Per Deleuze e Guattari la macchina da guerra, composizione di uomini, armi e animali, è invenzione dei nomadi. Lo stato in quanto tale, non possiede fra le proprie funzioni la guerra, che deve sottrarre ai nomadi, catturando la loro macchina e trasformandola in qualcosa di diverso: l’esercito, la funzione militare. I grandi regni che sembrano emergere quasi dal nulla agli albori della storia, in Egitto, Mesopotamia, Creta o India, a un certo punto sono travolti da orde armate di carro da combattimento e arco composto che sembrano provenire dal nulla – hyksos, hurriti, cassiti, ittiti, ariani, micenei, sciti – rispetto alle quali si rivelano impotenti. Salvo poi imparare la lezione, assimilando le innovazioni dei nomadi per dotarsi di una potenziale militare che permetterà in molti casi agli stati di prendersi notevoli rivincite. Tuttavia, nel corso dei secoli, dalle steppe e dai deserti si assisterà a periodiche irruzioni oltre il limes degli stanziali di successive incarnazioni della macchina da guerra nomade: gli unni, gli arabi, i turchi, i manchù e soprattutto i mongoli, l’orda per eccellenza.
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