"Those who say that Marx ignores human nature usually mean by ‘human nature’ egoism, selfishness. Marx does not deny that in existing capitalist society people tend to be narrowly egoistic… To look at people in capitalist society and conclude that human nature is egoism is like looking at people in a factory where pollution is destroying their lungs and saying that it is human nature to cough."
Andrew Collier, Marx: A Beginner’s Guide
Andrew Collier, Marx: A Beginner’s Guide
"The problem for us is not are our desires satisfied or not. The problem is how do we know what we desire? There is nothing spontaneous, nothing natural about human desires. Our desires are artificial. We have to be taught to desire. Cinema is the ultimate pervert art. It doesn’t give you what you desire. It tells you how to desire."
— Slavoj Žižek
— Slavoj Žižek
La religione di ricerca (quest), dunque, si caratterizza per la propria capacità di
affrontare le questioni esistenziali senza ridurre la complessità del reale e,
soprattutto, per la capacità di ingenerare una continua ricerca della verità che non si
accontenta delle risposte tradizionali, considerando il dubbio nella sua positiva
funzione di “volano della conoscenza”, e lasciando ampio spazio all’uso della
ragione
deve essere tutto un processo di mortificazione (interiore e non della carne), di spersonificazione, di rinunzia alle speranze ed ai desiderii egoistici, di liberazione da ogni paura e da ogni legame. Raggiunta questa condizione di passività, di inerzia, di innocuità, egli varca la soglia della camera mediana, e quivi ha luogo la sublimazione della coscienza, la rinascita, la morte e la risurrezione
R.Guénon, “Riunire ciò che è sparso”..., p. 9:«Per capirlo occorre ricordarsi che il vero nome di un
essere non è altro, dal punto di vista tradizionale, che l‘espressione dell‘essenza stessa di tale essere; la
ricostituzione del nome è dunque, simbolicamente, la medesima cosa che quella dell‘essere stesso.[...]
Da questo punto di vista, ―riunire ciò che è sparso‖ è la stessa cosa che ―ritrovare la parola perduta‖,
poiché, in realtà e nel suo significato più profondo, la ―Parola perduta‖ non è altro che il vero nome
del ―Grande Architetto dell‘Universo‖».
La Cabala medievale afferma che il peccato di Adamo ha introdotto una falsa separazione tra il Divino maschile e la Shekhinah femminile, consumando dall'Albero della Conoscenza prima che dall'Albero della Vita, due aspetti delle Sefirot
C.Bonvecchio, Esoterismo e Massoneria, Mimesis Edizioni, Milano 2007, p. 252; inoltre O.Wirth, La Franc-Maçonnerie rendue intelligibile à ses adeptes..., Vol. III, p. 48: «Più modestamente possiamo fermarci a colui che i Massoni chiamano Maestro Hiram. Ma come dobbiamo figurarci questa misteriosa entità? Lungi dall‘essere un personaggio, è una personificazione. Ma di che? Del Pensiero Iniziatico, di quell‘insieme di idee che sopravvivono anche quando nessun cervello vibra più sotto la loro influenza. Ciò che è prezioso non muore e sussiste allo stato latente, sino al giorno in cui si offrono delle possibilità di manifestazione. Allora Hiram risuscita nella persona di ogni nuovo Maestro».
Non vi è mito se non
vi è svelamento di un ―mistero‖, rivelazione di un avvenimento primordiale che ha
fondato sia una struttura del reale sia un comportamento umano Il mito è accolto
dall‘uomo in quanto essere totale, non si rivolge solamente alla sua intelligenza o alla
sua immaginazione.
