Chi combatte fuori di se contro i mulini a vento è destinato a fallire
lo specchio rappresenta un mondo dentro a un altro mondo
dio essere natura sostanza infinita composta infinitit atributi infiniti
dio essere o natura infinita incodizionata causa sui incondizionato
infinità tale composta da infinti attributi infiniti
noi uomini ragione concepisce modo assolutamente chiaro due attributi infiniti estensione e pensiero
entrambi attributi sostanza essere naura dio
no inizio ego cogito, cogito concepibile nella sua infinita come atributo essere infinito, è parte SI PARTE DALL'ESSERE NON DALLA PARTE esser nartura dio
leres sono attributi dell'unità somma essere dio natura
sostanza dio agisce incondizionamente
causa sui
LA MAI ESSENZA è IL MIO ESISTERE
LIBERI  quand non condizionati da altri LA PARTE è CONDIZIONATA la sostanza è incondizionata
LIBERTà è incondizionatezza
sostanza esiste incondizionatamente quindi necessariamente
perfetta indentità necessità libertà
concidenza liberà necessità
agire necessistato sua stessa natura
natura actuositas
libertà sosanza è la sua necessità il suo agire incondizionato
agire necessitato stessa natura
actuositas necessariamente la sua natura FA  è puro atto si determina agendo secondo necessità
in perfetta libertà incodizionamatemente
causa immanente ogni ente e di ogni disposizione entre NON CAUSA TRANSIENS
non agisce nelle cose attraversandole creando le cose fuori di se non transies
in quanto sono sono faccio agisco causa immanenes non transiens
causa sui in quanto è agisce è questo mondo questa disposizione è quadto mondo questa realtà

natura manifestazione imemdiata essere è perfectio essendo cio che deve essere manifestaizone immediata causa sui OPINARE realtà diversa ci che è realtà causata immanentemente causa sui dalla prima sostanza di attributi
non più dio creatore che produce fuori di se
LA CAUSA SUI è AGENTE IN QUANRTO è COME DISPIZIONE DELLE COSE MONDO E RELATà

reltà è cioò che è è manifestazione causa sui
in qquanto è agisce
realtà è cio che deve come manifestione immediata causa sui
mnifestazione immediata causa sui dio natuira erssere
CAUSATA IMMANENTEMENTE dalla prima sostanza
dio cvausa transiens
REALTà MONDANA è IN DIO perfecta cogitanas realtà e perfezione sono SINONIMI
dio se ha fine non è perfetto
la actuositas nega ogni teleologia
un ente non può vere un fine
actuositas nega teleologia
sennò sarebbe perfetto il fine come irrangiungibile
dio vuole il bene non ha saenso

Spinoza realtà è perfezione sono sinonimi
Stravinsky religioso
Brahms sacerdote

Dio o Essere o Natura o Sostanza infinita composta di infiniti attributi ognuno in se infinito incondizionata causa sui 

Bibbia origine civile 
Opera storica umana
Scommessa spregiudicata più utile credere in Dio che non crederci 
Acume spirito di geometria capacità di discriminare 
Ingegno spirito di finezza capacità di vedere in cose differenti delle analogie 
oscillazione tutto nulla
uomo canna che pensa
consapevolezza, sa di essere fragile,
voltaire canne deboli
perdonamoci i nostri torti reciproci
illuminismo critico, ragione non dea ma lujce fioca fondamentale
ragione mai così alta come quando sconfessa se stessa
dio calvino ha già deciso se sei dannato o salvato indipendentemente dalla socmmessa su dio
 decisioni nel'ncertezza riguardo all'utilità
coscienza in piena libertà elemento fondo esperienza filososfica
dio nascosto dentro di noi
analisi pregiudizi propri

il silenzio eterno dagli spazi infiniti mi sgomenta


Quando Cavallo Pazzo era bambino, succhiava il latte dal seno di tutte le donne della sua tribù, i Sioux allevavano i figli così; ogni guerriero chiamava ogni donna della tribù mamma, e chiamava nonno ogni guerriero più anziano, combattevano come una famiglia, questo voglio dire, proteggete i vostri uomini, insegnate loro a proteggersi a vicenda perché quando saremo là, potremo contare solo l'uno sull'altro.
Deleuze chiarisce: «Il percetto è il paesaggio di prima dell'uomo, in assenza d' uomo»8; i percetti sono «i paesaggi non ...
Nei due testi fondamentali scritti da Deleuze alla fine degli anni '60 ... coniando il termine percetto, che indica una dinamica sensibile implicante la presa d'atto dell 'ingovernabilità della percezione.
Simbiosi tecnologica
La Lilith ebraica non deriva da un unico corrispondente: altre figure concorrono a formarne il simbolo. Lamassu è il demone mezza donna e mezza vacca, la controparte femminile del Lamashtu, il famoso bue alato con volto umano barbuto dell'iconografia assira. La Lamassu diventa la Lamia greca[9]. La sua sola presenza significava distruzione e l'immagine veniva utilizzata come simbolo apotropaico, per incutere terrore e a protezione delle città e degli edifici. Ma la caratteristica di irresistibilità del fascino femminile viene da Ishtar (sumera Inanna) conosciuta agli ebrei attraverso la Astarte siriana (altrove Astariel o Astaroth) per la quale si praticava la cosiddettaprostituzione sacra. Così come la cananea Asheráh, venerata in un primo tempo come dea dagli stessi ebrei[5]. È in questo passaggio, nel divieto imposto dell'adorazione di una divinità femminile, che possiamo leggere la componente di femminilità ribelle in Lilith, dove l'immaginario di bellezza, fecondità e femminilità confluiscono a ravvivare una figura fino allora solo simbolo di morte e devastazione.
In tempi recenti Lilith è assurta al simbolo della femminilità schiacciata dalla prepotenza della cultura patriarcale maschilista, per cui viene particolarmente considerata nella cultura della Wicca[senza fonte]. Infatti c'è una leggenda secondo cui Lilith fu la prima donna creata, la prima compagna data da Dio ad Adamo. Ma Dio la cacciò dal paradiso terrestre perché rifiutava di sottomettersi ad Adamo, anche in ambito sessuale, rifiutando che fosse sempre e solo lui a possederla. Una volta scacciata Lilith vagò sulla terra e generò con Satana (qui simbolo della ribellione) le passioni umane.


"lilit" con "civette" adamo terra athena minerva metide

gatto, civetta, serpente, iena, satiro

Ipotesi di una realtà perduta[modifica | modifica wikitesto]

Secondo una tesi sostenuta nel libro Il vero significato dei sogni[senza fonte] la perdita del paradiso terrestre raccontata nella Genesi corrisponderebbe alla perdita della consapevolezza del momento presente e ciò sarebbe dovuto allo svilupparsi del pensiero, attività che ci proietta costantemente nel futuro quando non ci fa rivivere il passato, ma lo stesso significato trasparirebbe anche da due dei dipinti che affrescano la volta della Cappella Sistina, opera di Michelangelo.

Il dipinto del Peccato originale descrive la condizione di perenne giovinezza di cui l'uomo poteva godere quando non conosceva il pensiero che crea il tempo, infatti è possibile notare come Adamo ed Eva appaiano giovani prima di avere compiuto il peccato e con dei corpi già invecchiati mentre vengono cacciati dall'angelo.

L'intento di Michelangelo si completa in quello che è forse il suo dipinto più famoso e cioè la Creazione di Adamo. Dall'osservazione di questo affresco appare evidente come l'artista voglia in realtà raffigurare il pensiero che crea la mente umana (prospettiva sostanzialista o essenzialista della mente), infatti notiamo che nel drappo con le figure angeliche che fanno da sfondo alla figura divina si cela una sezione del cervello umano.

Anche nel libro già citato si sostiene che l'attività mentale non è connaturata all'essere umano, infatti secondo il suo autore i sogni derivano dall'attività depurativa del sonno che vede l'organismo impegnato nell'eliminazione delle tossine psichiche che abbiamo prodotto durante la giornata. Tutti i drammi vissuti nel sogno non sarebbero che manifestazioni dell'angoscia della nostra anima (individuabile nell'intelligenza e volontà di vita che è alla base dello svolgersi delle funzioni autonome del corpo e che si estende oltre di esso formando l'aura che lo circonda), per l'eccessiva produzione di energia mentale, la quale, non potendo essere depurata dal sonno andrebbe ad inquinare l'anima/aura per la differente qualità vibrazionale.

Lo stesso significato sarebbe riscontrabile in un altro racconto biblico, cioè in quello del crollo della Torre di Babele che si riferirebbe alla perduta capacità di comunicare attraverso un unico linguaggio che non poteva essere verbale e ciò sarebbe appunto dovuto alla nascita del pensiero, che è alla base della verbalizzazione.

Il linguaggio primordiale sarebbe stato energetico in quanto formato da onde vibrazionali che venivano emanate provando dei sentimenti di consapevolezza che facevano fremere il cuore e che venivano elaborate e comprese dalla particolare intelligenza di cui il cuore sarebbe dotato. Tale modo di comunicare permetteva ad ognuno, oltre che di interagire comprendendo i sentimenti del prossimo, anche di provvedere a se stesso con estrema naturalezza facendo manifestare nella realtà ciò di cui necessitava attraendola dal non creato, cioè dalla coscienza universale di cui l'universo è composto, il cui doppio movimento di espansione e di riassorbimento è uguale alle sistole e diastole del movimento cardiaco e che manifestò il creato provando il sentimento della consapevolezza di se stessa, un sentimento che se sapessimo provare ci permetterebbe di vivere in un vero e proprio Paradiso Terrestre.
Interpretazioni antropologiche[modifica | modifica wikitesto]

Una lettura storico-critica della bibbia ha colto forti analogie tra il peccato originale e i miti delle origini e di un'età dell'oro perduta, presenti presso altri popoli.

Esiste, inoltre, almeno una terza possibile interpretazione dell'origine del male legata direttamente all'intenzionalità divina orientata in premessa a sacrificare i progenitori nell'ambito di un processo, si direbbe oggi, privo di garanzie giuridiche. Questa tesi attribuisce ad Adamo ed Eva un'incapacità assoluta di violare coscientemente la prescrizione divina che proibiva loro l'accesso all'Albero della conoscenza del bene e del male. I progenitori, infatti, prima di accedere al Frutto, non sarebbero stati in grado di percepire la differenza fra bene e male a causa della loro radicale "amoralità". Tant'è che per acquisire una coscienza morale è stato necessario "peccare", attingendo il frutto prodotto dall'albero della conoscenza del Bene e del Male. In altri termini, il peccato non poteva essere realizzato da chi non aveva alcuna coscienza né percezione del valore della Normatività divina e delle conseguenze della violazione (per i progenitori, infatti, prima della conoscenza del Bene e del Male ci sarebbe dovuto essere come unico Male il mangiare il frutto). Secondo questa tesi, in definitiva, Adamo ed Eva erano incapaci di intendere e di volere in termini etici e morali, dunque non sarebbero stati punibili. Un preciso riferimento neotestamentario a questa tesi sarebbe reso esplicito in Luca 23,34.

