L’analogia di proporzionalità propria o intrinseca. Anche questo secondo tipo di analogia, viene solitamente illustrata partendo da un esempio classico che consiste nel paragonare la vista con l’intelligenza. Noi utilizziamo spesso l’idea della “visione” sia in riferimento alla “vista dell’occhio” che al “capire della mente”. Così diciamo per esempio: «La luce della verità illumina la mente», «capire a prima vista», «una visione filosofica della realtà». Abbiamo, in questi esempi, un termine che esprime un’azione (vedere) che attribuiamo a due soggetti diversi (l’occhio e la mente). In questo tipo di analogia la somiglianza viene stabilita non più tra i significati dello stesso predicato attribuiti ai diversi soggetti, ma tra le “relazioni”, o “rapporti” che intercorrono tra il predicato e i soggetti. Questa somiglianza di relazioni, o di rapporti si può esprimere con una formula che ricorda quella di una proporzione matematica: «Il “vedere” sta all’“occhio” come il “capire” sta alla “mente”». Tuttavia, mentre in matematica, quando scriviamo una proporzione, stabiliamo che i due rapporti sono “uguali” (2:3 = 4:6), nel caso dell’analogia di proporzionalità affermiamo che i due rapporti soggetto-predicato non sono uguali ma “somiglianti” (cfr. De Veritate, q. 2, a. 11 c). Va sottolineato, poi, che l’azione che viene attribuita ai soggetti è realmente connessa con ciascuno di essi. La capacità di vedere è intrinseca all’occhio e la capacità di capire è intrinseca alla mente: per l’uno e per l’altra si tratta di una capacità naturale, di una facoltà propria, quindi posseduta realmente. Per questo si parla di analogia di proporzionalità “propria” o “intrinseca”. Notiamo che in questo tipo di analogia non si danno né un primo analogato, né degli analogati inferiori: abbiamo invece un rapporto soggetto-qualità che si verifica propriamente per un soggetto (l’occhio nel caso della visione) e in modo “simile” per l’altro soggetto (la mente). Il vedere conviene propriamente all’occhio, non alla mente. Si può dire, allora, che ciò che tiene, in certo modo, il posto di un primo analogato non è un soggetto a cui si attribuisce propriamente il predicato, ma una relazione tra un soggetto (l’occhio) e un predicato (capace di vedere).
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