Ne L’Image survivante ho tentato, in fondo, di conferire una consistenza filosofica il più possibile precisa alla parola introdotta da Warburg e utilizzata senza mai teorizzarla fino in fondo. Ho tentato di confrontarla con la nozione freudiana elaborata nello stesso periodo nel campo psicanalitico, la nozione di sintomo: qualcosa che appare nel presente – così, logicamente, riappare qui il motivo dell’apparizione – e si rivela, analizzandolo bene, come un processo intriso di memoria incosciente. Se Walter Benjamin pensa l’immagine in modo assimilabile a quello di Warburg, è perché, anche lui, pensa l’immagine come un sintomo o come “il lampo” prodotto dalla congiunzione improvvisa di un presente (avvenimento, rottura, novità assoluta) e una memoria intricata, complessa, di lunga durata. Benjamin era partito da Marcel Proust e dalla famosa “memoria involontaria”: quando il puro presente di un gesto ordinario (abbassarsi per allacciarsi le scarpe) fa letteralmente sollevare una memoria altra che riconfigura il presente stesso…

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