Sì, senza dubbio, è inappropriato credere di poter spiegare tutto collocando le cose nel semplice ambito della “famiglia”. Per la stessa ragione ho criticato l’attitudine vasariana – il cui impatto è stato e continua ad essere considerevole nella nostra idea di storia dell’arte in cui la pittura fiorentina occupa un posto fondamentale – di ignorare le componenti medievali del Rinascimento così come le componenti fiamminghe dell’arte fiorentina. Ma io non restringerei la parola genealogia ad una storia di famiglia, ad una chiusura identitaria che dà luogo ancora ad espressioni come, ad esempio, “il genio francese”. La genealogia, se leggiamo Nietzsche e Warburg – e più tardi Michel Foucault – non risale il tempo in maniera lineare. La radice di un albero è sempre complessa, si biforca fino al caso estremo del rizoma, come è stato ben spiegato da Gilles Deleuze e Félix Guattari. Pensi alla parola impiegata da tutti gli storici dell’arte e da quelli di letteratura, la parola fonte: una fonte è un percorso fortemente complesso, essa non “inizia” in un solo punto della montagna, è il risultato di molteplici flussi, biforcazioni e sedimentazioni; si tratta quindi di una entità erratica e fluida, una molteplicità da cui nasce il fiume. Essa non determina direttamente, ma “sovradetermina” la singolarità che ne deriva.
In breve, se vogliamo fare una vera genealogia delle immagini bisogna quindi uscire dal circolo familiare e generico (ecco perché non si devono isolare i capolavori dell’arte nelle loro famiglie museali e nei loro generi stilistici, ma pensarli anche con tutto ciò che una cultura produce di meno “nobile”). Per esempio, ciò che mi interessa della Pietà del Kosovo è che la sua spazialità e la sua temporalità non hanno nulla di chiuso: siamo nei Balcani, ovvero al crocevia di migrazioni culturali molto complesse, un territorio in cui diventano inscindibili – anche se le guerre identitarie vogliono regredire verso una “purezza” fantasmatica dell’identità nazionale – gli elementi cristiani (Bisanzio, la chiesa slava, il cattolicesimo romano), musulmani (l’Impero turco) e anche pagani (la sopravvivenza molto vivace di alcuni caratteri antropologici che provengono dall’antichità greca). Per esempio, una donna con il velo denota oggi, che sia per rivendicarla o per contestarla, una “identità” musulmana; ma se lei guarda alcune fotografie albanesi dell’inizio del XX secolo, le donne cristiane raffigurate erano velate come le musulmane, e tutto si rivela ben più complesso. Non c’è “famiglia”, o piuttosto ogni famiglia vive nello scambio con le altre. Questa è la genealogia. In questo modo prendono senso i concetti introdotti da Aby Warburg per spiegare le “migrazioni” e le “sopravvivenze” culturali, per esempio quando si scopriva, in un affresco del Rinascimento a Ferrara, l’influenza dell’astrologia araba.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento