leggere un sogno
o romanzo sognato
morte massimo concetrato di verità raggiunta
attimo che non esiste momento trapasso istante NULLO
lascito intuizione da sancho
muore il sognatore ma non i sognato rimane per sempre non trionfa sulla sua vita sulla morte ma con la mortalità muore l'autore
lancillotto si dimentica di se andando a cavallo si perde
persival vede gocce sangue nella neve e oblia ogni realtà
oceanografia del tedio del vaneggiamento sogno intersogno
una sedia starse li mentre donc hisciotte malinconia mobile errabonda
malinconia portata in ingor per il mondo seducente di più è qualcosa che qualcuno porta con se nel mondo ingiuro per il mondo FORMA DI CONOSCIENZA FILO TEITMOLOGICO per capire il mondo
il suo mondo è il mondo della cavalleria
antinomia fra reale poetico
insinua il sopprannatirale in modo sottile
PASTORALI CAVALLERESCHI E FAVOLE DI PROGIONIA
PIù CHE UN ANTITOPO CONTRO QUELLE FINZIONI SEGRETO congedo NOSTALGICO
immaginazione letteraria senza limiti vs realismo
sancizzazione chisciottizzazione
dualismo protagonista deuteragonista DUETTO
discorsi solenni ampioa portata
forte proverbi popolari audace nel deformare parole che non conosce
don fedele conezione ideali cavallereschi più alti leggi sdocità e stato solleva il cavaliere al dispora di tutti glia ltri uomini magnaimita più cvalore ricchezza op potere
celefbrazione amor cortese platonico e idealizzatyo
della donna una creatura da venerare
arme fuoco annulla valore personale
opinioni scrittore discorsi improvvisati
SANCHIO QUASI PEREFETTO CAVALIERE FILOSOFICO
Antiepica
Crisi
Non saldi punti riferimento
Rifiuto abbandono sistema culturale ideologico dato certezze organizzato vita individuo nella vita collettività in modo perfetto anche se immaginario
Sistema cavalleria
Senza macchia ne.paura gira il.mondo raddrizzando i torti
Ideale rassicura sulla crisis continua della realtà. Valori sicuri indubbi
Realtà disfa castello sabbia castello che.mette al sicura incertezza.sicurezza
Rifiuto cedere fede
Comico intreccio tragico
Comica
Come se il sistema sicurezza esistesse ancora
Combattere contro i mulini a vento
Bisgno tremendo avere sistema immagini cultura figure difenda dal niente
Combatte pagando il prezzo della sua follia per non cede r e al niente
la amacchina c'è ma non criptica ma narrativa
viaggi in molte direzioni
1 geografica
giro mondo isola terra alla luna
2viaggio enciclopedico odissea sul ciclo del sapere incontrano i personaggi problemi devono capire imparare costruire li strumenti della loro salvezza
dietro questi due viaggi uno piùà lungo e libero quello iniziatico
esiste un uiltimo più nascosto e libero quello inizaitico
regola scrittori divertire insegnare iniziare
terra rimpicciolita più rapide ricerche e fuga ladro
previsione vittoria pratica teoria
borghesia scommesa denaro
corrispondenze numeriche
occupazione apparente avventure kilometria prigioniero mitologia di allora
romanzo sull'uso del denaro
sulle piccole spese gli uomini molto ricchi sono implacabili insieme grandi scommesse e sprechi
con il denaro compra il tempo filias fog
inconvenineti dai popoli selvaggi imprevedibili
compra regolarità percorribilità mondo attraverso il denaro
relatività tempo orologio passpartout
perfetto genitluomo i denaro non ha valore denaro neutralizzato per chi già ce l'ha
difesa asseto proprietario e neoimperialistico
l’idea di far emergere una lingua minore o straniera nella lingua maggiore, e lasciando inascoltato il suo appello in direzione di una filosofia che inventa e crea le sue parole e la sua musica. Sarebbe opportuno, allora, tentare finalmente di girare pagina e avviarsi con lui nella direzione che ci indica.
viatico
Ora una ricerca condotta da un gruppo internazionale di biologi ha chiarito alcuni meccanismi dell'azione del fungo, che è illustrata in un articolo sulla rivista BMC Ecology.
