Mediante la distinzione tra forza lavoro e lavoro Marx credeva di avere finalmente gettato le fondamenta di una teoria del rapporto tra capitale e lavoro in grado di cogliere tanto le peculiarità del capitalismo moderno, basato sul lavoro “libero” e non sulla schiavitù, quanto la realtà di sfruttamento implicata in quella relazione. Contrariamente all’indifferenza professata da molti “marxisti” nei confronti del diritto, considerato un elemento meramente “sovrastrutturale”, esso giocava un ruolo essenziale nell’argomentazione marxiana. “Affinché il possessore della forza lavoro la venda come merce”, scrive Marx,
“egli deve poterne disporre, quindi essere libero proprietario della propria capacità di lavoro, della propria persona. Egli si incontra sul mercato con il possessore di denaro e i due entrano in rapporto reciproco come possessori di merci, di pari diritti, distinti solo per l’essere uno compratore, l’altro venditore, persone dunque giuridicamente eguali”[59].

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