Il processo di antropizzazione della natura promosso dalla civiltà europea e la sua progressiva conquista del mondo non si devono solo alle capacità tecnico-scientifiche; forse in essa ha giocato anche una tendenza aggressiva propria all’Europa carnivora di cui parlava Braudel, in relazione all’alto consumo di proteine animali. L’ascia e il vomere sono gli strumenti per asservire la natura, secondo un’ambizione biblica e prometeica. Lo storico della tecnica Lynn White ha attribuito alla tradizione ebraico-cristiana la responsabilità maggiore di quella volontà imperialistica che affida al lavoro e alla progettualità umana il compito di dominare e assoggettare una natura ostile e priva di sacralità: l’arroganza del cristianesimo, la più antropocentrica delle religioni, avrebbe legittimato lo sfruttamento sistematico dell’ambiente (nel suo solco è nata la società dei consumi) e sarebbe da considerare una delle radici determinanti dell’attuale crisi ecologica. Ma forse le religioni hanno scarsamente influenzato il comportamento umano nei confronti dell’ambiente. Anche l’Oriente ha finito per accogliere una fede più seducente, quella della rincorsa alla crescita economica; i sacerdoti del (neo)liberismo hanno espulso la natura dall’economia, considerandola al massimo un deposito di risorse in attesa di essere sfruttate.

Ma «la creatura che la spunta contro il suo ambiente distrugge se stessa», scriveva Gregory Bateson

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