Una ulteriore interpretazione[2] intende il peccato originale - sulla base di notevoli evidenze antropologiche e etnologiche[3] e in forte affinità con la moderna teoria evoluzionistica - come degenerazione psicocognitiva dovuta al passaggio da forme di religiosità di tipo deista a quella relativa alle religioni rivelate. Questa transizione si sarebbe verificata a partire dal 10/15.000 circa a.C. col passaggio da forme di vita stanziale ai primi sistemi classisti e teocratici della storia detti teoetotomie - dalle radici theòs (dio) ethos (costume di vita) e -tomia (cesura).[4] A seguito di tale trasformazione culturale l'uomo sarebbe caduto in una rappresentazione del sacro capace di produrre forme psicopatologiche (a livello individuale e sociale) così come descritto - ad esempio - dalla teoria psicoanalitica. In particolare la persistenza di una autorità morale esterna riesce ad influenzare le dinamiche edipiche da cui deriva una sovrastrutturazione del super io, ai sensi delle ipotesi di Sigmund Freud. Un ulteriore contributo deriva dal lavoro sull'aggressività umana di Erich Fromm. Da questo derivano quelle forme di psicopatologie e disturbi della personalità (sindromi ossessivo compulsivo, dipendente, evitante etc.) note da tempo alla psicologia classica.

Un'ulteriore interpretazione[senza fonte] suggerisce che la figura del serpente rappresenti la razionalità umana, come evidente dalla simbologia greca o araba nel caduceo o nel bastone di Asclepio, in cui simboleggia rispettivamente il commercio e le arti mediche. In una visione più ampia, il serpente rappresenta la natura stessa dell'uomo assetato di conoscenza.
natura - mente - supernatura (ritorno)
Adamo (in ebraico: אָדָם in in arabo: آدم‎, ʾĀdam; ...) è il nome, secondo l'ebraismo, il cristianesimo e l'islam, del primo uomo e significa "umanità", "uomo", "uomo terreno", "terroso", o "della terra rossa".
per tiqqun si intende la rettificazione spirituale dell'origine dei guasti causati dall'uomo sin dal primo peccato di Adamo ed Eva, rettificazione spirituale che verrà completata con l'avvento dell'era messianica.



E ancora nella descrizione della 'nuova Gerusalemme', simbolo del Paradiso:
« E in mezzo alla piazza della città e da una parte e dall'altra del fiume si trovava l'albero della vita, che fa dodici frutti e che porta il suo frutto ogni mese; e le foglie dell'albero sono per la guarigione delle nazioni. »


Samael fosse totalmente incapace di discernere il bene dal male, per qualche motivo è stato associato alla figura di Satana.
parallelo Laki
l'albero della conoscenza del bene e del male possedeva anche il tronco saporito e dello stesso gusto del frutto
Nachmanide spiega che, mangiando del frutto proibito, Adamo e la donna «avrebbe voluto e desiderato una cosa o il suo contrario».
"Delizia" riguarda gli "occhi", il "desiderio" invece l'intelligenza.
volle vedere cosa si trovava nell'altro lato
originariamente l'albero della conoscenza del bene e del male era legato a quello della vita, posti entrambi nel Giardino dell'Eden: con il peccato Adamo ne ruppe il legame
Secondo l'esegesi ebraica del Talmud e dei Midrashim vi sono differenti opinioni: secondo rabbi Meir è l'uva, secondo rabbi Nechemia è il fico, secondo rabbi Yehudah è il grano mentre altri commentatori affermano sia il cedro
Per il giudaismo il peccato dei progenitori assumerebbe una duplice valenza: da una parte rappresenterebbe un errore, causa della caduta e mortalità umane e testimonianza della debolezza e della fallibilità dell'uomo, dall'altra rappresenterebbe il libero arbitrio dell'uomo, in grado di poter liberamente scegliere fra il bene (la volontà divina) o il male (la tentazione). Un Midrash del Libro del Pentateuco Bereshit, Genesi, indica metaforicamente il peccato di Adamo come un furto. Poiché un peccato porta ad un altro peccato, quando Dio rimproverò Adamo ed Eva per il peccato commesso essi commisero subito maldicenza accusando il serpente e colpevolizzando l'uno l'altra.
Lo studio della Torah permette agli Ebrei di separare il bene dal male; lo stesso studio permette ancora metaforicamente di assaporare il frutto dell'albero della vita.
con il patto tra gli Ebrei e Dio gli Ebrei non sono coinvolti nella radice del peccato e le sue conseguenze ed alcuni tra gli eletti del popolo d'Israele hanno il compito di correggerle spiritualmente in tutto il Mondo; l'osservanza della Torah permette infatti all'Ebreo di distinguere tra merito e peccato, tra puro ed impuro, tra santo e non santo.
con il patto tra gli Ebrei e Dio gli Ebrei non sono coinvolti nella radice del peccato e le sue conseguenze ed alcuni tra gli eletti del popolo d'Israele hanno il compito di correggerle spiritualmente in tutto il Mondo; l'osservanza della Torah permette infatti all'Ebreo di distinguere tra merito e peccato, tra puro ed impuro, tra santo e non santo.
Il serpente, infatti, nel brano biblico non è il diavolo - questa è una interpretazione molto tarda - ma potrebbe rappresentare il culto cananeo della fertilità, verso cui il popolo d'Israele fu costantemente attratto.
serpente forza natura e rigenerazione
l'essenza primordiale della dialettica storica, ovvero l'alternanza di fasi matriarcali e patriarcali. 
« È giunta l'ultima era dell'oracolo di Cuma,
nasce di nuovo il grande ordine dei secoli.
Già ritorna la Vergine, ritornano i regni di Saturno,
già una nuova stirpe scende dall'alto del cielo. »
http://www.filosofico.net/carmide.html

Saggezza


La parola “saggezza” non mi ha mai affascinata molto. Istintivamente è come se la collegassi ad “arretratezza”, “immobilità”.

Gli antichi greci parlavano di “Sophrosyne” per indicare appunto “saggezza”/”temperanza”. “Sophrosyne” ha la sua radice nel verbo “sozo” (che vuol dire “salvare) e nel sostantivo “fren” (che vuol dire anima). Quindi la “sophrosyne” è per i greci la “salvezza dell’anima”.
Aidos fu l'ultima dea a lasciare la terra dopo l'Età dell'oro. Era inoltre compagna stretta della dea della vendetta, Nemesi (νέμεσις)[1]. Una fonte la definisce "figlia di Prometeo[2] Mitologicamente, lei è spesso considerata più una personificazione che una divinità fisica.
Il mito dell'età dell'oro è sfruttato in chiave moralistica da Giovenaleall'inizio della satira sesta (qui la decadenza dell'umanità è vista come l'allontanamento dalla terra della Pudicitia personificata)
l'avvento di una nuova era di pace.
desiderio di rigenerazione e di miglioramento che i romani dell'età tardo repubblicana provavano
Esiodo descrive altre quattro ere che sarebbero succedute all'età dell'oro in ordine cronologico: l'età dell'argento, l'età del bronzo, l'età degli eroi e l'età del ferro. Tale involuzione della condizione umana imposta da Zeus è dovuta alla creazione, ad opera degli dei, diPandora, la prima donna, donata all'uomo perché fosse punito dopo aver ricevuto dal Titano Prometeo il fuoco, rubato da quest'ultimo agli dei. Pandora ha un ruolo simile a quello di Eva nei testi biblici: come Eva, a causa del peccato originale, nega all'uomo la vita felice nell'Eden, così Pandora apre un otre nel quale erano segregati tutti i mali che durante l'età dell'oro erano sconosciuti tra gli uomini.
«un'aurea stirpe di uomini mortali», che «crearono nei primissimi tempi gli immortali che hanno la dimora sull'Olimpo. Essi vissero ai tempi di Crono, quando regnava nel cielo; come dèi passavan la vita con l'animo sgombro da angosce, lontani, fuori dalle fatiche e dalla miseria; né la misera vecchiaia incombeva su loro [...] tutte le cose belle essi avevano»








Il nome del dio è da connettere con la radice indoeuropea sat-', da cui derivano le parole latine satis e satur, che indicano appunto pienezza, abbondanza, ricchezza, soddisfazione. Egli rappresentava anche la ciclicità della natura.




Gli antichi lo facevano derivare da sator ("seminatore"), da satum - supino del verbo serere ("seminare") -, opinione oggi considerata difficilmente accettabile per la quantità breve della a di satum. Era colui che inventò le orge, appunto perché divinità dell'abbondanza.




Il nome stesso riflette la natura peculiare del dio, caratterizzata da pienezza di potenza, fecondità, abbondanza e ricchezza.




Saturno avrebbe infatti regnato su tutto il creato nella mitica età dell'oro, quando la primavera era perpetua, vi era abbondanza di ogni frutto della Terra, uomini e dei vivevano insieme e non v'era necessità di lavorare né distinzioni sociali.




In memoria dell'antica età dell'oro dell'uomo, era mitica durante la quale Saturno aveva governato su tutto il creato, venivano celebrati grandi festeggiamenti chiamati Saturnalia che avevano luogo nei mesi invernali, all'incirca al solstizio d'inverno. Originariamente duravano un solo giorno, tenendosi il 17 dicembre, ma in seguito ebbero durata di una settimana. Durante i Saturnalia, il ruolo di padroni e schiavi veniva invertito, i vincoli morali venivano meno e le regole dell'etichetta ignorate. Si pensa che i Saturnalia ed i Lupercalia siano le origini del Carnevale.
Il culto del Sol Invictus ha origine in oriente. Ad esempio le celebrazioni del rito della nascita del Sole in Siria ed Egitto erano di grande solennità e prevedevano che i celebranti ritiratisi in appositi santuari ne uscissero a mezzanotte, annunciando che la Vergine aveva partorito il Sole, raffigurato come un infante. In particolare, è l'apologeta cristiano Epifanio di Salamina [4] a segnalare che in alcune città d'Arabia e d'Egitto i pagani celebravano una festa dedicata al trionfo della luce sulle tenebre, e incentrata sulla nascita del dio Aîon, generato dalla vergine Kore, con un evidentissimo rimando alla dottrina dell'eterno ritorno: si noti che nella tradizione cosmologica greca "Aîon" era uno degli aspetti del Tempo, inteso nella sua valenza di eterno presente; in greco, inoltre, "kore" è la parola che designa genericamente la "fanciulla" ossia il femminile nelle sue infinite potenzialità, e Kore è anche il nome con cui è nota la figura mitologica di Persefone. La testimonianza di Epifanio è confermata anche da Cosma di Gerusalemme[5], che ancora nel sec. VII d.C. menziona la celebrazione di analoghe cerimonie nella notte tra il 24 e il 25 dicembre.
Il culto del Sol Invictus ha origine in oriente. Ad esempio le celebrazioni del rito della nascita del Sole in Siria ed Egitto erano di grande solennità e prevedevano che i celebranti ritiratisi in appositi santuari ne uscissero a mezzanotte, annunciando che la Vergine aveva partorito il Sole, raffigurato come un infante. In particolare, è l'apologeta cristiano Epifanio di Salamina [4] a segnalare che in alcune città d'Arabia e d'Egitto i pagani celebravano una festa dedicata al trionfo della luce sulle tenebre, e incentrata sulla nascita del dio Aîon, generato dalla vergine Kore, con un evidentissimo rimando alla dottrina dell'eterno ritorno: si noti che nella tradizione cosmologica greca "Aîon" era uno degli aspetti del Tempo, inteso nella sua valenza di eterno presente; in greco, inoltre, "kore" è la parola che designa genericamente la "fanciulla" ossia il femminile nelle sue infinite potenzialità, e Kore è anche il nome con cui è nota la figura mitologica di Persefone. La testimonianza di Epifanio è confermata anche da Cosma di Gerusalemme[5], che ancora nel sec. VII d.C. menziona la celebrazione di analoghe cerimonie nella notte tra il 24 e il 25 dicembre.
Cielo stellato e legge morale
Cartesio grandezza soggettività 
Pascal soggettività di fronte infinito 
Sintesi nuova modernità grandezza soggettività sgomenta difronte all'infinito 
uomo barca suassato venti passioni emozioniu, certo punto deve prendere decisioni nel mare tempestoso dell'INCERTEZZA

