HEIDEGGER
Nelle lezioni del 1929-1930: "Concetti fondamentali della metafisica. Mondo-finitezza-solitudine", il filosofo sviluppa metodicamente la triplice tesi -
«la pietra è senza mondo»,
«l'animale è povero di mondo»,
«l'uomo è formatore di mondo» -
come filo conduttore per la chiarificazione dei concetti di «mondo» e «finitezza» .
L'analisi filosofica è qui interamente orientata sulle ricerche della biologia e della zoologia contemporanee, in particolare su quelle di Hans Driesch, di Karl von Baer, di Johannes Muller e, soprattutto, del suo scolaro Jakob von Uexkull. Non soltanto,infatti, le ricerche di Uexkull sono definite esplicitamente "la cosa più fruttuosa che la filosofia possa far propria della "biologia oggi dominante", ma il loro influsso sui concetti e sulla terminologia delle lezioni è anche più ampio di quanto Heidegger stesso riconosca, scrivendo che le parole di cui egli si serve per definire la povertà di mondo dell'animale non esprimono nulla di diverso da quanto Uexkull intende coi termini Umwelt e "innenwelt (Heidegger 1983,383). Heidegger chiama das Enthemmende, il disinibitore,ciò che Uexkull definiva "portatore di significato" (Bedeutungstrager, Merk-maltrdger) e Enthemmungsring, cerchio disinibitore, ciò che lo zoologo chiamava Umwelt, ambbiente. . L'animale è chiuso nel cerchio dei suoi disinibitori proprio come, secondo Uexkull, nei pochi elementi che definiscono il suo mondo percettivo. Per questo, come in Uexkull, l'animale "se entra in relazione con altro, può incontrare solo ciò che colpisce
l'esser-capace e che lo mette così in moto. Tutto il resto non è a -priori in grado di penetrare nel cerchio dell'animale" (Heidegger 1983, 369).
Il modo di essere proprio dell'animale, che definisce il suo rapporto col disinibitore, è lo stordimento (Benommenheit}. In quanto è essenzialmente stordito e integralmente assor- bito nel proprio disinibitore, l'animale non può veramente agire (handeln} o avere una condotta (sich verhalten) rispetto ad esso: può solo comportarsi {sich benehmen). Lo stordimento è la condizione di possibilità grazie a cui l'animale, secondo la sua essenza, si comporta in un ambiente, ma mai in un mondo ". Come esempio dello stordimento, che non può mai aprirsi a un mondo, Heidegger riferisce l'esperimento(già descritto da Uexkiill) in cui un'ape viene posta in laboratorio davanti a una coppetta piena di miele. Se,dopo che l'ape ha cominciato a succhiare, si recide l'addome dell'ape, essa continua tranquillamente a succhiare mentre si vede il miele scorrere via dall'addome aperto. Ciò mostra in modo convincente che l'ape non constata affatto che c'e' troppo miele. Non costata ne questo ne - cosa che sarebbe ancora più ovvia - la mancanza del suo addome. Neanche per idea, bensì continua la sua pratica istintuale [Treiben], proprio perchè non constata che c'è ancora miele. Piuttosto, essa è semplicemente assorbita nel cibo. Questo essere assorbita è possibile soltanto dove è presente un istintivo"verso".Questo essere assorbito in un tale essere sospinto esclude al tempo stesso la possibi- lità di constatare un essere-disponibile [Vorhandensein}. Proprio l'essere assorbito dal cibo impedisce all'animale di porsi di fronte ad esso. (Heidegger 1983, 352-53)
E a questo punto che Heidegger si interroga sul carattere di apertura proprio dello stordimento(...) A che cosa è aperta l'ape, che cosa conosce l' animale quando entra in rapporto col suo disinibitore?Egli scrive che non si ha qui un percepire {vemehmen), ma solo un istintivo comportarsi {benehmen}, in quanto all'animale è sottratta {genommen) "la stessa possibilità di percepire qualcosa in quanto qualcosa, e non qui e ora, ma sottratta nel senso di non data affatto" (ihid., 360).
stordimento \Benommenheit\ dell'animale significa dunque: essenziale sottrazione {Ge-nommenheit} di ogni percezione di qualcosa in quanto qualcosa e perciò: lo stordimento dell'animale significa dunque innanzi tutto il modo di essere in conformità al quale, all'ani- male, nel suo riferirsi ad altro, è, impedita la possibilità di mettersi in relazione e riferirsi ad esso, , in quanto disponibile, in quanto essente. Proprio in quanto all'animale ? sottratta questa possibilità di percepire in quanto qualcosa ciò a cui esso si riferisce, proprio per questo esso può essere assorbito dall'altro in questo modo assoluto. (Heidegger 1983, 360)
Nello stordimento l'ente non è rivelato [offenbar], non è dischiuso, ma appunto per questo neppure chiuso. Lo stordimento sta al di fuori di questa possibilità. Non possiamo dire: l'ente è chiuso all'animale. Ciò potrebbe essere soltanto se vi fosse una qualche possibilità, per quanto minima, di apertura. Lo stordimento dell'animale lo pone invece essenzialmente al di fuori della possibilità che l'ente gli sia dischiuso oppure chiuso. Lo stordimento è l'essenza dell'animale significa: l'animale, in quanto tale, non si trova in una rivelabilità dell'ente. Ne il suo cosiddetto ambiente, ne esso stesso sono rivelati in quanto enti. La difficoltà proviene qui dal fatto che il modo d'essere che deve essere afferrato non è ne dischiuso ne chiuso,cosicchè l'essere in rapporto con esso non è propriamente definibile come una vera relazione, come un aver a che fare. Poichè a causa del suo stordimento e della totalità delle sue capacità l'animale è sospinto senza sosta in una molteplicità istintuale, esso manca fondamentalmente della possibilità di entrare in rapporto con l'ente che esso stesso non è, come con l'ente che esso stesso è.