Una volta che le spore hanno infettato la formica, il fungo cresce fino a invadere il corpo della formica determinando un'atrofia dei muscoli che sono soggetti anche a contrazioni spastiche legate alla crescita del parassita nel cervello. Per questo, mentre le formiche normali ben difficilmente abbandonano le colonne ben ordinate in cui si spostano, le formiche zombi camminano in modo casuale e diventano incapaci di tornare al formicaio. Colpite da convulsioni via via più intense, finiscono poi per cadere dal baldacchino delle piante fino al sottobosco che si estende fino a 25 centimetri da terra, dove l'ambiente più fresco e umido fornisce le condizioni ideali per il proliferare del fungo.
Verso il mezzogiorno solare, quando la temperatura aumenta, il fungo - che si diffonde sempre più nella testa - sincronizza il comportamento delle formiche portandole a mordere ripetutamente le foglie su cui si trovano, fino a serrare le mandibole con una forza tale da farle rimanere attaccate a una foglia anche da morte. Pochi giorni dopo il fungo genera il corpo fruttifero a partire dalla testa della formica, che rilascia spore destinate a infettare altre formiche.
"Il fungo attacca le formiche su due fronti. In primo luogo, utilizzando la formica come fonte di cibo semovente, e in secondo luogo, danneggiandone muscoli e sistema nervoso centrale, causandone la morte e un morso che impedisce la caduta a terra e le tiene attaccate a quel sottobosco fresco umido che offre l'ambiente ideale per la crescita e la riproduzione del fungo stesso. Questo comportamento delle formiche infettate rappresenta in un certo modo un'estensione del fenotipo del fungo, ossia un comportamento del fungo mediato dal corpo della formica", spiega David Hughes, della Penn State University, che ha diretto lo studio. (gg)
Cade così, per quanto ci riguarda, il pregiudizio secondo cui la mancata riproduzione di un individuo dimostra il suo essere inadatto. La natura ragiona sulla specie, sulla collettività e non sull'individuo. Un individuo (o anche la quasi totalità degli individui, come tra formiche) può essere sterile o non riprodursi per altri motivi se questo comporta un maggior vantaggio per la comunità nel suo complesso.
Perdio, l’impudenza di presentarsi qua, a me, ora – col suo ganzo accanto… – E avevano l’aria di prestarsi per compassione, per non fare infuriare un poverino già fuori del mondo, fuori del tempo, fuori della vita! – Eh, altrimenti quello là, ma figuratevi se l’avrebbe subìta una simile sopraffazione! – Loro sì, tutti i giorni, ogni momento, pretendono che gli altri siano come li vogliono loro; ma non è mica una sopraffazione, questa! – Che! Che! – È il loro modo di pensare, il loro modo di vedere, di sentire: ciascuno ha il suo! Avete anche voi il vostro, eh? Certo! Ma che può essere il vostro? Quello della mandra! Misero, labile, incerto… E quelli ne approfittano, vi fanno subire e accettare il loro, per modo che voi sentiate e vediate come loro! O almeno, si illudono! Perché poi, che riescono a imporre? Parole! parole che ciascuno intende e ripete a suo modo. Eh, ma si formano pure così le così dette opinioni correnti! E guai a chi un bel gior no si trovi bollato da una di queste parole che tutti ripetono! Per esempio: «pazzo!» – Per esempio, che so? – «imbecille!» – Ma dite un po’, si può star quieti a pensare che c’è uno che si affanna a persuadere agli altri che voi siete come vi vede lui, a fissarvi nella stima degli altri secondo il giudizio che ha fatto di voi? – «Pazzo» «pazzo»! – Non dico ora che lo faccio per ischerzo! Prima, prima che battessi la testa cadendo da cavallo…
il progresso non è altro che la forza che garantisce la condizione di costante superamento tra passato e presente.