l'utile da ricavare nella probabilità

prometeo cristiano
Zenobia
Martire testimone
Sol invictus
  etica giustizia economia ecologia
forme divertimento, divertirsi come staxcccarsi come angoscia esistenziale di sentiresi nello stesso tempo come un tutto e un nulla cercabdo soluzioni o pseudosoluzioni
INTELLETTI ACUTI METTONO IN LUCE CHE LA CONSEUTUDINE SECONDO SI VIVE INTELLETTI ACUTI MOSTRANO COME ALCUNE TRADIZIONI SIANO COSTRUZIONI STORICCHE SENZA LEGITTIMITà, PRETESE ISTITUZIONEI DI GIUSTIZIA NON GIUSTE, uomo INQUIETO SI RIBELLA, ARTE SOVVERTIRE STATI
SPIRITUALITà ARTE SCEINZA MUSICA POLITICA
 staccarsi angoscia esistenziale di sentirsi un tutto o un nulla ceracndo soluzioji  o pesudosoluzioni nella morale politica scienza economia moralismo
machiavelli affascianto grandi eventi storici di sovversione
ARTE SCIENZA POLITICA ECONOMIA IN SPIRITUALITà
sottrarre creatura umana alla rilfessione profonda sul proprio destino, incerto e inutile cartesio
 nio nascosto nella nostra natura
Prometeo nobilta e miseria uomo
Nobiltà capire misura
Creatura umana consapevole condizione uomo consapevole nel pensiero è tradotta nel linguaggio
Interesse pensiero scopre nobilta oltre che miseria
Debolezza essere umano epiteto vincendo parte peggiore di se può conquistare virtù montagne beni lezza ragione umabo e debolezza uomo e sua fragilità debolezza ragione umana inutilità orgoglio uomoomtaigne scettico debolezza uomo fragilità 
Non morale unica per tutti 
Non senso giustiZia unico 
Legittimo e illegittimp


Romani e il rito non interesse opinioni,singole



I. Kant, Critica della ragion pratica, Conclusione



Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto piú spesso e piú a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel trascendente fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza. La prima comincia dal posto che io occupo nel mondo sensibile esterno, ed estende la connessione in cui mi trovo a una grandezza interminabile, con mondi e mondi, e sistemi di sistemi; e poi ancora ai tempi illimitati del loro movimento periodico, del loro principio e della loro durata. La seconda comincia dal mio io indivisibile, dalla mia personalità, e mi rappresenta in un mondo che ha la vera infinitezza, ma che solo l’intelletto può penetrare, e con cui (ma perciò anche in pari tempo con tutti quei mondi visibili) io mi riconosco in una connessione non, come là, semplicemente accidentale, ma universale e necessaria. Il primo spettacolo di una quantità innumerevole di mondi annulla affatto la mia importanza di creatura animaleche deve restituire al pianeta (un semplice punto nell’Universo) la materia della quale si formò, dopo essere stata provvista per breve tempo (e non si sa come) della forza vitale. Il secondo, invece, eleva infinitamente il mio valore, come [valore] di una intelligenza, mediante la mia personalità in cui la legge morale mi manifesta una vita indipendente dall’animalità e anche dall’intero mondo sensibile, almeno per quanto si può riferire dalla determinazione conforme ai fini della mia esistenza mediante questa legge: la quale determinazione non è ristretta alle condizioni e ai limiti di questa vita, ma si estende all’infinito.



(I. Kant, Critica della ragion pratica, Laterza, Bari, 1974, pagg. 197-198)
epitteto nonosante debolenzza vincendo parte peggiore di se raggiungere alte forme virtù

montaigne debolezza rafion unama inutilità orgoglio uomo

morale provvisoria cartesio, cittadini che vagano come stranieri fuori città

elemento sistenziale

 l'uomo inquieto i ribella l'arte del sovvertire gli stati

spiritualità assume forme tempoo arte scienza politica economia
divertimento sottarre natura umana alla riflessione profonda sul prprio destino

rendersi coto miseria

cartesio don chisciotte troppo sicura per essere vera

 cristo chirisce a noi stessi natura, cristoio nascosto e rivelato

argomento razionale e fattuale

L'uomo è nulla rispetto al tutto
Ma è un tutto rispetto al nulla
Natura duplice
La figura umana duplice come ogni c osa è anche consapevole nel pensiero
Svelata pensiero e tradotta nel libguaggio
Nobiltà e miseria condizione
Nobiltà nel capire e rendersi conti

Il cid

Jean racine
Pierre corneille
Moliere
Teatro classico francese
1600 Regole e misura

Il ceto dei grandi proprietari che trae maggior vantaggio dalla crisi

Furfante e fanatico scendere a patti

riduzione ad infinito

Embodyment spirito incarnato sensazin j i corpo

no esperienza senza concetti
dominio concettuale decisivo per ogni esperienza
esperienza uguale concetto per cartesio vs predominio concettuale sull'esperienza

8

Confondere scienza ed esperienza

Contraddizione facoltà infinita volontà potenza vs facoltà finita intelletto

Romani coltivavano schiavi

Ptimiscuita orumordiale romani fraticidio asilum

Presupposto fondamentale dell'organicismo è l'impossibilità dell'individuo isolato. Già Aristotele aveva postulato, infatti, che solo un Dio od una bestia potevano vivere separati dai propri simili, l'uomo giammai. L'individuo, infatti, quando nasce è inerme, e può sopravvivere solo grazie alle cure parentali. Si sviluppa all'interno di una società e cresce grazie ai rapporti coi propri simili.
contratto sociale, chiamato Patto di Unione (Pactum Unionis) che è composto dal Patto di Società (Pactum Societatis) è il risultato di un Patto di Soggezione(Pactum Subiectionis) che, per non incorrere nella inevitabile autodistruzione della società, consiste nella rinuncia di ciascuno al proprio diritto originale (su tutto e su tutti) ceduto a un terzo (il Sovrano) verso il quale è suddito assolutamente obbediente e a cui potrà ribellarsi solo se questi attenta al diritto inalienabile alla vita.


Platone[6] (427 a.C. – 347 a.C.) nei dialoghi del Timeo e della Repubblica suggerisce una forma di società perfetta che si strutturi in tre classi che ripropongono le tre parti dell'anima che convivono in armonia nell'uomo giusto e saggio:
classe dei lavoratori (popolo, caratteristica la temperanza (sophrosúnê); parte dell'anima: concupiscibile)
classe dei guardiani (phylakes o guerrieri, caratteristica il coraggio (andreia); parte dell'anima: irascibile)
classe governativa (filosofi-reggitori, caratteristica saggezza (sophía); parte dell'anima: razionale)
È mai pos­si­bile che un pen­sa­tore cri­tico, un sedi­cente fusti­ga­tore del capi­ta­li­smo e dell’ideologia domi­nante non si accorga di essere il pro­dotto per­fetto e lo stru­mento utile di un mec­ca­ni­smo, appunto quello capi­ta­li­stico, che ha sem­pre saputo pro­durre da solo i suoi falsi nemici pur­ché fos­sero disin­ne­scati e in buona sostanza fun­zio­nali a ben altre cause?
Non è neces­sa­rio aver letto Fou­cault (per esem­pio la «Sto­ria della fol­lia») per sapere che l’istituzione fami­glia, inco­rag­giata a livello gover­na­tivo e final­mente teo­riz­zata e pro­mossa anche dall’intellighenzia eccle­sia­stica, è venuta fuori con il sor­gere del capi­ta­li­smo moderno, che aveva biso­gno di indi­vi­dui moral­mente e fisi­ca­mente inqua­drati per poter dare vita al grande sistema della pro­du­zione indu­striale di stampo seriale.
La visione organicistica si contrappone alla visione individualistica che considera la società come il risultato combinato, ma non coordinato e diretto, delle azioni dell'insieme di individui indipendenti.

Citta ordinata nel colosseo passione,comune ignoti domari di oktre Impero e monopolio violenza sospeso e teasmesso consultazione pubblico vita gladiatore e domocratizzazione potere delega scelta

Il pazzo al potere che consola

Noi e le cose siamo un’unità compatta e diveniente, un assoluto che si trasforma e che si riorganizza senza sosta, ordinandosi da sé in quelle formazioni di senso che la Modernità penserà come l’incontro tra le schegge disperse di una qualche materia di partenza, e un principio piovuto dall’alto e capace di associarle tra loro, connetterle in una forma, distribuirle secondo la geometria di un senso
«grande orologio dell'universo che richiede un grande orologiaio quale suo fattore» (Voltaire).
l'esternalità di Dio rispetto all'universo.
deismo nega però sia la necessità di una rivelazione, dalla quale comunque prescinde ritenendo che sia solo per gli incolti, sia la storicità di qualsiasi pretesa rivelazione. Nega anche qualsiasi forma di provvidenza.

vedi protestantesimo e momento di grande estremismo cartesiano


Detto anche Protogonos (Πρωτογόνος) in quanto uscito per primo dall'Uovo d'argento, anche Eriképaios (Ἠρικεπαῖος) in quanto androgino e quindi "datore di vita"; "femmina e genitore" cfr. 81 Orfici. Testimonianze e frammenti nell'edizione di Otto Kern, p.341; anche Metis.
dall'"Uovo d'argento" emerge Fanes (Φάνης, Phanes)[34], ermafrodito, dotato di quattro occhi, con ali d'oro e munito di diverse teste di animali;
In quest'opera Ferecide segue la concezione esiodea dell'origine del mondo da un Caos primigenio identificato con l'Oceano omerico ma da un frammento risulta come egli affermi l'esistenza originaria di tre divinità primordiali ed eterne: Zas (Zeus), Chronos (il tempo, fuso con Kronos, Saturno) e Chthonie [6] dalle cui vicende sarebbero nati gli elementi naturali e «la grande stirpe degli dei»
A differenza quindi di Erwin Rohde che invece ritiene la nozione di anima immortale un'eredità e un adattamento orfico dell'esperienze di possedimento estatico proprie del dionisismo.

« Non onorò (il soggetto sottinteso è Orfeo, reduce dalla catabasi) più Dioniso, mentre considerò più grande Elio, che egli chiamo anche Apollo; e svegliandosi la notte sul far del mattino, per prima cosa aspettava il sorgere del sole sul monte chiamato Pangeo per vedere Elio; perciò Dioniso, adirato, gli inviò contro le Bassaridi, come racconta il poeta tragicoEschilo: esse lo dilaniarono e ne gettarono via le membra, ciascuna separatamente; le Muse poi riunitele, le seppellirono nel luogo chiamato Libetra. »
(fr. 113 in Testimonianze e frammenti nell'edizione di Otto Kern; traduzione di Elena Verzura. Milano, Bompiani, 2011, p.99)
gli antichi la parte dell’anima nostra non ragionevole, disordinata e violenta, non divina, ma di natura di demoni, chiamarono Titani, e questa è quella che è punita e patisce le pene.

