se siamo parte di un mondo che «deborda da noi», se il nostro io non è una sostanza pensante trasparente, ma una coscienza che sconfina nel mondo, rischiamo continuamente di perderci come soggetti, di farci risucchiare dalle cose, di dimenticare che non siamo oggetti, che il mondo non è qualcosa di fisso e immutabile, come le nostre abitudini ci convincono sempre a credere. La nostra vita è dunque soggetta a una drammatica alternanza fra i due poli del nostro essere; ora ci lasciamo prendere dalla passività e ci facciamo oggettivare, diventiamo degli «in sé», ora ci riscuotiamo, «riprendiamo» il senso della nostra soggettività, del nostro essere dei «per sé», e riscopriamo il vero senso del mondo, che è un farsi e una genesi incessante: questa riscoperta si esprime nello stupore di fronte al fatto che ogni giorno il mondo è, in un certo senso, di nuovo al suo mattino.
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