Nella vita sospesa al filo degli eventi, il singolo non fa più riferimento a una significazione assoluta (Dio) o ai valori di una morale prescrittiva. È la scoperta della gioia tremenda del divenire contro il peso della necessità imposta dalla storia.
Tutto ciò che accade non è solo voluto o subito dal singolo, ma è anche amato, perché l'evento contamina la vita e la muta radicalmente. Nietzsche chiamerà questo amore ‟amor fati”. E così anche Deleuze. Ecco, è questo il modo in cui il filosofo francese affronta gli aspetti laceranti e dolorosi della vita, quindi anche la psicosi. L'etica diventa così la cura che aiuta il singolo a essere conforme a ciò a cui l'evento lo ha preparato a essere. Non dunque rassegnarsi a ciò che accade, dice Deleuze, ma resistere attivamente ai rapporti di forza in cui l'evento ci inserisce.
‟Il divenire designa qualcosa di nuovo - risponde Deleuze - e indica la resistenza al presente”.
‟Il maggio 68 è stato l'irruzione di un divenire allo stato puro” afferma. Questo evento ha prodotto ‟il divenire-rivoluzionario della gente” dice Deleuze in una intervista a Toni Negri pubblicata su ‟Futur Antérieur” nel 1990.
La chiusura dell'orizzonte politico non genera però una filosofia della sconfitta, ma al contrario un raffinamento dell'analisi. E una macchina di guerriglia permanente contro l'Edipo dilagante, un'etica della resistenza contro l'autoritarismo delle società di controllo capitalistiche.
La chiusura dell'orizzonte politico non genera però una filosofia della sconfitta, ma al contrario un raffinamento dell'analisi. E una macchina di guerriglia permanente contro l'Edipo dilagante, un'etica della resistenza contro l'autoritarismo delle società di controllo capitalistiche. si trova nel movimento stesso della vita. E costruisce l'evento.
quello che ci interessa di più in Marx è l'analisi del capitalismo come sistema immanente che non smette di superare i propri limiti e di ritrovarli su una scala più grande. Perché il limite è il Capitale stesso
È l'Antiedipo la rottura con la quale ‟l'inconscio non delira più su papà e mamma, ma delira sulle razze, le tribù, i continenti, la storia e la geografia, sempre un campo sociale”.
Siamo morti come autori, ma risorgiamo come attori dell'evento. Non è la promessa di una vita eterna, ma è il presente di un'etica comune. Che in Deleuze si fonda su una antropologia politica diversa da quella dominante. Diciamo allora che per lui la vita non implica né la mancanza (come nella psicoanalisi o nel consumo ordinario delle merci e del lavoro) né l'alterità (come nella filosofia o la teologia). È ‟potenza e beatitudine completa”, si legge nell'ultimo breve testo, pubblicato nel 1995: L'immanence: une vie... La vita non solo persevera nel suo essere, ma desidera perseverare in esso. Questa vita ‟non manca di niente”, scrive Deleuze, è una potenza realizzata nell'immanenza del desiderio nel movimento della vita.
Quando la vita viene presa in ostaggio da macchine che incanalano la coscienza, il linguaggio e i rapporti sociali nell'ordine rigoroso della servitù e dell'assoggettamento, il vero obiettivo di un serio progetto etico-politico diventa quello di creare una linea di fuga dalle macchine di cattura (semiotiche, politiche e salariali) capitalistiche e dal principio di autorità che insegna che è meglio avere un padre o una madre in paradiso piuttosto che morire in terra soli e umiliati da precari.
Esiste un'alternativa? Senz'altro no. La macchina trionfante dell'Edipo è stata azionata da tempo e gli viene offerta in cambio la sopravvivenza quotidiana e un pensiero di morte che impone alle donne e agli uomini una vita improntata ai principi ‟naturali”: con una legge disumana sulla fecondazione assistita, la minaccia costante contro quella dell'aborto e la stella polare della famiglia a suggellare l'ordine immutabile del desiderio e della sessualità. Perché Dio-Patria-Famiglia è vivo e lotta insieme a loro: contro i nostri corpi.
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