Micropercezioni
Piccoli movimenti porterebbero a piccoli cambiamenti nella percezione, ma grandi movimenti porterebbero a cambiamenti radicali. E sono questi che un guerriero cerca.
Secondo Castaneda, il suo maestro don Juan gli aveva spiegato che, secondo gli antichi stregoni messicani, per ottenere questo "movimento" si ricorreva a varie tecniche. Una di queste, era sfruttare la dinamica (energetica) di certe "reazioni emotive" e comportamentali (arte dell'agguato).
Da qui l'adozione, o la "ricerca" (folle, per un "essere ordinario", ossia per colui che non sia un guerriero) di "andarseli proprio a cercare" i problemi, soprattutto di gente che ci renda "la vita impossibile"; don Juan li definisce "pinches tiraños", cioè tiranni meschini (per distinguerli dall'unico vero tiranno: il dio), e sarebbero vere benedizioni... solo per un guerriero che sappia quello che sta facendo e cercando.
ciò che noi crediamo essere unico ed assoluto, è solo uno in un insieme di mondi consecutivi, posizionati come gli strati di una cipolla. Egli affermò che anche se noi fossimo stati energeticamente condizionati a percepire solamente il nostro mondo, avremmo avuto ancora la capacità di entrare in quegli altri regni, che sono reali, unici , assoluti ed ingolfati come lo è il nostro mondo.
Da lungo tempo ormai ho sentito il Vuoto – scrive Artaud – ma ho rifiutato di buttarmi nel Vuoto. Sono stato vile come tutto quel che vedo. Quando ho creduto di rifiutare il mondo, so adesso che rifiutavo il Vuoto. […] quel che finora mi ha fatto soffrire è d’avere rifiutato il Vuoto. Il Vuoto che era già in me. […] Ho lottato per cercare di esistere, per cercare di acconsentire alle forme (a tutte le forme) la cui delirante illusione d’essere al mondo ha rivestito la realtà. Non voglio più essere un Illuso. Morto al mondo; a quel che per tutti gli altri è il mondo, caduto, infine caduto, salito in quel vuoto che rifiutavo, ho un corpo che subisce il mondo e rece la realtà. È sufficiente questo movimento di luna che mi fa chiamare quel che rifiuto e rifiutare quel che ho chiamato. Bisogna finirla. Bisogna troncare con questo mondo … […]. È un vero disperato che vi parla e che conosce la felicità d’essere al mondo solo adesso che ha lasciato questo mondo e ne è assolutamente separato.
Morti, gli altri non sono separati. Girano ancora intorno ai loro cadaveri.
Io non sono morto, ma sono separato31.
In concreto, sul piano dell’esistenza concreta e sul piano etico che cosa può significare questo rischiare resistendo il più a lungo possibile? Se la verità eterna dell’evento si coglie solo se l’evento s’iscrive anche nella carne, allora, conclude Deleuze, bisogna imparare
ad essere il mimo di ciò che accade effettivamente, doppiare l’effettuazione con una contro-effettuazione, l’identificazione di una distanza (tale è il vero attore, o il ballerino) è dare alla verità dell’evento l’occasione unica di non confondersi con la sua inevitabile effettuazione e all’incrinatura l’occasione di stare al di sopra del suo campo di superficie incorporea, senza fermarsi allo scricchiolio in ciascun corpo28.
Perché ogni evento è del tipo della peste, della guerra, della ferita, della morte? Ciò vuol soltanto dire che vi sono più eventi infelici che felici? No, poiché si tratta della struttura doppia di ogni evento. In ogni evento vi è certo il momento presente dell’effettuazione, quello in cui l’evento s’incarna in uno stato di cose, in un individuo, in una persona, quello che si designa dicendo: ecco, è venuto il momento; e il futuro e il passato dell’evento sono giudicati soltanto in funzione di questo presente definitivo, dal punto di vista di colui che lo incarna. Ma vi sono d’altra parte il futuro e il passato dell’evento considerato in se stesso, che schiva ogni presente, perché è libero dalle limitazioni di uno stato di cose, in quanto impersonale e preindividuale, neutro, né generale né particolare, eventum tantum […]. In un caso, è la mia vita che mi sembra troppo debole per me, che fugge in un punto diventato presente in un rapporto assegnabile con me. Nell’altro caso, sono io che sono troppo debole per la vita e la vita troppo grande per me, che getta ovunque le sue singolarità senza rapporto con me. […] Nessuno come Maurice Blanchot ha mostrato come tale ambiguità sia essenzialmente quella della ferita e della morte, della ferita mortale: la morte è a un tempo ciò che è in rapporto estremo o definitivo con me e con il mio corpo, ciò che è fondato in me, ma anche ciò che è senza rapporto con me, l’incorporeo e l’infinito, l’impersonale, ciò che è fondato soltanto in se stesso. […]
È il si delle singolarità impersonali e preindividuali, il si dell’evento puro in cui egli muore come piove [il pleut]. Lo splendore del sì è quello dell’evento stesso o della quarta persona. […]
Soltanto l’uomo libero può allora comprendere tutte le violenze in una sola violenza, tutti gli eventi mortali in un solo Evento, che non lascia più posto all’incidente, che denuncia e destituisce sia la potenza del risentimento nell’individuo sia quella dell’oppressione nella società23.