La visione del tempo storico di Tucidide non era dunque più "lineare", come invece quella di Erodoto (descrivo nel presente i fatti del passato perché sono ignaro di quale destino avrà la memoria dell’uomo nel futuro), bensì "triangolare", dove il presente è la base che sottende tanto il passato quanto il futuro. Questa concezione si differenzia da quella di impostazione ellenistica, in cui la storia è concepita come compiuta nel passato e lo scrivente e il suo tempo tendono a chiamarsi fuori dal percorso storico.
Secondo Kojève, la sfilata delle truppe di Napoleone I sotto le finestre di Hegel alla fine della battaglia di Iena ha costituito la fine della storia: questo singolo avvenimento costituisce infatti una duplice conclusione.
Da un lato conduce al trionfo di un nuovo ordine militare e giuridico dell'Europa: l'avanzata della "Grande Armata" si traduce in un'estensione della codificazione del diritto, consistente nella sua razionalizzazione. Dall'altro lato l'episodio permette a Hegel di comprendere che la storia permette la realizzazione della ragione filosofica: diritto e filosofia si realizzano dunque pienamente nel 1806 e, secondo Kojève, gli avvenimenti successivi a tale data non costituiscono altro che l'estensione della fine della storia al resto del mondo fuori dell'Europa e persino le due guerre mondiali partecipano a questa progressiva diffusione della ragione.
egoismo e codardia, è molto umano [da qui, “Man” in quanto “Uomo”]
pace mondiale
Religiosità fede interstellar
buco nero forza gravitò aggirare forza lavoro lancio orbita sgancio zavorra volo velocità
governo globale
riconoscimento identitario tribale, moda ingegneria sociale es:barba vittoria sul marxismo
contadini e scenziati
insegnanti statali e ingegneri
il bello il brutto
esaltazione tecnologica
tassazione stato e servizi
darwinismo sociale
postumanesimo
destinati abbandonare mondo ovvero colonizzazione universo
agricoltori-primitivisti , scienziati-vita
quantificazione
innoquità ai
portatile popolare immedesimazione
sincerità 90 - 100
legge newton lasciare gli altri per andare avanti
egoismo individuale interessi collettività
riproduzione postumanesimo viaggi spaziali
la salvezza attraverso l'umanità
onde odissea
nasa usa portatili
“Un tempo alzavamo lo sguardo al cielo chiedendoci quale fosse il nostro posto nella galassia, ora lo abbassiamo preoccupati e intrappolati nel fango e nella polvere.”
“- Brand: Siamo arrivati fin qui, più lontano di chiunque nella storia.
- Cooper: Non è abbastanza lontano!”
“La legge di Murphy dice che tutto quello che deve accadere, accadrà. E a noi non sembrava assolutamente una cosa brutta.”
“- Brand: Forse tu dovrai scegliere se rivedere i tuoi figli... o salvare il futuro dell'umanità.
- Cooper: Troveremo una soluzione... l'abbiamo sempre fatto!”
“Dobbiamo affrontare la realtà: non c’è niente nel nostro sistema solare che possa aiutarci.”
La salvezza per il genere umano è nello spazio
viaggio verso l’ignoto
La pigrizia che chiede il soggetto innamorato non è soltanto «non far nulla», è soprattutto non decidere.
In un Frammento, intitolato «Che fare?», ho detto che il soggetto amoroso, in certi momenti, cerca di mettersi insieme, in quella perpetua tensione che per lui rappresenta la passione, «un angolino di pigrizia».
Infatti il soggetto amoroso che mi sforzavo di descrivere si pone a ogni momento dei problemi di comportamento: devo telefonare? Devo andare all’appuntamento? Non devo andarci?
Avevo ricordato che il «che fare?», cioè il tessuto delle risoluzioni e delle decisioni di cui è forse fatta la nostra vita, è simile al karma buddista, vale a dire alla concatenazione delle cause che ci obbliga continuamente ad agire, a rispondere. Il contrario del karma è il nirvana. Si può quindi, quando si soffre molto di karma, postulare, fantasmare una sorta di nirvana. La pigrizia allora assume una dimensione di annullamento.
