”, emblema della complicazione più che della complessità, dato che l’ordine, pur non disponibile alla mente umana, rimane orizzonte di riferimento. La rete che diviene immagine eminente della contemporaneità, invece, non ha più gerarchie, non possiede più né centro né postazione dominante: labirinto a molteplicità di entrate, scorrere di fiumi che non sfociano in mare, il sistema di comunicazione di Ermes è politeista o multicentrato. «La rete, il labirinto …, rimpiazzano le catene lineari e segmentate: il “disordine” – a più entrate – è più fondamentale dell’ordine» (Michel Serres).
In principio è la relazione: non sono gli elementi, particelle o mattoni, a essere primari e decisivi, ma le connessioni che si creano fra essi, perché sono queste a produrre proprietà che le parti di per sé non possiedono. Proprietà “emergenti” si dirà, in virtù delle quali vale il noto principio per cui “il tutto è superiore alla somma delle parti”. Istruiti dagli sviluppi della cibernetica e da quell’altra scienza “trasversale” che è la teoria dell’informazione, si comincia a pensare che, in analogia alle macchine dotate di servomeccanismi, dove causalità circolari innescano processi di retroazione (feedback), anche gli organismi viventi siano intrecci di reti: sistemi auto-poietici, che si producono da sé, e si tengono in scarto all’equilibrio entropico grazie a scambi di energia e materia con l’esterno.
La catena, ha osservato Foucault, era figura del Medesimo. Prima che la modernità si affidasse a una lettura del mondo in termini d’identità e differenze, misura e ordine, a dominare erano le figure della somiglianza: «il mondo forma catena con sé medesimo. In ogni punto di contatto comincia e finisce un anello che somiglia al precedente e somiglia al seguente». Il mondo si avvolge su di sé, la terra replica il cielo, la rappresentazione si offre come ripresentazione, teatro della vita o specchio del mondo. Anche per questo l’immagine della Grande Catena dell’essere, governata dalla Mente divina, poteva ricordare il senso della comune appartenenza di tutte le creature a un unico destino, ricordava Gregory Bateson.
Nel diagramma a rete, da una pluralità di elementi si dipartono molteplici cammini verso ogni direzione; si formano così nodi, punti d’incrocio e connessioni, luoghi in cui s’intrecciano scambi e comunicazioni. E ogni cosiddetto elemento è a sua volta una rete: nello stagno formicolante di pesci, ogni pesce formicola di stagni (Leibniz).
La transizione dalla catena alla rete è traduzione in figura del passaggio da Cartesio a Leibniz: da un pensiero ancora dominato dall’ansia della reductio ad unum, al consapevole abbandono di ogni immagine lineare, troppo povera per dar conto dell’intrico della realtà.
quindi una rete interconnessa, policentrica e multilineare “entro la quale” – sono parole di Calvino – “si possono tracciare molteplici percorsi e ricavare conclusioni plurime e ramificate”.
I concetti si fanno nomadi, metodi e modelli entrano nel gioco di scambi, importazioni ed esportazioni; ogni scienza è complessione, luogo d’intersezioni e trasporti continuati, punto di vista prospettico da cui osservare il tutto.
Prima che siano gli uomini a comunicare, sono le cose stesse a tessere fra loro scambi d’informazioni. Un pezzo di cera (metafora cartesiana, ripresa da Gaston Bachelard), un cristallo (Bravais a metà Ottocento ne mostra le strutture reticolari), una roccia metamorfica, una molecola di penicillina o la pagina su cui scrivo, sono tutti supporti oggettivi, che ricevono, conservano e restituiscono informazione. Il mondo esiste sotto forma di rete comunicante, gioco continuato di testi che si traducono: ce ne darà conferma la doppia elica del DNA, rete di circolazioni, messaggi scritti e codici di decifrazione, che caratterizza il migliore spazio di comunicazione conosciuto, quello degli organismi. L’Ermes caro a Serres è il dio dei biochimici, la vita è comunicazione, e l’informazione si trasmette da oggetto ad oggetto; il soggetto umano non fa che intervenire in modo intermittente sulla continuità della relazione fra oggetti. Io sono uno scambiatore fra gli altri, momento intermittente, nodo d’emissione e di ricezione, assorbo e ridistribuisco la tonalità continua del Noi universale che pensa. Al posto dell’Io, l’antico sovrano del pensare, buco nero che assorbiva ogni altra realtà, per il quale il mondo era ciò che sta contro (ob-jectum, Gegen-stand), il nuovo soggetto è immerso nella rete universale degli oggetti, circondati e avvolti dall’altra rete, quella dei grafi dei nostri saperi.
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