In virtù di questo esser sospinto senza sosta, l'animale si trova per così dire sospeso tra se stesso e l'ambiente, senza poter sperimentare in quanto ente ne l'uno ne l'altro. E, tut- tavia, questo non-avere la rivelabilità dell'ente è, in quanto sottrazione della rivelabilità, nello stesso tempo un esser-assorbito da... Dobbiamo dire allora che l'animale è in rapporto con..., che lo stordimento e il comportamento mostrano un'apertura per... Per che cosa? Come deve essere caratterizzato ciò che nell'apertura specifica dell'essere-assorbito si urta in qualche modo nell'esser- sospinto dello stordimento istintuale? (ihid.)
La definizione ulteriore dello statuto ontologico del disinibitore conduce nel cuore della tesi sulla povertà di mondo come carattere essenziale dell'animale. Il non poter aver-a-che-fare non è puramente negativo: esso è,infatti, in qualche modo una forma di apertura e, più precisamente, un'apertura che non svela, però, mai il disinibitore come ente.(...)Lo statuto ontologico dell'ambiente animale può essere a questo definito: esso è offen (aperto) ma non offenbar (svelato, lett. apribile). L'ente, per l'animale, è aperto ma non accessibile; è, cioè, aperto in una inaccessibilità e in un'opacità - cioè, in qualche modo, in una non-relazione.Questa apertura senza svelamento definisce la povertà di mondo dell'animale rispetto alla formazione di mondo che caratterizza l'umano. L'animale non è semplicemente privo di mondo perchè, in quanto è aperto nello stordimento, deve - a differenza della pietra, priva di mondo -farne a meno, mancarne {entbehren}, può cioè essere determinato nel suo essere da una povertà e da una mancanza: proprio perchè nel suo stordimento l'animale ha relazione con tutto ciò che incontra nel cerchio, disinibente, proprio per questo non si trova dalla parte dell'uomo, proprio per questo non ha mondo. Tuttavia, questo non aver mondo non sospinge neppure - e per una ragione essenziale - l'animale dalla parte della pietra. Infatti l'istintivo esser-capace dello stordimento assorbito, cioè dell'essere assorbito dal disinibente, è un essere aperto per..., seppure con il carattere del non-aver-a-che-fare. La pietra di contro non ha nemmeno questa possibilità. Infatti non-aver-a-che-fare presuppone un essere-aperto. L'animale possiede nella sua essenza questo essere aperto. L'essere aperto nello stordimento è un avere essenziale dell'animale. In virtù di questo avere esso può fare a meno essere povero, essere determinato nel suo essere dalla povertà. Questo avere, certo, non è avere un mondo, ma un essere assorbito nel cerchio disinibente-è un avere il disinibito- re. Ma poichè questo avere è l'essere aperto per il disinibitore, e tuttavia a questo essere aperto è sottratta proprio la possibilità dell'aver rivelato il disinibitore in quanto ente, per questo l'avere dell'essere aperto è un non-avere, e precisamente un non-avere un mondo, se è vero che al mondo appartiene la rivelabilità dell'ente come tale. (Heidegger 1983, 391-92) I'animale è, insieme, aperto e non aperto - o meglio, non ne una cosa ne l'altra: aperto in un non-disvelamento che,per un verso, lo stordisce e disloca con veemenza inaudita nel suo disinibitore, e, per un altro, non svela in alcun modo come un ente ciò che pure lo tie- ne così avvinto e assorbito. A questo punto Heidegger può evocare la trattazione della noia che l'aveva occupato nella prima parte del corso e mettere inaspettatamente in risonanza lo stordimento dell'animale
e la Stimmung fondamentale che aveva chiamato "noia profonda" :
Verrà in luce come questo stato d'animo fondamentale e tutto ciò che vi è racchiuso siano da delineare e distinguere nei confronti di ciò che abbiamo affermato come essenza dell'animalità rispetto allo stordimento. Questa delineazione sarà per noi tanto più decisiva perchè proprio l'essenza dell'animalità, lo stordimento, viene apparentemente a trovarsi in una vicinanza estrema a quanto abbiamo discusso come elemento caratteristico della noia profonda, e abbiamo denominato essere incantati-incatenati dell'esserci all'interno dell'ente nella sua totalità. Naturalmente verrà in luce che questa vicinanza estrema delle due costituzioni essenziali è solo ingannevole, e che tra di esse c'è un abisso che non può venire superato da alcuna mediazione. Ma allora l'intero confronto delle due tesi ci diverà improvvisamente chiarissimo, e così l'essenza del mondo. (Heidegger 1983,409)