“L’unità elementare del linguaggio”, scrivono Deleuze e Guattari, è infatti “la parola d’ordine”
Il linguaggio non comunica, come la danza profumata delle api, ordina, comanda, istruisce: “Lo si può vedere nei comunicati della polizia o del governo, che si curano ben poco di verosimiglianza o di veridicità, ma dicono a chiare lettere quel che dev’essere rispettato e tenuto a mente”.[40] Il linguaggio sembra avere un unico scopo, controllare e regolarizzare il flusso dell’immanenza: “Le parole d’ordine segnano arresti, composizioni stratificate, organizzate”.[41] Per questa ragione per ritrovare il movimento dell’immanenza occorre rinunciare al linguaggio, almeno a quello che è un “contrassegno di potere”;[42] ogni parola, ogni enunciato, è una “parola d’ordine”, cioè un contenitore che chiude e isola una porzione di movimento, la tira fuori dalle rete di connessioni in cui vive, la trasforma in una sostanza, in una cosa. Il linguaggio in quanto “parola d’ordine” si frappone alla vita, e rappresenta il suo contrario, una istanza di morte:[43] “Il linguaggio non è la vita, dà ordini alla vita; la vita non parla, ascolta e attende. In ogni parola d’ordine, pure in quella di un padre a suo figlio, c’è una piccola sentenza di morte – un Verdetto, diceva Kafka”.[44] Ecco allora perché il primo e fondamentale momento del percorso di Kierkegaard verso l’immanenza sia il silenzio, che è ancora nell’orbita del linguaggio, e tuttavia non è più una “sentenza di morte”,[45] bensì una specie di parola “lasciapassare”;[46] perché per l’immanenza si deve passare per il linguaggio, e quindi occorre “trasformare le composizioni d’ordine in componenti di passaggio”.[47]Trasformare il linguaggio in un “passaggio”, perché “la vita” – come il giglio nel campo e l’uccello nel cielo – “non parla, ascolta e attende”; ecco il perché del silenzio.
Ascoltare qui significa partecipare senza domande (senza desideri né rimproveri) al movimento intrinseco della vita. Ascoltare la vita che si vive, e partecipare senza chiedersi perché a questo stesso movimento. Coincidere con le articolazioni immanenti della vita [strutturalismo], essere quella vita. Ascoltare significa allora partecipare alla “Natura”:
Il piano di consistenza della Natura è come un’immensa Macchina astratta, tuttavia reale e individuale, i cui pezzi sono i concatenamenti o gli individui diversi ciascuno dei quali raggruppa un’infinità di particelle sotto un’infinità di rapporti più o meno composti. C’è dunque unità di un piano di natura, che vale ugualmente per gli esseri inanimati e per quelli animati, per gli artificiali e i naturali. [...] Non parliamo qui dell’unità della sostanza, ma dell’infinità delle modificazioni, che sono le une parti delle altre su questo unico e medesimo piano di vita.[32]
Chi imparò dal giglio nel campo e dagli uccelli nel cielo, allora,
…divenne silenzioso, anzi, cosa che se possibile si oppone al parlare ancora più del silenzio, divenne uno che ascolta. Credeva che pregare fosse parlare; imparò che pregare è non solo tacere, ma ascoltare. Ed è così. Pregare non è ascoltare se stessi parlare, ma giungere a tacere e restare in silenzio, nell’attesa, fino a che chi prega non arrivi ad ascoltare Dio.[31]
Sceglie chi desidera qualcosa, ma desidera solo chi è separato da se stesso, e vive la propria condizione come mancante di qualcos’altro; solo l’animale che vive nella trascendenza desidera scegliere.
Il giglio non sceglie perché non è insoddisfatto della sua vita; è la vita che è, questa è l’immanenza.
È l’equivoco, al contrario, il carattere principale del linguaggio (umano)
In questo senso non si pone il problema della verità o della falsità per questi segnali: dal momento che non possono comparire senza la contemporanea presenza dell’oggetto a cui si riferiscono, questi segnali non sono veri, perché non potrebbero nemmeno essere falsi. Le api non sono sincere, perché non potrebbero nemmeno essere insincere.