Il tempo aionico è quello del mito in cui un’azione accaduta sta sempre per riaccadere.
Il racconto mitico è dimensione fondante dell’essere umano e delle sue manifestazioni, indispensabile forma simbolica che rivela il senso dell’esistere a noi abitatori
è l’organizzazione simbolica che stabilisce ciò che, nel corpo umano, è scarto e rifiuto da condannare da ciò che non lo è ed è da approvare.
L’uomo è malato perché è mal costruito.
Bisogna decidersi a metterlo a nudo per grattargli
via questa piattola che lo rode mortalmente,
dio,
e con dio,
i suoi organi.
Legatemi se volete,
ma non c’è nulla che sia più inutile di un organo5.
Si introdusse dunque nel suo corpo,
questa società
assolta,
consacrata,
santificata
e invasata,
cancellò in lui la coscienza soprannaturale che egli aveva appena assunto, e, un’inondazione di corvi neri nelle fibre del suo albero interno,
lo sommerse con un ultimo sobbalzo,
e, prendendo il suo posto,
lo uccise.
nei termini in cui il paziente ha bisogno di sperimentare l’ambiente per costruire i suoi significati; la terapia consiste quindi nell’analisi della struttura interna dell’esperienza reale - come funziona il mio sistema percettivo - al fine di accrescere la consapevolezza di questo processo - sono consapevole di "vedere il mondo" in un certo modo.
Nel mondo magico primitivo non esisteva né una concezione della mente, né una concezione del corpo, né dell'ambiente e l'uomo si sentiva immerso nella natura sotto tutti i suoi aspetti, riconoscendosi inferiore e dipendente da tali forze.
Secondo Thom, il mondo non è caotico ma è una serie di strutture razionali la cui successione è oggetto d'indagine dellamorfologia.
L'esempio aristotelico dell'ircocervo viene magnificato da Boezio nelle sue glosse al De Interpretatione, dove sottolinea come la scelta di una parola provvista di significato, benché riferita a una cosa inesistente, permette di ragionare sull'inesistenza dellecategorie di vero e falso quando applicate alla parola nella sua assolutezza e non al suo essere priva di senso[2].
Per contro Guglielmo di Ockham nei suoiScritti Filosofici utilizza l'immagine dell'ircocervo per simboleggiare la necessità di rivolgere le proprie attenzioni al concreto e non all'astratto, cercando di spiegare la realtà con semplicità e immediatezza.
Secondo il non-dualismo la realtà non è né fisica né prettamente mentale, ma piuttosto consiste in un ineffabile ed indescrivibile stato di realizzazione superiore. Infatti non è possibile esperire e descrivere la non-dualità in maniera oggettiva (perché sarebbe in sé un atto dualistico di relazione soggetto-oggetto o osservatore-osservato); è possibile però cercare uno stato soggettivo di consapevolezza non-dualistica, mediante percorsi filosofici, religiosi e mistici come ad esempio lo yoga e la meditazione. Le terminologie utilizzate quindi per definire l'essenza della realtà sono le più diverse: "Spirito" (Aurobindo), "Brahman", "Dio", "L'Uno", "Il tutto" (Plotino), "Il Sé" (Ramana Maharshi), "Dao" (Lao Zi), "L'Assoluto" (Schelling).
Assumere, come egli fa, la volontà di potenza come il fondamentale impulso umano non significa affermare soltanto che scopo ultimo della politica è l'espansione vitale degli individui e delle collettività, ma anche che i conflitti più significativi del nostro tempo avranno come oggetto e come campo di battaglia il corpo vivente dell'uomo.
Secondo Lakoff e Johnson, una filosofia "situata" mostrerebbe come che le leggi del pensiero siano metaforiche e non logiche; la verità sarebbe quindi una costruzione metaforica, non un attributo della realtà oggettiva. Vale a dire, non sarebbe basata su alcuna ontologia fondamentale proveniente da scienze fisiche o dalla religione, ma quasi certamente procederebbe invece da metafore tratte dalla nostra esperienza corporea.
Il mondo è sempre stato incerto come lo è adesso. Ciò che è cambiato è che adesso è molto più difficile imporre un'autorità, poiché l'aumentato flusso di informazioni sminuisce l'autorità: c'è più informazione, quindi c'è meno falso senso di certezza. La certezza, come la fede nasce solo nell'assenza di un'informazione completa.
Non esistono cose, solo probabilità
Il mondo della vita artificiale, quindi, sarebbe vivo negli stesso senso in cui lo è quello naturale, perché entrambi non sono altro che fenomeni complessi generati da un soggiacente codice binario: tutto sarebbe costituito di schemi informazionali riducibili alla sola dimensione formale, ossia tutto è indipendente dal mezzo materiale in cui si svolge la codifica delle informazioni