E allora l’inchiesta archeologica foucaultiana, quella che al contrario del testo letterario mette sullo stesso piano «atti amministrativi, trattati, frammenti di archivi, enciclopedie, opere sapienti, lettere private, giornali» nel gigantesco anonimato del “si” impersonale, potrebbe essere letta a sua volta soltanto come un’ulteriore ipotesi finzionale à la Deleuze e nulla di più, un quadro coerente e dilatato fino alla dismisura in cui l’autorialità del mondo si estende in un soggetto unico che non è più soggetto: cioè esattamente la letteratura. Sarebbe quindi proprio «la grande straniera», la letteratura, a trascinare con sé la filosofia e tutte le altre produzioni discorsive in modo da inglobarle in un grande contenitore senza tempo né spazio all’interno del quale sono valide regole nuove, morbide e per lo più procedurali. E tutto ciò che si dice, si scrive, si annota e si commenta, allora, non sarebbe altro che letteratura.
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