Io «sono», esisto. Ma quali sono i caratteri distintivi di questa esistenza? Nell'esperienza pratica dell'uomo domina l'incertezza egli si proietta rischiando, e rischiando l'errore ad ogni livello. La filosofia dunque non deve sostituirsi alle superstizioni e alla magia - tipiche della società primitiva - nel creare l'illusione di una realtà e di una esistenza umana «garantite»; da forze, interne o esterne al reale, di natura divina. Non deve creare nell'uomo l'immotivata fiducia nella «riuscita» dei suoi progetti, nella attuazione sicura dei suoi scopi, immaginandoli in un quadro del reale ordinato secondo razionalità. Non deve obliare ciò che è precario, instabile, imperfetto, il male, l'errore, la morte, relegando tutto ciò nella categoria dell'«apparenza». Tutto ciò è comunque «reale». «Questo» mondo è il campo d'azione dell'uomo; il quale deve tendere a «ridurre» la precarietà, il male, l'ignoranza, e lo stesso influsso della morte nella sua vita quotidiana; e addirittura deve tendere, attraverso la ricerca metodologicamente organizzata, a «trarre partito dalla contingenza». La lotta col reale dev'essere guidata dall'indagine scientifica e filosofica
John Dewey
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