Una definizione, come si vede, che potremmo senza alcun indugio utilizzare per descrivere le nostre odierne «esperienze virtuali» dentro il flusso metatemporale del cyber-spazio. Esperienze in cui la «realtà» si dilata a tal punto da inghiottire simultaneamente il passato e il futuro. Il non più e il non ancora. La durata, in definitiva, schiodando il movimento dalla fissità inamovibile dello spazio geometrico (il prima e il dopo), restituisce alla realtà la «potenza» - la virtualità, diremmo noi oggi - creativa di diventare ciò che non è ancora. Se perfino il linguaggio della fisica - oltreché quello della storia - oggi parla di «eventi» e non più di «fatti», lo si deve forse anche all'opera di Bergson.
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