M. Eliade, Mythes, rêves et mystères
M. Eliade, Mythes, rêves et mystères
Come è già stato detto, il primo studio critico sulla tragedia è contenuto nella Poetica di Aristotele. In esso troviamo elementi fondamentali per la comprensione del teatro tragico, in primis i concetti di mimesi (μίμησις, dal verbo μιμεῖσθαι, imitare) e di catarsi(κάθαρσις, purificazione)[82]. Scrive l'autore nella Poetica: "La tragedia è dunque imitazione di una azione nobile e compiuta [...] la quale per mezzo della pietà e della paura provoca la purificazione da queste passioni"[83]. In altre parole, gli eventi terribili che si susseguono sulla scena fanno sì che lo spettatore si immedesimi negli impulsi che li generano, da una parte empatizzando con l'eroe tragico attraverso le sue emozioni (pathos), dall'altra condannandone la malvagità o il vizio attraverso la hýbris (ὕβρις - Lett. "superbia" o "prevaricazione", i.e. l'agire contro le leggi divine, che porta il personaggio a compiere il crimine). La nemesis finale rappresenta la "retribuzione" per i misfatti, punizione che fa nascere nell'individuo proprio quei sentimenti di pietà e di terrore che permettono all'animo di purificarsi da tali passioni negative che ogni uomo possiede. La catarsi finale, per Aristotele rappresenta la presa di coscienza dello spettatore, che pur comprendendo i personaggi, raggiunge questa finale consapevolezza distaccandosi dalle loro passioni per raggiungere un livello superiore di saggezza[84]. Il vizio o la debolezza del personaggio portano necessariamente alla sua caduta in quanto predestinata (il concatenamento delle azioni sembra in qualche modo essere favorito dagli dèi). La caduta dell'eroe tragico è necessaria, perché da un lato possiamo ammirarne la grandezza (si tratta quasi sempre di persone illustri e potenti) e dall'altra possiamo noi stessi trarre profitto dalla storia. Per citare le parole di un grande grecista, la tragedia «è una simulazione», nel senso utilizzato in campo scientifico, quasi un esperimento da laboratorio:
« La tragedia monta un' esperienza umana a partire da personaggi noti, ma li installa e li fa sviluppare in modo tale che [...] la catastrofe che si produce, quella subita da un uomo non spregevole né cattivo, apparirà come del tutto probabile o necessaria. In altri termini, lo spettatore che vede tutto ciò prova pietà e terrore, ed ha la sensazione che quanto è accaduto a quell'individuo avrebbe potuto accadere a lui stesso. »
(Jean-Pierre Vernant[85])
« La tragedia monta un' esperienza umana a partire da personaggi noti, ma li installa e li fa sviluppare in modo tale che [...] la catastrofe che si produce, quella subita da un uomo non spregevole né cattivo, apparirà come del tutto probabile o necessaria. In altri termini, lo spettatore che vede tutto ciò prova pietà e terrore, ed ha la sensazione che quanto è accaduto a quell'individuo avrebbe potuto accadere a lui stesso. »
(Jean-Pierre Vernant[85])
esperienza drammatica e archetipo.
A.Panaino, Rito e ritualità nella tradizione massonica tra storia e antropologia, in Storia d’Italia,
Annali XXI..., pp. 756-757:«Tuttavia la sua dimensione iniziatica [della Massoneria], i riferimenti al
Grande Architetto dell‘Universo (indispensabili per le obbedienze regolari), le forme e la sostanza
della sua ritualità, ne fanno un sistema simbolico ed esoterico tradizionale proponente ai singoli
membri una serie di esperienze ―drammatiche‖ e in sostanza archetipiche da un punto di vista
psicologico e psicoanalitico (la scomposizione alchemica dell‘individuo, la sua ricomposizione
attraverso il passaggio tra i quattro elementi, la morte e la resurrezione attraverso l‘impersonificazione
di Hiram, l‘architetto costruttore del Tempio di Gerusalemme)».
«[Gli alchimisti] hanno proiettato sulla Materia la funzione iniziatica della sofferenza. Grazie alle operazioni alchimistiche, paragonate alle ―torture‖, alla ―morte‖ e alla ―resurrezione‖ del mystes, la sostanza viene trasmutata, ottiene cioè un modo di essere trascendentale: diviene Oro». , M.Eliade, Forgerons et alchimistes…, p. 162.
Fichte:« La massoneria, giusta la sua missione da noi indicata, deve eliminare da ciascun singolo ramo della cultura umana la parte accidentale, che gli hanno aggiunto le condizioni di tempo e di luogo, nonché l’unilateralità e l’esagerazione […] e porre tutto l’umano nella sua purezza, secondo la sua connessione in seno al tutto186».