« Gli assassini, un colpo di pugnale dopo l’altro, fanno a pezzi Dioniso in forma di toro.
Zeus padre allora riconoscendo l’ombra
del primo Dioniso ucciso riflessa nell’inganno dello specchio,
dopo aver colpito con il fulmine la madre dei Titani per vendetta
rinchiude gli uccisori di Zagreo dalle belle corna
dietro le porte del Tartaro. E così hanno inizio gli incendi dei boschi,
Che fanno appassire nel calore la vegetazione della Terra affranta »
(Nonno di Panopoli, Dion. 6,204-210[52])

cenere e fertilità
"salvezza" (intesa come tutela e incremento della realtà e degli equilibri sui quali essa si regge).


contrapposizione tra un elemento divino (dionisiaco) e una realtà corporea opposta sul piano della natura (titanico)

due principi alla base dell'antropologia


Ma la morte di per sé non "libera" l'anima immortale. Essa, per le dottrine orfiche, è destinata a rinascere:
« Dato che anche la teologia orfica ci insegna queste cose. O non è forse vero che pure Orfeo tramanda chiaramente simili dottrine, quando, dopo il mitico castigo dei Titani e la nascita da quelli di questi esseri mortali, dice per prima cosa che le anime passano da una vita all'altra periodicamente e che spesso entrano nei corpi umani, ora in uno ora in un altro »
(fr. 224. Proclo Commento alla Repubblica di Platone II, 338 in Orfici. Testimonianze e frammenti nell'edizione di Otto Kern, traduzione di Elena Verzura. Milano, Bompiani, 2011, p. 515)


Tale liberazione poteva essere conseguita, secondo gli orfici, seguendo una "vita pura", la "vita orfica" (bios orphikos Ὀρφικὸς βίος) dettata da una serie di regole non derogabili, tra cui l'astinenza dalle uccisioni.

Le caratteristiche dell'antropologia orfica possono dunque essere riassunte in due affermazioni:
l'uomo, nella sua attuale costituzione, è frutto di un evento storico pregresso: l'uccisione del dio Dioniso (l'essere umano, dunque, è un "epifenomeno", è la conseguenza di un evento critico);[49]
l'uomo, nella sua esistenza e consistenza, è caratterizzato da almeno un elemento divino: nell'essere umano convivono un aspetto "dionisiaco" (lo spirito, l'anima) e un aspetto "titanico" (la materia, il corpo).


« Chi sa se il vivere non sia morire
e il morire invece vivere. »(Euripide, Polydos fr.638 (Platone, Gorgia 492e: davvero non mi stupirei, se Euripide dicesse la verità quando dice...) Traduzione di Giorgio Colli, in La Sapienza Greca, vol.1 p.139)

« In che senso e in che misura questo mito possa costituire la base di una nuova etica è evidente. Esso spiega la costante tendenza al bene e al male presente negli uomini: la parte dionisiaca è l'anima (a cui è legata la tendenza al bene), quella titanica è il corpo (a cui è legata la tendenza al male). Di qui deriva il nuovo compito morale di liberare l'elemento dionisiaco(l'anima) da quello titanico (il corpo). »
(Giovanni Reale. Prefazione in Orfici. Testimonianze e frammenti nell'edizione di Otto Kern. Milano, Bompiani, 2011, p.399 e p. 24)

« Al contrario, la pienezza della vita è il livello di questa poesia. C'è l'abisso tenebroso della notte, il dolore di Dioniso dilaniato dai Titani, ma c'è anche lo splendente Fanes, colui che appare visibile. Il manifestarsi non è degradazione di realtà, ma conquista. La natura è divina, e la sua intuizione è il compito di natura umana compatta, non frantumata nella molteplicità. Il pessimismo si inserisce in questo quadro, e condanna soltanto la vita titanica, l'isolamento nei vincoli individuali, la mancanza di una potenza intuitiva che sappia vedere le immagini sensibili come simboli. La purificazione nei misteri non stacca dalla vita in generale, ma solo dall'esistenza meschina dell'individuo. »
(Giorgio Colli. Orfici. Frammenti in Per una enciclopedia di autori classici. Milano, Adelphi, 1995, pp. 14-15)

« In Esiodo, l'universo divino si organizza secondo un progresso lineare che porta dal disordine all'ordine, da uno stato originario di confusione indistinta fino a un mondo differenziato[46] e gerarchizzato sotto l'immutabile autorità di Zeus. Negli orfici è l'inverso: all'origine, il Principio, Uovo primordiale o Notte, esprime l'unità perfetta, la pienezza di una totalità chiusa. Ma l'Essere di degrada a mano a mano che l'unità si divide e si disloca per far apparire forme distinte, individui separati. A tale ciclo di dispersione deve far seguito un ciclo di reintegrazione delle parti nell'unità del Tutto. Sarà, alla sesta generazione[47], l'avvento del Dioniso orfico, il cui regno rappresenta il ritorno all'Uno, la riconquista della Pienezza perduta. Ma Dioniso non gioca soltanto la sua parte in una teogonia che sostituisce all'emergenza progressiva di un ordine differenziato una caduta nella divisione [...]. Nel racconto del suo smembramento da parte di Titani che lo divorano, della sua ricorstruzione a partire dal cuore conservato intatto (in quanto "essenza indivisibile dell'intelletto") [...] della nascita, a partire dalle loro ceneri, della razza umana [...] lo stesso Dioniso assume nella sua persona di dio, il doppio ciclo di dispersione e di riunificazione, nel corso di una "passione" che impegna direttamente la vita degli uomini perché fonda miticamente l'infelicità della condizione umana al tempo stesso in cui apre ai mortali, la prospettiva della salvezza. »
(Jean-Pierre Vernant. Mito e religione in Grecia antica. Roma, Donzelli, 2009, p. 49-50)
Nel complesso queste teogonie presentano un inizio caratterizzato da un sfera perfetta nella Notte cosmica, quindi, successivamente, ancora una totalità rappresentata da Phanes (Luce, "vengo alla Luce") androgino e con le ali dorate, completo in sé stesso, tuttavia dai lineamenti irregolari, e, infine, da questa unità ancora perfetta un insieme di accadimenti conducono a dei processi di differenziazione. Quindi emerge Zeus in cui tutto viene riassorbito e rigenerato nuovamente per una seconda processione, dalla quale emerge Dioniso il quale, tuttavia, per una macchinazione di Era, sposa di Zeus, verrà divorato dai Titani. Zeus irato scaglia contro costoro il fulmine: dalla fuliggine provocata dalla combustione dei Titani sorgono gli uomini composti dalla materia di questa, mischiata con la parte dionisiaca frutto del loro banchetto[45].


ulteriore teogonia orfica emerge dai Discorsi sacri (hieroi logoi, in ventiquattro rapsodie detta anche Teogonia rapsodica)[31], di cui diversi autori neoplatonici riportano alcuni passi attribuiti a Orfeo ma probabilmente frutto di una rielaborazione di materiale arcaico avvenuta tra il I e il II secolo d.C.[32].
Tempo (Χρόνος, Chronos) genera Etere e quindi un chásma (baratro, χάσμα) grande che si estende qua e là[33];
poi il Tempo per mezzo di Etere forma un "Uovo d'argento";
dall'"Uovo d'argento" emerge Fanes (Φάνης, Phanes)[34], ermafrodito, dotato di quattro occhi, con ali d'oro e munito di diverse teste di animali;
Fanes regna con Nyx (Notte) sua paredra, madre e figlia, dal potere mantico;
Notte genera Gaia e Urano, trasmettendo il potere regale a quest'ultimo;
Gaia e Urano generano Kronos che castra il padre strappandgli il potere regale;
il seguito è simile alla Teogonia esiodea fino a Zeus che inghiotte Fanes divenendo il Tutto;
Zeus riavvia una nuova teogonia, in questo nuovo processo il re degli dèi sposa Demetra che ha una figlia, Persefone, da Persefone, Zeus ha un nuovo figlio Dioniso che sarà protagonista nella nascita del genere umano:
« Presso Orfeo sono tramandati quattro regni: primo quello di Urano, che ricevette Crono[35], una volta che ebbe evirato i genitali del padre; dopo Crono regnò Zeus, che scaraventò nel Tartaro il genitore; in seguito, a Zeus successe Dioniso che, dicono, i Titani gravitanti intorno a lui dilaniarono, per una macchinazione di Era, e si cibarono delle sue carni. E Zeus, colto dallo sdegno, li folgorò e, generatasi la materia dalla cenere fumante da essi prodotta nacquero gli uomini; dunque, non bisogna che facciamo morire noi stessi, non solo come sembra dire il mito, perché siamo in un carcere, il corpo (questo infatti è chiaro), e non lo avrebbe detto affinché restasse segreto, ma non bisogna far morire noi stessi, anche perché il nostro corpo è dionisiaco: infatti noi siamo parte di lui, se è vero che siamo formati dalla cenere dei Titani, che ne mangiarono le carni. »
(Olimpiodoro. Commento al Fedone di Platone; fr. 220 Orfici. Testimonianze e frammenti nell'edizione di Otto Kern, p.509)
Secondo il retore ateniese Isocrate, i più grandi doni di Demetra all'umanità furono i cereali (il cui nome deriva dal nome latino di Demetra, "Cerere"), che hanno reso l'uomo diverso dagli animali selvatici e i Misteri, che gli hanno consentito di coltivare speranze più elevate per la vita terrena e per ciò che dopo la vita verrà


ulteriore teogonia orfica emerge dai Discorsi sacri (hieroi logoi, in ventiquattro rapsodie detta anche Teogonia rapsodica)[31], di cui diversi autori neoplatonici riportano alcuni passi attribuiti a Orfeo ma probabilmente frutto di una rielaborazione di materiale arcaico avvenuta tra il I e il II secolo d.C.[32].
Tempo (Χρόνος, Chronos) genera Etere e quindi un chásma (baratro, χάσμα) grande che si estende qua e là[33];
poi il Tempo per mezzo di Etere forma un "Uovo d'argento";
dall'"Uovo d'argento" emerge Fanes (Φάνης, Phanes)[34], ermafrodito, dotato di quattro occhi, con ali d'oro e munito di diverse teste di animali;
Fanes regna con Nyx (Notte) sua paredra, madre e figlia, dal potere mantico;
Notte genera Gaia e Urano, trasmettendo il potere regale a quest'ultimo;
Gaia e Urano generano Kronos che castra il padre strappandgli il potere regale;
il seguito è simile alla Teogonia esiodea fino a Zeus che inghiotte Fanes divenendo il Tutto;
Zeus riavvia una nuova teogonia, in questo nuovo processo il re degli dèi sposa Demetra che ha una figlia, Persefone, da Persefone, Zeus ha un nuovo figlio Dioniso che sarà protagonista nella nascita del genere umano:
« Presso Orfeo sono tramandati quattro regni: primo quello di Urano, che ricevette Crono[35], una volta che ebbe evirato i genitali del padre; dopo Crono regnò Zeus, che scaraventò nel Tartaro il genitore; in seguito, a Zeus successe Dioniso che, dicono, i Titani gravitanti intorno a lui dilaniarono, per una macchinazione di Era, e si cibarono delle sue carni. E Zeus, colto dallo sdegno, li folgorò e, generatasi la materia dalla cenere fumante da essi prodotta nacquero gli uomini; dunque, non bisogna che facciamo morire noi stessi, non solo come sembra dire il mito, perché siamo in un carcere, il corpo (questo infatti è chiaro), e non lo avrebbe detto affinché restasse segreto, ma non bisogna far morire noi stessi, anche perché il nostro corpo è dionisiaco: infatti noi siamo parte di lui, se è vero che siamo formati dalla cenere dei Titani, che ne mangiarono le carni. »
(Olimpiodoro. Commento al Fedone di Platone; fr. 220 Orfici. Testimonianze e frammenti nell'edizione di Otto Kern, p.509)