Una lingua non è un mezzo di comunicazione.
Un segnale della danza delle api può essere considerato come un prolungamento del fiore nel cervello di un’ape, e viceversa, il fiore è l’estrema propaggine del suo corpo. Il corpo di un’ape arriva fin dove ci sono i fiori da cui è attratta, così come il campo vitale dei fiori si estende fin dentro l’alveare.[16] Un segnale di un codice comunicativo animale non può esistere senza l’oggetto a cui è attaccato (in fondo si potrebbe anche considerare la danza comunicativa delle api come un mezzo segnico che usa un fiore per comunicare con un altro fiore, e così arrivare a impollinarlo).
La condizione perché questo movimento possa effettuarsi è che il flusso del divenire non sia ostacolato, che non ci siano sostanze che si proclamino autonome e autosufficienti. Questa sostanza è il Soggetto. Il “divenir-animale” è il movimento che oltrepassa il soggetto, e lo apre alla relazione, alla contaminazione, alla “molteplicità”:
Il divenire e la molteplicità sono un’unica, una stessa cosa. Una molteplicità non si definisce per i suoi elementi, né per un centro di unificazione o di comprensione. Si definisce per il numero delle sue dimensioni, non si divide, non perde o non acquista alcuna dimensione senza cambiare natura. E, poiché le variazioni delle sue dimensioni le sono immanenti, è lo stesso dire che ogni molteplicità è già composta da termini eterogenei in simbiosi o che non cessa di trasformarsi in altre molteplicità in successione, secondo le sue soglie e le sue porte.[11]
Sebbene Deleuze avesse dichiarato di non essersi mai interessato al problema dell’oltrepassamento della metafisica83 (come invece ha fatto Derrida) bisogna ripensare lo statuto del frammezzo che muove il piano d’immanenza come il tra trascendenza ed immanenza; bisogna ripensare l’impaccio della chora.
È ciò che si chiama evento, ovvero la parte che in tutto ciò che avviene sfugge alla sua propria attualizzazione. L’evento non coincide assolutamente con lo stato di cose, [...] mantiene un versante oscuro e segreto che non cessa di sottrarsi o di aggiungersi alla sua attualizzazione [...] Si potrebbe dire che è trascendente perché sorvola lo stato di cose, ma è l’immanenza pura che gli da la capacità di sorvolare se stesso in se stesso sul piano. Trascendente, transdiscendente, è piuttosto lo stato di cose nel quale esso si attualizza; ma persino nello stato di cose esso rimane pura immanenza di ciò che non si attualizza o di ciò che resta indifferente all’attualizzazione, poiché la sua realtà non ne dipende. L’evento è immateriale, incorporeo, invivibile: la pura riserva.29
luogo in cui il concetto si muove come evento: il campo “ab”, il luogo dell’indistinzione delle componenti che formano la consistenza interna del concetto
Il frammezzo segnala la torsione che si agita nel campo “ab” e che rende il concetto stesso un centro di vibrazione, tremito quantistico; è il disinnesto che innesta (greffer) il seme già disperso delle soluzioni successive e impensate del concetto stesso, un campo mobile nel quale si scrivono le movenze potenziali- concettuali.
«Il concetto è il contorno, la configurazione, la costellazione di un evento a venire»
jahvè
disseminato la misurazione fuori dall’orbita dell’economico, ha estradato la dimora deflagrandola, ha squadernato l’idea del “Libro totale” con l’espansione siderale del Libro esteso nella dispersione del senso
Colpo di dadi
Una costellazione
fredda d’oblio e di desuetudine
non tanto
ch’essa non enumeri
su qualche superficie vacante e superiore
l’urto successivo
sideralmente
di un conto totale in formazione.
misurazione in Mallarmé indicherei il passo di Heidegger in cui l’uomo è colto come un segno che indica il nulla, che indica l’evento che si ritrae; «In generale, noi siamo noi stessi e siamo quelli che siamo solo in quanto additiamo ciò che si sottrae.