Asclepius: «Il signore dell‘eternità è il primo dio, il mondo è il secondo, l‘uomo è il terzo […]. Il dio ha due immagini: il mondo e l‘uomo‖. Se [l‘uomo] conosce sé stesso, conosce anche il mondo, […] nella consapevolezza di essere esso stesso la seconda immagine del dio171».171 Asclepius, 10, in H.Trismegistus, Corpus hermeticum. Asclepius, 4 voll., a cura di A.D.Nock e A.-J.Festugière, Les belles Lettres, Paris 1945,1992 (trad.it. Corpus hermeticum, a cura di I.Ramelli, Bompiani, Milano 2005, pp. 532-533).
A questo proposito può essere utile richiamare la nozione di esoterismo espressa da Antoine Faivre. Lo storico e ricercatore francese, pur riconoscendo il carattere di estrema fluidità del fenomeno, indica nondimeno quattro componenti essenziali ad ogni esperienza esoterica i quali, in misura più o meno variabile, trovano una loro risonanza anche nell‘esperienza muratoria: una teoria delle corrispondenze che legano le parti dell‘universo (The idea of correspondence); l‘idea di una natura vivente in tutte le sue membra (Living nature); il ruolo dell‘immaginazione, in grado di impiegare mediazioni di ogni genere al fine di rendere operative le corrispondenze naturali (Imagination and mediations); l‘esperienza della trasmutazione interiore (The experience of Transmutation), assimilata ad una vera e propria ―seconda nascita‖. Cfr. A.Faivre, Access to Western Esotericism, State University of New York Press, Albany 1994, pp. 10-15
z
La Natura inizia il ciclo biologico della vita dell‘uomo,
per immetterlo nella materia, secondo la sequenza energetica di Fuoco-Acqua-Aria-Terra, espressioni,
rispettivamente, della energia creatrice (spermatozoo), energia di gestazione (utero, placenta), energia
combinatoria (respiro, verbo) ed energia di cristallizzazione delle tre precedenti. La via iniziatica,
tendente al superamento ed alla liberalizzazione della materia, deve necessariamente procedere in
senso inverso e cioè dalla Terra al Fuoco, passando attraverso l‘Aria e l‘Acqua.
f
G.Cognetti, Armonia e dialettica nella prospettiva dell’esoterismo, in Massoneria oggi, 6/1995, p.
31:« Un‘attitudine di tipo essoterico [...] si lascia vampirizzare dalle dualità contraddittorie, anima-
corpo, Dio-mondo, spirito-materia, bene-male, e perpetua una tradizione dualistica, di inconciliabilità
dei contrari, già presente in certo pensiero greco che oppone l‘Idea alla forma, nel dualismo giudaico
di Creatore e creazione, nella polarità Dio-diavolo del radicalismo cristiano soprattutto protestante. Il
risultato è la teorizzazione, oggi spinta agli estremi e logica conseguenza di secoli di intellettualismo
razionalistico, di incomponibili lacerazioni e scissioni, di limiti e finitezze insuperabili, di dubbi
lancinanti» (corsivo mio).