altra teogonia di stampo orfico è quella attribuita a Ieronimo e a Ellanico di datazione incerta[28] e che viene riportata nel modo più esauriente da Damascio[29] nel VI secolo d.C.:

all'inizio vi è l'acqua (hýdōr ὕδωρ) e la materia (hýlē ὕλη); da questi si condensa la terra (gē γῆ);
prima di questi non c'è nulla, osserva Damascio, forse perché il "prima" è di natura "indicibile" quindi tramandato segretamente;
dall'acqua e dalla terra prese origine un serpente (drákōn δράκων) avente la testa di un toro e quella di un leone e in mezzo tra queste il volto di un dio, aveva anche le ali poste dietro le spalle, il suo nome era Tempo (Χρόνος, Chronos[30]) privo di vecchiaia (agèratos ἀγήρατος), e ma ebbe anche il nome di Eracle (Hēraklēs, Ἡρακλῆς);
a questo serpente era congiunta Ananke (Ἀνάγκη, Necessità) incorporea, per natura identica ad Adrastea (Ἀδράστεια), con le braccia aperte a contenere ("ne raggiunge i limiti", peráton) tutto il mondo (kosmoi);
Tempo, il serpente, è padre di Etere umido, di Chaos senza limiti e di Erebo nebbioso; in questa triade Tempo genera l'uovo;
dall'Uovo nasce un essere dall'aspetto sia femminile che maschile, con le ali d'oro, le teste del toro sui fianchi, un enorme serpente sul capo somigliante a tutte le creature selvatiche, questo essere conteneva in sé tutti i semi delle creature future, il nome di questo essere nato dall'Uovo era Protogono, anche chiamato Zeus o Pan (Πάν).

Momenti di grande estremismo

Possibile chiaro non distinto

Da Cartesio primo moderno Dubbio dalla autorità e tradizione

Sapere scientifico rigoroso universale

avvalersi dei loro stessi sacerdoti dando inizio al « mito » delle catene iniziatiche “ininterrotte” :
Parte integrante del rituale misterico era la segretezza sottolineata da due aggettivi « arretha » , “ciò che non va detto, in quanto esperienza personale incomunicabile a parole”, che richiede di vivere il rito di persona e « aporrheta», “ciò che è indicibile perché è proibito parlarne”
nel testo greco dell’Inno a Demetra per indicare la pratica rituale eleusina, non si usa mai altro termine che
« orghìa ».
Orghia, da cui deriva l'aggettivo orgiastico, in origine voleva dire semplicemente «l'azione del rituale, l'agire sacro», ma a causa del discredito gettato sui culti pagani dai padri della chiesa, divenne sinonimo di rituale avente a che fare con pratiche sessuali, mente il termine mysteria subì uno slittamento semantico a opera delle reinterpretazioni filosofiche e cristiane tardo antiche, che la portarono ad accogliere in sé significati come: “arcano”, “segreto”, “mistico”, “verità trascendentali che vanno oltre la sola comprensione razionale
Sinonimo di « Mystêria » era « Mystiká » che indicava “le cose indicibili dei misteri” , ovvero le segrete pratiche rituali.
Il NARCISO

« Comincio a cantare Demetra dai bei capelli, dea venerabile,e la sua figliola dalle caviglie sottili, che Adoneo rapì – glielo concesse Zeus onniveggente, signore del tuono, ingannando Demetra. [...] Coglieva le iris e il giacinto, e anche il narciso – insidia per la tenera fanciulla - che la Terra generò su richiesta di Zeus, per compiacere il signore infernale: straordinario fiore splendente, prodigiosa visione per tutti quel giorno, sia per gli dèi immortali che per gli uomini mortali. Dalla sua radice erano sbocciate cento corolle, e al suo profumo fragrante sorridevano l'ampio cielo e tutta la terra e la salsa distesa del mare. Stupita, la fanciulla protese entrambe le mani per cogliere il bel balocco: ma l'ampia terra si aprì nella pianura di Nisa, e ne uscì con i suoi cavalli immortali il signore che ha molti nomi e molti sudditi, figlio di Crono. Afferrò la ragazza e la condusse via sul suo carro d'oro. Ed essa riluttante e in lacrime mandò un grido altissimo(59) [...]»

Il fiore del Narciso contiene una narcotossina così potente che già solo il suo profumo può dare senso di torpore. Questa proprietà, espressa dal suo nome greco narkw, « intorpidisco, irrigidisco », lo pone “teoricamente” tra le “erbe magiche e piscotrope” in grado di far entrare in uno stato lievemente alterato di realtà. Di certo non si tratta di un fiore comune, perché il suo nome compare nell'omonimo mito di Narciso, il cui simbolismo gravita intorno a uno strumento iniziatico molto importante: lo specchio, presente anche nei misteri dionisiaci.
Il fiore di narciso, « insidia [...] la fanciulla dal roseo volto », creando un gioco di specchi (« dalla sua radice erano sbocciati 100 fiori » ) che le impediscono di vedere oltre il desiderio immediato di possedere quella stessa immagine. Distratta e «attonita » si rende vulnerabile e viene rapita mentre protende « le due mani insieme per cogliere il bel giocattolo » . Parallelamente, Narciso si innamora dell'immagine effimera di un amante inesistente. Scambia se stesso per quel che vuole vedere(60) e inseguendo un pallido riflesso cade nell’acqua e affoga. In entrambi i racconti è presente un inganno, ma mentre Persefone si trasformerà da sprovveduta adolescente in regina del suo mondo interiore e esteriore, “maturando”, Narciso, invece, pagherà con la vita il suo profondo egocentrismo e disprezzo per gli altri che finisce per estraniarlo dalla realtà.
La prima fonte antica che nomina Ecate è Esiodo nella sua Teogonia, anche se, secondo gli studiosi, si tratterebbe di una Dea Madre preolimpica assorbita dal pantheon greco(39) . Di lei il poeta dice che « sopra tutti Giove Cronide onorò, alla quale dette fulgidissimi doni: parte le dette della terra, del mare che mai non si miete: e anche ella ha potere nel cielo gremito di stelle(40) ». Si tratta quindi di una dea al di sopra di tutti gli dei, che più «d'ogni altra, riscuote onore fra i Numi immortali».


Qui termina la funzione del divino come mitico antenato neolitico(27) ed entriamo in epoca protostorica con il passaggio dall'allevamento all'agricoltura. La divinità affida i suoi segreti a sacerdoti che vengono scelti tra gli esponenti delle famiglie che l'hanno ospitata, ovvero una stirpe di ierofanti formata in prevalenza da pastori (Eumolpo), procari (Eubuleo) e bovari (Trittolemo(28)) . Questi sono forse i mitici discendenti dei clan familiari che svilupparono e/o importarono le tecniche dell'agricoltura(29) e che trasformano un sistema di istruzione iniziatica da familiare-tribale in sociale-urbano ritualizzando i modi per “addomesticare” (30)la Vita e la Morte:

« ... Allora niente di meglio di quei misteri, che ci hanno sottratto a una vita rozza e selvaggia e resi civili e disponibili alla cultura umana; e le iniziazioni, come sono dette, così davvero abbiamo conosciuto i principi della vita, e abbiamo ricevuto la dottrina non solo per una vita felice, ma anche per una morte sostenuta da una speranza migliore(31) .»
Il Sagittario è governato da Giove e come simbolo lo ritroviamo nello stemma degli U.S.A. dove è rappresentato dall'aquila (altra rappresentazione in astrologia del sagittario) che stringe tra gli artigli una freccia (simbolo del sagittario).


Nel dialogo pavesiano L'inconsolabile (Dialoghi con Leucò, 1947), Orfeo si confida con Bacca: trova sé stesso nel Nulla che intravede nel regno dei morti e che lo sgancia da ogni esigenza terrena. Totalmente estraneo alla vita, egli ha compiuto il proprio destino. Euridice, al pari di tutto il resto, non conta più nulla per lui, e non potrebbe che traviarlo da siffatta realizzazione di sé: ha nelle fattezze ormai il gelo della morte che ha conosciuto, e non rappresenta più l'infanzia innocente con cui il poeta l'identificava. Voltarsi diviene un'esigenza ineludibile.
« L'Euridice che ho pianto era una stagione della vita. Io cercavo ben altro laggiù che il suo amore. Cercavo un passato che Euridice non sa. L'ho capito tra i morti mentre cantavo il mio canto. Ho visto le ombre irrigidirsi e guardar vuoto, i lamenti cessare, Persefone nascondersi il volto, lo stesso tenebroso-impassibile, Ade, protendersi come un mortale e ascoltare. Ho capito che i morti non sono più nulla »
Nel componimento Euridice a Orfeo del poeta inglese Robert Browning, lei gli urla di voltarsi per abbracciare in quello sguardo l'immensità del tutto, in una empatia tale da rendere superfluo qualsiasi futuro.
Apollonio Rodio inserisce il personaggio di Orfeo nelle Argonautiche, presentato anche qui come un eroe culturale, fondatore di una setta religiosa. Il ruolo attribuito ad Orfeo esprime la visione che del poeta hanno gli alessandrini: attraverso la propria arte, intesa come abile manipolazione della parola, il poeta è in grado di dare ordine alla materia e alla realtà; a tal proposito è emblematico l'episodio nel quale Orfeo riesce a sedare una lite scoppiata tra gli argonauti cantando una personale cosmogonia.
Per questa ragione gli viene consegnato dagli dèi degli inferi un phasma di Euridice; inoltre, non può essere annoverato tra la schiera dei veri amanti poiché il suo eros è falso come il suo logos. La sua stessa morte ha carattere antieroico poiché ha voluto sovvertire le leggi divine penetrando vivo nell'Ade, non osando morire per amore. Il phasma di Euridice simboleggia l'inadeguatezza della poesia a rappresentare e conoscere la realtà, conoscenza che può essere conseguita solo tramite le forme superiore dell'eros.
La Melagrana, simbolo di Persefone (distruzione), ma anche di Kore (Vita)
la legge ferrea degli dei che costringe gli uomini sul limite a chinare la testa fronte a loro
issione ribelle
I mitografi successivi cercarono in tutti i modi di discolpare gli dei da un possibile cannibalismo, stravolgendo in tutto la storia di Tantalo. Secondo tale versione infatti egli era un sacerdote che rivelò ogni segreto ai non iniziati, al che colpirono suo figlio con una malattia orrenda. I chirurghi di allora con varie operazioni riuscirono a ricostruire il corpo originale anche se aveva innumerevoli cicatrici.
uomo definito ontologicamente da dimensione autarchica a dialogica
eccentricità uomo
natura controintuitiva scienza
antropocentrismo ostacolo epistemologico
concezione diacronica storica umanesimo farsi umano in divenire
non mitopoiesi ma farsi
identità se è dialogica