Questo additare (Weisen) è la nostra essenza (Wesen)
piucchepresente
spezza il primato del fondale di riferimento informante, il suo moto escatologico e ogni formazione linguistico-concettuale.
Il piucchepresente si insedia nell’imperfetto così come nel futuro anteriore
teatro, Tale futuro anteriore che fa sempre circolare un testo nell’altro
di un passato indefinito che non sarà mai stato presente
Ablativo assoluto :
diis iuvantibus
me absente
regibus exactis
mortuo Caesare
con l'aiuto degli dei
durante la mia assenza
dopo la cacciata dei re
dopo la morte di Cesare
lett. «aiutandoci gli dei»
lett. «mentre ero io assente»
lett. «cacciati i re»
lett. «morto Cesare»
Cicerone consule
Hannibale duce
diis invitis
caelo sereno
natura duce
sotto il consolato di Cicerone
sotto il comando di Annibale
contro il volere degli dèi
a ciel sereno
sotto la guida della natura
lett. «essendo console Cicerone»
lett. «essendo comandante Annibale»
lett. «essendo gli dèi contrari»
lett. «essendo il ciel sereno»
lett. «essendo guida la natura»
«Hostibus victis, civibus salvis, re placida, pacibus perfectis, bello exstincto, re bene gesta, integro exercitu praesidiisque... (Plauto)»«Vinti i nemici, salvi i cittadini, tranquilla la situazione politica, fatta la pace, spenta la guerra, condotta felicemente l'impresa, illesi l'esercito e le guarnigioni...»
cognito, «venutosi a sapere»; nuntiato, «essendo stato annunciato»; audito, «corsa la voce»; permisso, «essendosi permesso»; edicto, «essendosi ordinato», «dato l'ordine» ecc.
immune dalla peste si cristallizzò adolescenza magnifica sempre più impermeabile alle formalità, indifferente alla malizia e alla diffidenza felice in un suo mondo di realtà semplice
non capiva perché le donne si complicassero la vita, risolveva, era nuda l'unica forma per lei decente
abbandonato deserto solitudine vagare senza croci da sopportare sogni senza incubi bagni interminabili pasti senza orario , profondi prolungati silenzi senza ricordi
trasformarla donna utile
lucida abilità farsi beffe di tutti
negligenze sfuggono comprensione
ammaestrare
era l'essere
indiafanata pallore intenso
bianco remito , infrazione sollevamento uscita dall'aria degli scarabei e delle dalie attraversavano l'aria dove si spegnevano le 4 del pomeriggio si perdevano nelle alte arie dove non potevano raggiungerla nemmeno gli alti uccelli della memoria
Il “gioco dell’imene” mette in scacco l’essere, lo mette in disparte (écarter); non è né l’uno né l’altro, ma il tra che sta sospeso, ove nulla accade.Questo gioco implica un’indecidibiltà strutturale
il Mimo allude al fondo di un terzo non dialettizzabile.
Ciò che vale per “imene” vale, mutatis mutandis, per tutti i segni che, come pharmakon, supplemento, dif-ferenza e alcuni altri, hanno un valore doppio contraddittorio, indecidibile
traccia. La ripiegatura dell’imene, sospesa tra l’interno e l’esterno dell’antro, gioca tra due presenti che non hanno luogo che come una spaziatura che non è nulla: «Iato mascherato, impalpabile e non sostanziale, interposto, intromesso»:
Lo specchio non è mai oltrepassato e il ghiaccio mai spezzato. [...] Ai bordi dell’essere, il medium dell’imene non diventa mai una mediazione o un travaglio del negativo, esso elude tutte le ontologie, tutti i filosofemi, le dialettiche di tutti i bordi. Li elude, come ambiente e come tessuto, li avvolge, li rigira e li inscrive.34
Evento- istante -evento, concetto che cattura l'evento come virtualità dove nulla accade, estrapolandolo dall'empiria nella sua controeffettuazione, rispetto alla prima del moto che lo rende effettuale nello stato di cose.
