“La vita ci offre una molteplicità, senz’altro infinita, di processi che sorgono e scompaiono in un rapporto reciproco di successione e di contemporaneità, ‘in’ noi ‘al di fuori di’ noi”, scrisse Max Weber nel 1904. E anche se ci concentriamo su un singolo “oggetto” nel tentativo di afferrarlo completamente, aggiungeva in un certo spirito spinoziano, l’essenza della sua singolarità è evanescente dal momento che la molteplicità degli oggetti che lo costituiscono (“l’assoluta infinità di questa vita molteplice”) tende a far esplodere la sua unità e a frustrare il nostro tentativo di descriverlo una volta per tutte. C’è un elemento di arbitrarietà irrazionale (Weber direbbe di “fede”) nella costituzione stessa di qualsiasi “oggetto di ricerca”[43].
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