jung divisione mondo fatti mondo valori

sistemi viventi sispemi che rispondono a logiche caotihe fluttuazioni livelli non equlibrio
competizione interna
predicato ha funzione se da fitness
slittare pressioni selettive
individuo popolazione

eroe culturale, benefattore del genere umano, promotore delle arti umane e maestro religioso; in quanto figura dionisiaca, egli gode di un rapporto simpatetico con il mondo naturale, di intima comprensione del ciclo di decadimento e rigenerazione della natura, è dotato di una conoscenza intuitiva
capacità costruittiva costruire nuovi ordini, COGLIERE CONTRADDIZIONE FA NASCERE FORZA PRODUTTIVA  creativa
tentativo sempre vano che smepre deve ripetere di combinare cupidità avidità sicurezza

ingannatori simulatori e cupidi guadagno, e coloro che si adattano e portano a loro vantaggio, non perfidi in se o mali ma sanno approfittare del male, necessitati al male,

sanno approffitare male, necissatati approfittatori, ADATTARSI AL MALE NON VINCERE
uomo ha anche virtù  elavbora progetti definisce idee e si muove per realizzarle
colui che sfruttando cupidità generale la guida e la governa a dei fini QUESTA è VIRTU POLITICA, non virtu sublime rispetto alla realtà. sta nel loro mezzo e le conosce tutte sa che le FIGURE SONO INVINCIBILI. SFRUTTA LE'ENERGIE NELLE FIGURE PER REALIZZARE DELLE IDEE
progetti che travalicano figure. NON IMMAGINE SCWENE IDEALI O MINDI COME DOVREBBERO ESSERE. politico individua progetti realistici sulla base del mondo che è
vedeno nelle contraddizioni del mondo che è esiti possibili che lo trascendoino, BASE ANTROPOLOGIA DOLOROSA MA VERA ED EFFETTUALE.
politico no in astratto il migliore più virtuoso capace governare situazione e portare fine con ogni mezzo
fine costruire nuovo ordine

politico ordinadi nuovo, non lo fa, crea un nuovo ordine, RINNOVATO, corrisponde di più più effettualmente alla volontà innata uomo di essere sicuro affari perguire propri guadagno e soddisfare cupidità pone contraddizione in ordine VIRTù non astrattamente PERCHè DEVE SAPERE  libera ma necessitata ESSERE IN RE SAPERE SAPERE LA SITUAZIONE
politico reus sempre ministro seritore PUNTI DI VISTA ASTRATTAMENTE MORALI mezzi cattivi per condurre  uomini verso fine uomo soddifsa, passare atraverso inferno e conoscere diavolo, MALE NECESSITATO nella politica. il politico è anche bestia anche animale, commerci con il demonio
politico non è solo la bestia ma anche la bestia. vilenza e astuzia animale per raggiungere ordine, leone e volpe. volpe non magnata lupi e più astuto leone che cade nei lacci. USARE DELLA BESTIA per raggiungere fine RAZIONALE. non essere bestie.


semplicità ingenuità uomini obbedienti
fare l principe
saper eusare bestia e luomo

grandi speranze e gagliarde promesse

popolo movimentato mosso

politico ragione progetto idea fine ma costruito partire analisi vero effettuale e necessariamente violento e astuto due dimensioni, uomo ragionale dotato logos ragione dotato progetto. idee disarmate senza forza e astuzia. le virtù dell'animale, sennò PROFETA DISARMATO SAVONAROLA

VALENZA PROFETICA es psinoza politica profezia, enorme incidenz politico reliioso nel muovere folle animi masse. inizio tumulto sconvolgente MA NON ORDINE arrivato oltre che con la dichairazione fini e manifesto ideologico, ORGANIZZAZIONE POLITCA CON IN SE FORZA EFFFETTUALE. non solo techn pletiche ma techne plemiche arte guerra non solo dialettica
politica ineffettuale senza esercito, non solo ars politica
virtù è ragione
profeti disarmati

spesso non si comprende vitale condraddizione sicurezza cupidità guadagno
fare nuovi ordini, faber. PARADOSSALITà IMPLICITA INDIZCAZIONE non custyodire difendere ordine ma farne uno nuovo, sovvertendo il precedente, ordinatore sovvertitore
sovvertitore limite malignità bestia
apsetti più creativi stessa linfa limite malvagita
politico sempre centauro
violenza fondamentale è monopolizzata non estinta
resta dimensione principe animale bestia
ordine nasce tumulto conflitto contraddittorietà dalla contrapposizione
UOMO NON NATURALMENTE ORDINATO distruggere precedenti entrare conflittto contraddizione
NON SUPERA E OLTREPASSA CONMDIZIONE BESTIA
drammaticità contradditorietà

immagine composta risolta armoniosa provvidenzialm,ente diretta alla pace romana, pace ideologica
COLORO CHE DANNANO I TUMULTI BIASIAMNO COSE CHE FURONO PRIMA CAUSA TENERE LIBERTA ROMA GRANDE POTENTE LIBERA

libera grazie contraddizioine tumulti mantengono vivo NESSUNO PREVALE EGEMONIZZA

conflitto contraddizione impolicita perche la contraddizione possa svolgere questo ruolo positivo di creazione costruttiuva
contendenti in conflitto
oltre che separazione  contrapposizione astratta il conflitto è il convergere sull'idea libertà romana
equilibrio , ognuno cerca un ordine superiore, della proppria libertà
si difende idea libertà romana
machiavelli non repubblicano e monarchico
ordini diversi
IN OGNI EPOCA INSATIVBILITà PROPRIA DIELL'UOMO IN GENERALE FORM,E E ORDINI PIù VARUI ANCHE NEI MEZZI VARIANDO NEL TEMPO NEI COSTUMI
NON LA SCIENZA POLITICA IN GENERALE O LA POLITICA IN GENERALE

AUCTORITAS POTERE COSTITUISCE ORDINE saperlo custodire con ogni mezzo significa saperlo trasformare
capacità augere, crescere trasformare
modo migliore per rovinare è immobilizzare costituzioni credere leggi immobili

innovazione continua e pmeranente leone volpe innovatore progetto innovazione permanente
custodire trasfomando conservare innovando

incapacità stare FORTE QUANTO PIù A ROFITTO LA STESSA CONTRADDZIONE NON TRASFORMATO A CASO
stato non inteso daòòa vuilgato tanto più forte quanto è più a profitto contradizzionw


tecno politiche mantenimento ordine e sicurezza monopollio sempre della violenza, centauro
resta dimensione principe animale e bestia
ordine nasce tumulto conflitto , nasce contrapposizione, il nuovo ordine
uomo non naturalmente ordinato, costruisce ordine sovvertendo i precedenti entrando in conflitto e contraddizione
immagine composta risolta e armoniosa provvidenxzialmente è sbagliata , grande pace, visione tutta ideologica

coloro che condannano tumulti tra nobili e plebe condannano cose che erano prima causa del tenere libera roma, grande potente e libera

libera grazie alla contraddizione e lotte tumulti tengono vivo e libero, attraverso contraddizione nessuno prevale o egemonizza, attraverso contraddizione stabilisce nuovi ordini

conflitto non solo contrapposizione astratta ma convergere, su un idea libertà, di voler essere liberi
si equilibrano, ognuno cerca un ordine superiore affermandosi, affermando la libertà propria, entrambi difendevano l'odea libertà romana

varietà insatbilità dell'uomo in genrale, fa si che gli ordini siano i più vsari, anche le forze con le quali i mezzi per realizzare ordini vasriano nel tempo

no la scienza politica in generale no la scienza politica in generale,
AUCTORITAS potere che costituisce l'ordine: principato monarchia repubblica, uno vale laptro, il regime politico deve avere auctoritas
augere crecere trasformare
immobilizzare costituzione rovinare ordine
creare nuovo ordine saperlo custodire con ogni mezzo quindi trasformarlo

mito roma umanisti, mito repubblica più dell'impero
innovazione continua permanente leone e volpe, ragione e progetto custodire trasformando conservare innovando

dominat vicessitudo intrinseca, la incapacità di stare, mezzi e forme sempre varie, ordine paradossale ordine che non è mai stato come participio passato
forza statomettendo a profitto contraddizione stasso conflitto, riesce trasformarsi, stato macchivelli, ordine statuale, paradossale rispetto vulgata

fare scienza della variabilità scena politica, comprenderla secondo ordini razionali,
la politica è tecne arte, non scienza, milizia e politica si combinano, non combinandosi è il disastro italiano, NON EPISTEME SCIENZA, individuazione regolarità ANALISI INDIVIDUAZIONE REGOLE regolarità, NON METAFISICA della politica, analisi individuazione, il principe è la analisi delle regolarità su cui basare la propria prassi, basare prassi politica, INDIVIDUAZIONE ALCUNE NORME E PRINCIPI FONDAMENTALI , in un modo o nell'arto ritrovare nell'analisi di tutte le forme, di tutti gli ordini politici , e di tutti i mezzi per realizzarli

principi norme regole fondamentali, NON LEGGI UNIVERSALI che possano permetterci di comredere qulasiasi situazione, ma alcuni principi regolativi
regola fondamentale: superare dispersione poteri, dissipazione poteri, rende impossibile costruire ordine, confrontarsi granfi potenze, diversi potentati, dal confliutto emerga auctoritas, in grado di superare il loro conflitto divergente non conflitto convergente, per realizzare questo fine nuova milizia, DOTARSI DI FORZA, non solo militare, mai da sé, PRINCIPE CON NUOVA MILIZIA, coquistare fon forza non solo militare ma al servizio politica e ordine da realizzare
DA INCANTATI PENSARE COSTRUIRE STATO SOLO SULLA MILIZIA O SOLO SULLE IDEE DUE FACCE STESSA MEDAGLIA
idea ordine stato, occorre logos, e sa che gli è necessaria il leone leone che deve avere leoni, separati non valgono  EFFETTUALMENTE NON SONO POTENZE EFFETTUALI , virtus machivellica, non machiavelli empio, non costruire stati attraverso empietà, ma attraverso commercio con il male

personaggi mandragola si adattano stati in  se, COSTRUISCE LO STATO CHI SA DELLA NATURA VULNERATA DELL'UOMO , naturale ferita natura umana, chi sa VOLGERLA AL PROPRIO FINE renderlo obbediente al suo fine, virtuoso è chi sa quale ordine è possibile instaurare a partire da questa situazione che indica con chiarezza con quali mezzi è possibile raggiungere quel fine , tra quei mezzi ci sarà necessariamente qualch emezzo malo, combinare auctoritasd politica la forza idea che per si persegue idealistica con la milizia, VIRTUS COMPORRE DIVERSE DIMENSIONI , VIRTUS EROICA, MAX WEBER eroe, comporre idea stato che persegue CON IL PIù SOBRIO E CRUDO DISINCANTO SULLA NATURA UMANA, PER PERSEGUIERE FINE ENTRARE  IN COMMERCIO CON BABILONIA, CHI RIESCE A TENERE IN SE A SOPPORTARE IN SE QUESTE TENSIONI SENZA CHE PREVALGA MAI L'UNA RISPETTO ALL'ALTRA CHE SA TENERLE IN SE CONENERLE SOPPORTARLE è QUESTO IL GRANDE POLITICO PER WEBER, grande centauro,
machiavelli detestato dalla corrente che esalta lo stato assoluto non stato che regisce costantemente con l'dea repubblicana romana non stato che si innova e trasforma continuamente e nella  contraddizione mantine spazi libertà , alla fine non l'elimijnazione IDEA LIBERTà MA REALIZZAZIONE LIBERTà NELLO STATO