L'evento conforma l'effettuale.
io che riesce a spiazzarsi mimando se stesso, contro-effettuandosi, raddoppiare uguale controeffettuare
senza considerazione delle esternalità chomsky
Indecidibilitá fa risalire all'Unheimliche freudiano che Derrida i,terpreta e illustra a partire dall'idea e dalla funzione dell'imene, linguaggio che mima l'effetto fantasticoe non lo riproduce senplicemente, linguaggio che per Derrida recita senza referenza, liberato dall'impiego di procedimenti e regole fisse di scrittura e può rompendo e plasmando queste regole produrre e recitale il fantastico,, linguaggio preinfamtile dello zero significante glossalia ritmo si,copato tronco, zoppo diabolico, attraverso il quale è possibile esprimere linesprimibile, , jouer della linguamuoversi su partiture e righi inusitati
È vero che Derrida ha sempre messo in guardia contro l’idea del Libro: a suo avviso, infatti, si tratta di una ripresa travestita dell’antica comparazione dell’universo a un volume. Anche in La dissémination, egli avanza dei sospetti al riguardo: «Il Modello del Libro, il Libro Modello, non è forse l’adeguazione assoluta della presenza e della rappresentazione, la verità (homoiosis e adaequatio) della cosa e del pensiero della cosa, così come si produce innanzitutto nella creazione divina prima di essere riflessa dalla conoscenza finita? Libro di Dio, la Natura sarà stata nel Medioevo una grafia conforme al pensiero e alla parola divini, all’intendimento di Dio come Logos, verità che parla e si ascolta parlare»(10). Tutto questo gli appare in netto contrasto con le acquisizioni teoriche cui egli stesso è giunto, che enumera così: «Critica del significato trascendentale sotto tutte le sue forme; decostruzione, spostamento e subordinazione degli effetti di senso e di referenza, come di tutto ciò che ordinerebbe un concetto e una pratica logocentrici, espressivisti e mimetologici della scrittura; ricostruzione del campo testuale a partire dalle operazioni di intertestualità o del rinvio senza fine delle tracce alle tracce; reinscrizione nel campo differenziale della spaziatura degli effetti di tema, di sostanza, di contenuto, di presenza sensibile o intelligibile, ovunque essi possano intervenire»(11).
Il sogno mallarmeano del Libro non è forse incompatibile con tali posizioni? Alla domanda, il filosofo risponde in modo negativo: «Ciò che Mallarmé progettava ancora sotto il vecchio nome di Libro, sarebbe stato, “se fosse esistito”, tutt’altro. Fuori-libro»(12). E più oltre egli ne spiega i motivi: «Il Libro di Mallarmé è derivato dal Libro. Senza dubbio si distinguono in esso i tratti della più visibile filiazione che lo fanno discendere dalla bibbia. […] Ma tramite simulacro affermato e messa in scena teatrale, tramite effrazione della rimarca, ne è uscito: gli sfugge senza ritorno, non gli rinvia più la sua immagine»(13).
Nulla di preciso però si può dire sulle concezioni che dell’»Essere (Esseri) potente» ebbero i primi uomini. Le religioni dei popoli senza scrittura non possono essere considerate religioni «primi-tive» od «originarie», avendo anche questi popoli una storia culturale.
Le differenti forme che gli esseri divini e il sacro assumono nelle diverse religioni dipendono dalle strutture economiche e sociali (Harris 1977, 1979) e dalla storia culturale.
L’ipotesi sull’origine della religione che abbiamo precedentemente illustrato si basa su tre punti fondamentali:
la coscienza che l’Uomo ha del proprio essere mortale;
la tendenza umana a cercare di spiegare i fenomeni osservabili (in questo caso la morte) mediante cause non osservabili, con un’inferenza di tipo magico;
l’»Essere potente» come proiezione dell’Uomo, ovvero dell’idea di «capo-branco» che l’Uomo porta dentro di sè.