Conviene rilevare che non vi è accordo unanime circa l‘opportunità di accostare le
teorie psicanalitiche agli universi simbolici espressi dalle dottrine tradizionali. Autori quali il Guénon,
ad esempio, paventano il rischio che la lettura psicanalitica possa ingenerare una sorta di ―spiritualità
alla rovescia‖, poiché «tutto ciò che è d‘ordine tradizionale, ed in particolare il simbolismo, non può
essere riferito altro che al ―super-cosciente‖, cioè a ciò mediante il quale si stabilisce una
comunicazione con il sovraumano, mentre il ―subcosciente‖ tende invece all‘infra-umano. Si tratta
dunque di una vera e propria inversione»
k
sistematico un paragone fra le condizioni di funzionamento e di successo della
terapia psicoanalitica e le condizioni di funzionamento e di efficacia esistenziale del
nesso mitico-rituale nella concreta vita religiosa
v
Asclepius: «Il signore
dell‘eternità è il primo dio, il mondo è il secondo, l‘uomo è il terzo [...]. Il dio ha due
immagini: il mondo e l‘uomo‖. Se [l‘uomo] conosce sé stesso, conosce anche il
mondo, [...] nella consapevolezza di essere esso stesso la seconda immagine del
dio171». Queste parole di Ermete Trismegisto, il ―tre volte grandissimo‖ prodotto
dell‘Egitto ellenistico quale trasposizione del dio egiziano Thot172, racchiudono, a
mio avviso, quella tensione conoscitiva che spinge il libero muratore a ricercare la
verità attraverso quel ―gioco di specchi‖ che abbiamo visto all‘opera nel Tempio,
dove il mondo e l‘uomo si riflettono continuamente l‘uno nell‘altro, nell‘acuirsi
vieppiù della consapevolezza che l‘uomo debba «per prima cosa conoscere se stesso
per poter in seguito conoscere tutte le cose, poiché, in verità, può trovare dentro di sé
tutte le cose173».
f
L‘invito ―oracolare‖ indicava un tipo di saggezza in grado di interpellare l‘uomo in
tutte le sue dimensioni, considerandolo dunque nella sua totalità: un appello che non
si rivolgeva alla sola ragione, bensì all‘anima e allo spirito; ciò che potremmo
chiamare, seguendo l‘interpretazione di Guénon, una «preparazione interiore167».
Questo tipo di insegnamento, che esisteva già nei paesi dell‘Oriente prima di
diffondersi in Grecia sotto il nome di ―mistero‖, pur nella molteplicità delle sue
estrinsecazioni, narra dello sforzo graduale e sofferto che accompagna il passaggio
dalla periferia al centro del proprio essere
L‘invito ―oracolare‖ indicava un tipo di saggezza in grado di interpellare l‘uomo in
tutte le sue dimensioni, considerandolo dunque nella sua totalità: un appello che non
si rivolgeva alla sola ragione, bensì all‘anima e allo spirito; ciò che potremmo
chiamare, seguendo l‘interpretazione di Guénon, una «preparazione interiore167».
Questo tipo di insegnamento, che esisteva già nei paesi dell‘Oriente prima di
diffondersi in Grecia sotto il nome di ―mistero‖, pur nella molteplicità delle sue
estrinsecazioni, narra dello sforzo graduale e sofferto che accompagna il passaggio
dalla periferia al centro del proprio essere
Mi viene però in mente che Jachim e Boatz significano "misericordia" e "giustizia" (o l'inverso, non mi ricordo bene). La rappresentazione del bue e del leone potrebbe essere un modo di richiamare questi significati.
Sì .. nel significato originario in realtà significherebbero "forza" e "solidità" ..
http://it.wikipedia.org/wiki/Boaz_e_Jachin
Boaz ("forza") era la colonna di sinistra e Jachin ("solida") era la colonna di destra.
.. però in effetti ho trovato una ritematizzazione (cristiana? massonica?) che le interpreta proprio in questo modo!
http://mikeplato.myblog.it/archive/2010/05...-che-verra.html
Boaz è la forza e il rigore, Jachin è la grazia e la misericordia; Boaz è la ragione, Jachin l’intuito e la creatività.
d
se il tempo esistesse Dio esisterebbe
il tempo assoluto anche esistesse non potrebbe esser conosciuto da un essere la cui percezione si limita alla visione oculare
il tempo assoluto anche esistesse non potrebbe esser conosciuto da un essere la cui percezione si limita alla visione oculare
kj
Il desiderio dell‘uomo religioso di vivere nel sacro equivale infatti al desiderio di
sistemarsi in una realtà oggettiva, di non venire paralizzato dal relativismo senza fine delle esperienze
puramente soggettive, di vivere in un mondo reale ed efficiente, non nell‘illusione
―specchi cosmici‖
j
Ne consegue che la cosmogonia è il modello esemplare di ogni costruzione o
fabbricazione. La creazione del Mondo diventa l‘archetipo di ogni azione creatrice dell‘uomo,
qualunque ne sia il punto di riferimento
a
ogni monade, essendo in rapporto con il mondo, é una rappresentazione di esso: immaginiamo di avere un atomo; esso é legato con rapporti di forza e di vicinanza ad altri atomi, i quali a loro volta sono legati ad altri: ebbene, se conoscessimo le caratteristiche e le relazioni di un atomo, allora potremmo conoscere l'intero mondo, di cui l'atomo stesso é una rappresentazione: il mondo infatti non é altro che un insieme di atomi tra loro uniti e conoscendone uno insieme ai suoi molteplici rapporti equivale ad avere una rappresentazione dell'intero mondo.