stato supera divergere lacerato micropotenze incapaci dare ordine al conflitto , di ordinare conflitto, stato nel quale la cupiditas di ogni individuo non solo abbi sacra fames è anche volontà di sapere cupiditas scienti , libertas filosofandi di machiavelli, uomo cupido giadagno non solo di roba ma di sapere e di espndere propria PONTENZA libertas filosofandi e cupuditas scienti , NON ORDINE FAGOCITA LIBERTà MA ORDINE NEL QUALE LA CUPIDITAS SI COMBINA CON L'ORDINE CUPIDITAS elemento  e fattore dello stato, paradosso, non può essere scienza ma soltanto arte, POLITICO ARTISTA COMPONE PER UN MOMENTO  MAI COMPOSIZIONE ETERNA NECESSARIA COMPORRE PER UN MOMENTO PER UNA EPOCA QUESTA CONTRADDIZIONE . durerà quanto più il politico  artista sapra trasformarla innovarla dall'interno . mobilitarla, renderla viva. organismo solo stato è morto o gelido mostro. tutto è ordine actoritas fochè gelido mostro.
domanda fondamentale intorno natura uomo
tucidide machiavelli hobbes
fisiche psichiche pari capacità nuocere o realizzarsi nei propri desideri
uomini naturale facoltà psichiche fisiche omogenee
per questo conflitto perpetuo

sociteà corrompe esseri umani per rosseau, innoicenza originaria

2valutazioni uomo due valutazioni corpo politico:
realismo POSITIVA  società civile perfviene ordne essere umani permette autoconservarsi prosperare

rosseau negativa divisione lavoro e porprietà privata negativa, nascita disegualianza, indiviui dovrebbero esere libiri ALL'infuori volontà generale popolo unica autorità. obbedire leggi create se stessi


chiaro il nesso il tragitto
dio energia creativa energia intelligente
Il segno del Sagittario è quello, nello Zodiaco, che ha maggiore propensione all’esplorazione del diverso o del lontano da sé. Affinché questo viaggio di scoperta gli sembri fattibile, è dotato di un ottimismo che non ha pari. Ha una fortissima volontà di conquista, che lo porta a raggiungere mete che, forse, non interessano ad altri, ma che sono esclusivissime.
saggitario
L’attitudine verso la trasformazione, concepita come atto di sublimazione è simboleggiata dal Sagittario, ove avviene il mutamento igneo del corpo in un “corpus mundum”. Il fuoco non è bruciante ma sotto il dominio dell’aria, in uno stato di quiete e pace. L’operazione abbinata al segno è l’incerazione, ossia l’incenerimento del corpo con il fuoco dello spirito.
uomo intrinsecamente vicessitudo non schiavo necessitudo, da leo alberti
umanesimo tragico , alberti machiavelkli leopardi
tragico umanesimo
machiavelli umanesimo crisi epocale
concezione profonda politica moderna. comincia nel machiavelli

tucide machiavelli hobbes tristo malvagio per natura tiene a freno peggiori istinti per paura snazione egoismo desiderio potere sopraffazione


aristotele uomo animale politico sociale socievole

Necessità cogliere contraddizione da cui far nascere forza creativa oroduttiva percostrite nuovi ordini

Tentativo vano necessità combinare cupidita avidità sicurezza

Ordine società civile utosostentzione e sutoconservaxio nrprosperazione
Realismo positivo

Obbedire leggi creati noi stessi contro qeulle degli altri

Uomo non prigioniero vicessitudo ma è vi cessitudo
Produce cambiamenti iteriori instabili inquieto
Il cuore agostiniano instabile
Uomo ordutyire inquietudinemondo
Non servo vicessitudo cosmica
Ne è lui il fabbro
Leon battista alberti
Umanesimo.è tragico

Forme umanesimo raapportolirto uomo.ambiente contesto
Uomo immerso vicessitudo risvolti effetti cosmici astrali
Problema astrologico

Instabilità ricerca produzione nuovi irdini

Nulla di sciatto intentato
Perenne e continua variazione e creatività

Rileggere maniera onirica trasfigurata

Soggetti informati

La Musica che esplora possibilità della creaziine

Vogliamo di più diverso creativo

Realismo ordini che mettano al sicura sicurezza sed cura che.non diano preoccupazione cure
Al sicuro dai pericoli lo stato
Contraddizione con cupidigia di danaro

La vicessitudine non è cosmica ma jn nuce interiore

Umanesimo uomo immerso vicessitudine cosmica astrale

Creazione continua nuovi ordini

Le contraddizioni produttive che arricchiscono
Fra sicurezza e cupidigia

Giocare percezione tradizione dando di più

Defirmazione trasfigurazione figure standard

la supremazia di un uomo su un altro uomo
tutti gli uomini sono fratelli e hanno tutti pari dignità
culto della tecnologia ovvero della creatività umana dell'uomo creatore
come potrebbe…un uomo che vive in uno stato democratico, ove esiste la tendenza a livellare verso il basso l’umanità, acquisire il potere e l’autorità per governare il mondo come Tiranno illuminato? In condizioni normali sarebbe impossibile.
L'umanesimo rinascimentale fu un movimento che influenzò il panorama culturale, politico, sociale e letterario dell'Europa. Partendo da Firenze nell'ultimo decennio del XIV secolo, l'umanesimo portò nuova linfa allo studio del latino e del greco, con la conseguente rinascita delle scienze, della filosofia, dell'arte e della poesia dell'antichità classica. La rinascita si basò sull'interpretazione di testi romani e greci che, ponendo enfasi sulle arti e sui sensi, segnarono un grande cambiamento dalla contemplazione dei valori biblici di umiltà, introspezione e docilità. In questi testi la bellezza era lo specchio della virtù e del valore ed era considerata un elemento essenziale nel cammino verso Dio. La divergenza dell'umanesimo dall'ortodossia cristiana può essere identificata con la condanna diPelagianesimo di Gerolamo e Augustino. Come gli umanisti, Pelagio considerava gli esseri umani come possessori di un'innata capacità di migliorare le qualità che la Chiesa percepiva come necessariamente da considerarsi un dono di grazia da Dio. Pelagio rifiutò la dottrina del peccato originale. Gli umanisti similmente riconoscono gli esseri umani come nati non nella costrizione di un peccato ereditato dai loro antenati, ma con il potenziale sia del bene che del male che si sviluppa in questa vita come loro caratteristiche di formazione. Gli umanisti inoltre rifiutano la predestinazione calvinista, attirando l'ostilità dei fondamentalisti protestanti.

etica morale








concezione ellenica unità della ragione pratica continuità e coincidenza dell'agire politico morale ed economico
müssen: dovere, per forza
sollen: dovere, consiglio
etica disciplina morale realtà: morale l'oggetto che l'etica come disciplina prende in considerazione
in passato indistinguibili

Heghel: Moralitat aspetto soggettivo condotta, Sittlichkeit insieme valori morali realizzati nella storia



sŭus
(suus, sua, suum)
pronome possessivo

1 suo, proprio, loro
2 naturale, innato
3 specifico, particolare
4 opportuno, adatto, conveniente, debito, appropriato
5 favorevole, propizio, devoto
6 libero, indipendente
7 suo caro, suo amico, suo intimo

La Lettera sull'umanismo[modifica | modifica wikitesto]

Con la pubblicazione della Lettera sull'umanismo Heidegger rese note le tematiche dell'evoluzione del suo pensiero, rispondendo anche alla pressante richiesta di un'etica che completasse la sua ontologia.[66] Risalendo al detto di Eraclito, secondo cui «Ethos anthròpo daimon» («il carattere proprio dell'uomo è il suo destino»),[67] Heidegger lo analizza interpretando etimologicamente la parola ethos come soggiorno, dimora: ed il linguaggio viene ad essere considerato appunto come il luogo aperto, la finestra, attraverso cui l'Essere si può manifestare all'uomo nella sua verità. In un celebre passaggio della lettera, Heidegger afferma che:
« Nel pensiero l'essere perviene al linguaggio. Il linguaggio è la casa dell'essere. Nella sua dimora abita l'uomo. I pensatori ed i poeti sono i custodi di questa dimora. »
(Heidegger, Über den Humanismus, 1947[68])


L'uomo, quindi, non può imporre all'essere la sua verità, ma si deve piuttosto comportare, nei confronti di ciò che è, come nei confronti dell'ospite atteso: custodire e preparare la dimora, rammemorando un incontro passato, e predisponendosi consapevolmente alla possibilità di un incontro futuro. Il suo umano essere-nel-mondo, connotato dalla ricerca del senso dell'essere quale fondamento della sua possibilità di scelta, viene ora interpretato come un soggiornare e-statico (ossia fuori di sé) nella verità dell'Essere, concetto dal resto già presente in Essere e tempo dove, come sottolinea Heidegger, il Dasein «esperisce l'esistenza estatica come "cura"».[69] L'uomo diventa così il «pastore dell'Essere», «la cui dignità consiste nell'esser chiamato dall'Essere stesso a custodia della sua verità»[70] e «la cui essenza, in quanto e-sistenza, consiste nell'abitare nella vicinanza dell'essere».[71] Ciò a cui danno voce i poeti ed i pensatori, ossia innanzitutto il «pensiero poetante», in quanto maggiormente dedito alla cura del linguaggio, meglio saprà, secondo Heidegger, predisporre all'ascolto della parola e dell'avvento dell'essere.[72]

Nella stessa "lettera" Heidegger respinge pertanto ogni forma umanistica di etica, cioè che riconduca l'etica alla volontà e soggettività di «un'umanità che, come subiectum,[73] è a fondamento di tutto l'ente»,[74] facendone qualcosa di intrinsecamente nichilista. L'unica etica possibile è quella che viene prima di ogni etica, che tenga conto di quella differenza ontologica che consente all'uomo di esperire la trascendenza dell'essere rispetto all'ente, e quindi di abbandonare la pretesa di impossessarsi dell'ente e di manipolarlo riducendolo a mero strumento della propria tecnica.


La differenza ontologica è una locuzione con cui, in filosofia, si designa la differenza che distingue l'Essere dall'ente.[1][2][3][4][5]

Questa espressione rimanda a problematiche ontologiche risalenti al periodo dell'influenza di Avicenna sulla Scolastica[1] ed è utilizzata nella filosofia contemporanea e in particolare da Martin Heidegger per sottolineare l'irriducibilità dell'Essere a qualsivoglia ente, sia pure perfettissimo e supremo.[6] L'essere, sottolinea Heidegger, non è l'ente: in questa formulazione, apparentemente elementare, svolge un ruolo decisivo la copula "è", la quale, mentre distingue l'essere dall'ente, tuttavia ne esprime la fondamentale relazione.[7] La differenza ontologica, infatti, non è una condizione di separazione; essere e ente sono invece inscindibilmente legati e l'essere è solo in quanto si manifesta nell'ente.