Diversi studiosi hanno fondato sull’uno o sull’altro di questi punti le loro idee sull’origine della religione; per esempio:
sulla coscienza di essere mortale: Koestler (1978); B. Chiarelli (1983); Maser e Gallup (1990);
sul pensiero magico: Gazzaniga (1985);
sull’ «Essere potente» come proiezione umana: Spinoza; Feuerbach; Freud (1913); Morris (1967)
In questo lavoro li abbiamo tutti e tre collegati.
caratteristiche strutturali del pensiero umano, e in particolare:
alla capacità di attribuire ruoli «dominanti» e «subordinati» all’interno di una gerarchia sociale, e di portare tale capacità a livello cosciente e razionale, ovvero concettualizzandoli;
alla capacità induttiva di astrarre da osservazioni singole regole generali, e quindi, nella fattispecie, costruire, dal fatto della morte, una teologia basata sul fatto della mortalità [pervenire, dai singoli eventi di morte, al concetto di mortalità generale];
al rifiuto della morte come termine dell’esistenza;
alla necessità di trovare un rapporto causa-effetto` per gli eventi osservati [questa necessità può anche dirsi «bisogno di spiegazione»];
alla capacità di «proiettare» i propri contenuti mentali (idee, sentimenti, valori) attribuendoli agli altri o riconoscendoli in essi. Questa capacità caratterizza, secondo Maser e Gallup (1990) la «mente». Essa può essere «definita come la capacità di (1) riflettere sui propri pensieri e sulle proprie emozioni (cioè essere coscienti di essere coscienti) e (2) usare tale capacità come base per inferire le esperienze altrui (p. 522). Ciò spiega l’antropomorfismo, da mentale a fisico, dell’ «Essere dall’immensa potenza.» Inoltre si deve rilevare l’importanza del linguaggio, il quale, dando all’esperienza concettuale soggettiva e particolare la capacità di diventare collettiva e generale, deve aver permesso la trasformazione della coscienza della morte da individuale a collettiva. Possiamo pertanto aggiungere che il sorgere della religiosità nell’Uomo deve probabilmente aver seguito lo sviluppo del linguaggio.
collegato particolari abitudini alimentari alla riduzione del tono serotoninergico ed alle sue conseguenze. Infatti, la sintesi neuronale della serotonina, che ha come precursore l’aminoacido triptofano, dipende non soltanto dalla disponibilità di triptofano ma anche dal rapporto nel sangue fra il triptofano (trp) e i grandi aminoacidi neutri (LNAAs, Large Neutral Amino Acids),
Fra gli alimenti usati dagli esseri umani alcuni, come il mais o il sorgo, hanno un basso valore del rapporto «trp/LNAAs».
La carenza di serotonina, come riportato sopra, comporta diverse conseguenze comportamentali, come la tendenza verso il comportamento aggressivo o il fanatismo ideologico-religioso
Fra le popolazioni dell’America precolombiana tali conseguenze si mostravano, generalmente, correlate positivamente con la dipendenza alimentare dal mais. Gli Aztechi soffrivano grandemente di carenza di serotonina, cui essi inconsciamente cercavano di porre rimedio consumando alimenti come l’amaranto o la carne umana che, avendo un alto valore del rapporto «trp/LNAAs», permettevano un aumento della sintesi di serotonina. Pertanto il loro cannibalismo poteva ben essere causato da una deficienza di serotonina causata a sua volta da una forte dipendenza alimentare dal mais (Ernandes & Giammanco 1992).
La speculazione teologica e filosofica ha tentato di conciliare l’Essere «potente» con quello «perfetto», per lo più tentando di razionalizzare e giustificare azioni associate alla fede nell’Essere potente che sembravano incompatibili con gli standards morali degli esseri umani.
Gli esseri umani sono pervenuti a varie concezioni dell’ «Essere perfetto», come il Deus sive natura di Spinoza, il deismo della maggior parte degli Illuministi, lo Spirito Assoluto dell’idealismo, il «Grande Architetto dell’Universo» dei Massoni. Noi non possiamo fare alcuna scelta a questo riguardo, anche se riteniamo molto più plausibile l’esistenza di un «Essere perfetto», che è l’immagine della parte neocorticale umana, piuttosto che quella dell’»Essere potente», che è l’immagine della parte rettiliana del cervello umano.