« In Esiodo, l'universo divino si organizza secondo un progresso lineare che porta dal disordine all'ordine, da uno stato originario di confusione indistinta fino a un mondo differenziato[46] e gerarchizzato sotto l'immutabile autorità di Zeus. Negli orfici è l'inverso: all'origine, il Principio, Uovo primordiale o Notte, esprime l'unità perfetta, la pienezza di una totalità chiusa. Ma l'Essere di degrada a mano a mano che l'unità si divide e si disloca per far apparire forme distinte, individui separati. A tale ciclo di dispersione deve far seguito un ciclo di reintegrazione delle parti nell'unità del Tutto. Sarà, alla sesta generazione[47], l'avvento del Dioniso orfico, il cui regno rappresenta il ritorno all'Uno, la riconquista della Pienezza perduta. Ma Dioniso non gioca soltanto la sua parte in una teogonia che sostituisce all'emergenza progressiva di un ordine differenziato una caduta nella divisione [...]. Nel racconto del suo smembramento da parte di Titani che lo divorano, della sua ricorstruzione a partire dal cuore conservato intatto (in quanto "essenza indivisibile dell'intelletto") [...] della nascita, a partire dalle loro ceneri, della razza umana [...] lo stesso Dioniso assume nella sua persona di dio, il doppio ciclo di dispersione e di riunificazione, nel corso di una "passione" che impegna direttamente la vita degli uomini perché fonda miticamente l'infelicità della condizione umana al tempo stesso in cui apre ai mortali, la prospettiva della salvezza. »
(Jean-Pierre Vernant. Mito e religione in Grecia antica. Roma, Donzelli, 2009, p. 49-50)

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