D'altra parte, secondo Heidegger, da tempo, soprattutto a causa dello sviluppo della metafisica, il pensiero ha perso la capacità di porre attenzione a tale differenza; l'uomo tende quindi a considerare l'Essere come un puro e semplice niente (posizione che si identifica col nichilismo).[8] Ne consegue la riduzione dell'ente stesso a semplice-presenza, cioè a oggetto della manipolazione arbitraria dell'uomo che, per così dire, perde di vista l'essenziale conducendo la propria esistenza nell'inautenticità. Eppure «perfino il nichilismo come decadenza, il nichilismo per così dire "inautentico", si spiega soltanto in base al nichilismo "autentico", ossia alla funzione del nulla che condiziona la finitezza degli enti e la loro differenza dall'essere e che nella storia della metafisica è stato in parte celato e occultato.»[9] Su questo punto, celebre la polemica contro Sartre a cui, nella Lettera sull'umanismo (in tedesco: Brief über den Humanismus, 1947), Heidegger replica prendendo posizione contro qualsiasi forma di umanismo.[10]

In realtà, anche l'uomo stesso è un ente, per meglio dire un esserci, cioè l'ente in cui l'essere "ci è"; la capacità di pensare la differenza ontologica riveste dunque un'importanza imprescindibile anche per l'uomo stesso dal punto di vista della sua condizione esistenziale.
La differenza ontologica, infatti, non è una condizione di separazione; essere e ente sono invece inscindibilmente legati e l'essere è solo in quanto si manifesta nell'ente.
potere è invisibile
per essere potenti e sopravvivere, machivelli, necessario occolturare proprie intenzioni
cosa fatta quando rapporto con il prossimo , non dire gli impoulsi, renderebbe impossibile convinvenza,
anche in natura, potere in natura dall'inganno astuzia, trappola

destinazione tecnologia al dominio
tecnica che ascolta la voce del pensiero filosofico, che predica l'assenza di limite, liberata preoccupazione di dover rispettare certi valori esaltati dalla tradizione, progressivo avvicinamento tra sottosuolo pensiero filosofico nostro tempoo e tecnica, tecnica dirittto di vincere
I Lari (dal latino lar(es), "focolare", derivato dall'etrusco lar, "padre")


Il Genio era raffigurato di solito come un serpente (in Cicerone[7], in Giulio Ossequente[8], nel larario della casa dei Vetti, a Pompei).




Il genius corrisponde al genètlion o daimon dei greci e ad altre figure mitiche di vario tipo, il cui culto era molto diffuso presso i popoli dell'antichità e che hanno sostanzialmente rappresentato le prime forme di quello che oggi è il culto degli angeli.

Per estensione, il termine genio è impiegato per indicare anche figure mitologiche minori presenti in varie tradizioni, spiritelli a carattere benevolo o malevolo, collegati alla natura e ad aspetti dell'esistenza (geni della foresta, dei fiumi, dell'amore, della fecondità, ecc.).
profeti ovvero ordinatori, amministratori del sapere
abbiamo visto Leopardi rivolgersi all’Italia, al Mai, alla sorella; alla sua Donna, a Silvia, al Pepoli; lo abbiam visto rivolgersi alla Primavera, alla luna, alle stelle; a se stesso, ad Aspasia, al candido Gino. Lo abbiamo visto persino rivolgersi al passero solitario, ipostasi animale ed arazionale del poeta. Lo vediamo ora abbassarsi ad apostrofare un vegetale, la lenta e odorosa ginestra; lo vediamo non più «erta la fronte e armato e renitente al fato». Non più nemmeno il «tronco che sente e pena». L’ultima ipostasi del poeta è qual egli la desiderava: non renitente, innocente, non piegata codardamente, ma nemmeno orgogliosamente eretta. E, finalmente, saggia, non più malata del male edenico dell’uomo: l’egocentrismo.
una costante tensione a organizzare il pessimismo, proprio secondo quanto diceva Benjamin.

Nella seconda strofa il poeta si rivolge al suo secolo presuntuoso e stolto (il XIX), che ha abban- donato il sentiero del pensiero laico e razionale – aperto dal Rinascimento e percorso fino a tutto il Settecento (con gli illuministi) – e, rivolti indietro i passi, chiama progresso questo retrocedere (la polemica è nei confronti delle ideologie romantiche spiritualistiche e cattolico-moderate, per esempio di Gioberti e Manzoni, che respingendo il pensiero razionalista ripropongono il ritorno alle dottrine del passato).
giappone alleanza con la natura, per un territorio sottomesso ordinariamente
mediterraneo lotta con la natura, per un territorio gentile che manifesta periodicamente la sua tirrannia


Il greco non spera, il greco sa, tende a sapere; colui che spera si configura come contrapposto a colui che sa, nella misura in cui chi sa è conseguentemente titolare di un potere, e chi può fare o non fare non ha motivo di sperare. Il greco tutt’al più parla di buona speranza, in termini cioè morali, legata a un buon senso comune: la speranza, cioè, che la buona vita che conduco comporti un proseguimento della vita, che la virtù doni immortalità.

Il primato del sapere è quanto di più attuale vi è nella civiltà occidentale, fondata scientificamente su ciò che sappiamo, sui dati che disponiamo, in perfetta conseguenza-deriva dallo spirito greco. L’essere potenti e il sapere eliminano, ab origine, la speranza. Su questo punto preciso, con il confronto con Atene, ci viene incontro il messaggio di Gerusalemme sulla speranza. Il portavoce di questo messaggio è Paolo di Tarso, il quale è pienamente consapevole della domanda che un greco farebbe dinanzi all’annuncio cristiano: qual è il fondamento della tua speranza? Paolo dà conto della speranza a partire da questo interrogativo greco, ponendosi come autentico padre fondatore di quella che oggi si chiama inculturazione della fede. È necessario un fondamento certo, sicuro, saldo. Quale fondamento allora per la speranza annunciata da Paolo? Quello della fede, del rapporto rinnovato, restaurato, fra Dio e l’uomo. Di cosa parla invece Paolo quando accenna alla disperazione dei pagani? Egli, secondo Cacciari, si riferirebbe alla loro infinita ricerca di conoscenza, al loro radicale interrogare, allo scetticismo su ogni cosa: tutto ciò è senza fine perché mai può esservi un termine per questa ricerca. Il greco problematizza sempre; anche quando giunge ai principi primi, ai dogmata, essi sono ri-discussi, ri-pensati. La disperazione dei pagani per Paolo, è essere privi di un fondamento sicuro su cui procedere, e del resto, il termine latino spes, rimanda direttamente a qualcosa che dà piede, che consente di camminare. Questa inquisitio greca, può essere veramente definita o accostata alla disperazione? Secondo il filosofo veneziano no.
L’avvento della modernità ha così sostanzialmente “svuotato” della loro essenza sia il tempo che lo spazio. Questi sono stati resi cioè entità astratte che riescono a facilitare il funzionamento della società e dei mercati proprio perché non hanno la necessità di intrattenere dei legami con un preciso contesto sociale. Tutto ciò ha reso possibile oggi un’incredibile accelerazione della velocità di vita che produce come conseguenza pesanti costi per l’ambiente naturale e una compressione del tempo a disposizione degli individui.
l’organizzazione sociale del tempo è stata fatta corrispondere all’uniformità della misurazione del tempo introdotta dall’arrivo dell’orologio meccanico, mentre lo spazio è stato reso sempre più autonomo.
relativizzano l’antropocentrismo occidentale in favore di un’ibridazione con l’alterità non-umana e sottraggono terreno alle dicotomie su cui si fonda il pensiero moderno. Spunti teorici migrano a impregnare le concezioni di mostre di rilievo internazionale. Tradotti in formulazioni più accessibili, più o meno semplificati e schematici, accompagnano un’arte che di tali riflessioni si vuole sintomo estetico. Da quale punto di vista è però possibile rimettere in questione il paradigma del moderno, e come trovarne formulazioni visive? Le mostre espongono, e si espongono, non solo al rischio di impoverire la teoria nel processo di popolarizzazione, ma di renderne l’arte inesatta illustrazione.
Nei labirinti il percorso è senza errori possibili, anche se confonde il visitatore, che perde il senso dell’orientamento. È strettamente legato al tema del Sacro, ed è stato molto utilizzato nelle tradizioni religiose. Il labirinto simboleggia un percorso interiore attraverso il quale lo spirito si può evolvere e innalzare ad un livello superiore. Il centro del labirinto, secondo Mircea Eliade, rappresenterebbe la sacralità. Il cammino tortuoso per arrivarci assumerebbe quindi una funzione di protezione del sacro nei confronti dei profani, essendone riservato l’accesso ai soli iniziati: la difesa di un luogo sacro, di un tesoro molto prosaico (fatto di denaro o di beni materiali) o spirituale (immortalità, virtù, elevazione al divino, conoscenza di sé). Se si osserva, ad esempio, il labirinto della Cattedrale di Chartres (XII sec.), si nota che non c’è una sola biforcazione. Questo perché non si voleva far perdere il pellegrino o farlo uscire, ma condurlo al centro.


Frank Lloyd Wright. La sua “architettura organica” definisce le caratteristiche geometriche di un oggetto, cioè dei suoi elementi costitutivi, attraverso un processo di astrazione. Le maglie quadrangolari, esagonali e circolari dei suoi edifici condividono con altrettanti “edifici naturali”, quali le conchiglie, i cristalli e gli alveari, i parametri guida e gli schemi di crescita delle loro strutture.


Umberto Eco[7] ha tracciato la storia del difficile e controverso tentativo umano di classificare la realtà tramite un dizionario o un’enciclopedia, e ha associato l’evoluzione dell’enciclopedia all’evoluzione storica del labirinto, da unicursale a multicursale a rete. Siamo ormai, potremmo dire, in un “labirinto virtuale aperto”, con più entrare e uscite dove la vera trappola è il sovraffollamento. Il suo collega e amico semiologo Roland Barthes, nell’anno accademico 1978-1979, al Collège de France di Parigi, tenne un memorabile seminario intitolato La metafora del labirinto: ricerche interdisciplinari[8], con forti accenti autobiografici: «Labirinto. Unica risonanza in me: voler raggiungere l’essere amato (che si trova al centro e non poterlo fare). Forma tipica dell’incubo, forma infantile: non poter raggiungere la propria madre; tema del bambino perduto, abbandonato. È un labirinto dal momento dell’ingresso. (…) Ci si identifica classicamente con Teseo, ma ci si può identificare con Minosse: restare chiuso, protetto (dormire); non si parla mai del labirinto come protezione». Con i suoi ospiti e studenti, Barthes giunse alla conclusione che il “Labirinto” è forse una falsa metafora, poiché la sua forma è così topica, così pregnante, che in essa la lettera ha il sopravvento sul simbolo: «il labirinto genera dei racconti, non delle immagini”. Per questo motivo il Seminario terminò non con delle conclusioni, ma con una nuova domanda: non “Cos’è un Labirinto?”, o anche “Come uscirne?», ma piuttosto “Dove comincia un Labirinto?”.