d
"Ogni volta che ammiriamo una perla dimentichiamo che è la cicatrice della malattia della conchiglia"
Karl Jaspers
Non si crea un'opera d'arte o qualunque altra cosa senza un "sacrificio dell'io", talvolta anche estremo, ed un atteggiamento della follia
Karl Jaspers
Non si crea un'opera d'arte o qualunque altra cosa senza un "sacrificio dell'io", talvolta anche estremo, ed un atteggiamento della follia
v
un gatto é una sostanza (unità di monadi aggregate dalla monade dominante), una pietra no (un aggregato casuale di monadi prive di un qualcosa che le ordini e ne faccia una cosa sola). per Leibniz
d
jh
d
i singoli individui si spoglino dei loro singoli diritti e delle loro singole potenze non in favore di un terzo ( come diceva Hobbes ) , ma in favore di se stessi : ognuno si priva della sua singola potenza e dei suoi singoli diritti per poi riacquisirli come comunità : non appena io cedo il mio diritto , subito lo recupero come membro della collettività , non rimane in mano ad un terzo . Anch' io come singolo faccio parte del gruppo che detiene i diritti . Certo ci sono anche degli svantaggi : quando cedo i miei diritti di singolo per riacquisirli come collettività , non posso più fare come mi pare perchè non ne ho più il diritto , ma devo attenermi alle regole prese dalla comunità , di cui comunque faccio parte . Molto maggiore , secondo Spinoza , é il vantaggio : il diritto di cui partecipo come collettività ( proprio perchè somma di potenze ) é molto maggiore rispetto a quello di cui partecipavo come singolo .
s
la causa efficiente implica la necessità assoluta ( da un fatto A , uno B ) , quella finale comporta invece la mancanza , l' agire in vista di qualcosa di cui si é sprovvisti : non a caso Pico della Mirandola faceva notare come sia contradditorio attribuire l' eros platonico a Dio : si ama qualcosa di cui si é sprovvisti , ma Dio é perfetto , non manca di nulla e quindi non può amare ; vale lo stesso discorso per le cause finali : Dio non manca di niente perchè lui stesso é tutto e quindi non muove verso fine alcuno .
,
follia greca attribuità al mondo degli dei antecendenti alla vicenda antropologica prima della umanità e satyricon fellini
a
A questo punto devo ricordare, soprattutto a chi non conosce la filosofia platonica, che il bene di cui si parla è assoluto, cioè unico, perfetto, eterno e immutabile. Esso è al vertice della gerarchia delle idee, cioè la concretizzazione in un mondo superiore e reale di qualità e concetti che sulla terra sono rappresentate solo da copie singolari e imperfette. Uscendo da questo rigido dualismo tra mondo ideale (e assolutamente reale, secondo Platone) e quello esperibile della quotidianità, rimane, comunque, un grande insegnamento. Platone considera la passione erotica come un desiderio che guida l'essere umano in tutte le aspirazioni della vita. Certo, non è possibile raggiungere, causa la nostra finitezza, la perfezione e mantenerla in modo duraturo. Ma la perfezione dell'uomo non consiste tanto negli obiettivi che si propone di raggiungere, ma nella direzione seguita. Questo non significa che gli obiettivi non siano importanti, ma si vuole dire che essi rappresentano delle idee che fungono da riferimento nelle nostre azioni e ci portano a migliorarci e a maturare in continuazione.
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