Micropercezioni

la costruisce così; è un frutto magico: in verità noi   facciamo  il mondo, incessantemente,  continuamente    noi     creiamo   l'universo!  

Piccoli movimenti porterebbero a piccoli cambiamenti nella percezione, ma grandi movimenti porterebbero a cambiamenti radicali. E sono questi che un guerriero cerca.

Secondo Castaneda, il suo maestro don Juan gli aveva spiegato che, secondo gli antichi stregoni messicani, per ottenere questo "movimento" si ricorreva a varie tecniche. Una di queste, era sfruttare la dinamica (energetica) di certe "reazioni emotive" e comportamentali (arte dell'agguato).

Da qui l'adozione, o la "ricerca" (folle, per un "essere ordinario", ossia per colui che non sia un guerriero) di "andarseli proprio a cercare" i problemi, soprattutto di gente che ci renda "la vita impossibile"; don Juan li definisce "pinches tiraños", cioè tiranni meschini (per distinguerli dall'unico vero tiranno: il dio), e sarebbero vere benedizioni... solo per un guerriero che sappia quello che sta facendo e cercando.

ciò che noi crediamo essere unico ed assoluto, è solo uno in un insieme di mondi consecutivi, posizionati come gli strati di una cipolla. Egli affermò che anche se noi fossimo stati energeticamente condizionati a percepire solamente il nostro mondo, avremmo avuto ancora la capacità di entrare in quegli altri regni, che sono reali, unici , assoluti ed ingolfati come lo è il nostro mondo. 

solo quando sarai capace di frantumare le convenzioni che l'esperienza sociale ha costruito sul tuo corpo e la tua mente, solo quando avrai abbandonato l'individualità e il pensiero rigido, solo allora sarai libero di lasciar finalmente fluire all'esterno l'espressione pura della tua anima. Tu sei felice perché sei libero. Sorridi e un fiore sboccia nella tua bocca
Scrivono Deleuze e Guattari in Come farsi un corpo senna organi? (in Millepiani, II, trad. it. di G. Passerone, Castelvecchi, Roma 1996): «Perché questa lugubre schiera di corpi cuciti, vetrificati, catatonizzati, aspirati, dal momento che il CsO [corpo senza organi] è anche pieno di gioia, di estasi, di danza? […] Trovate il vostro corpo senza organi, sappiatelo fare, è una questione di vita o di morte, di giovinezza e di vecchiaia, di tristezza e di allegria. Ed è qui che tutto si gioca» (p. 7). E ancora: «Il CsO non si oppone agli organi, ma, con i suoi ‘organi veri’ che devono essere composti e disposti, si oppone all’organismo, all’organizzazione organica degli organi. Il giudizio di Dio, il sistema del giudizio di Dio, il sistema teologico, è proprio l’operazione di Colui che fa un organismo, un’organizzazione di organi» (p. 20); per tale ragione «disfare l’organismo non ha mai voluto dire uccidersi, ma aprire il corpo a connessioni che suppongono tutto un concatenamento, circuiti, congiunzioni, suddivisioni e soglie, passaggi e distribuzioni di intensità, territori e deterritorializzazioni […]. Dell’organismo bisogna conservare quanto basta perché si riformi a ogni alba» (p. 21).
 Dell’organismo bisogna conservare quanto basta perché si riformi a ogni alba
Deleuze


Da lungo tempo ormai ho sentito il Vuoto – scrive Artaud – ma ho rifiutato di buttarmi nel Vuoto. Sono stato vile come tutto quel che vedo. Quando ho creduto di rifiutare il mondo, so adesso che rifiutavo il Vuoto. […] quel che finora mi ha fatto soffrire è d’avere rifiutato il Vuoto. Il Vuoto che era già in me. […] Ho lottato per cercare di esistere, per cercare di acconsentire alle forme (a tutte le forme) la cui delirante illusione d’essere al mondo ha rivestito la realtà. Non voglio più essere un Illuso. Morto al mondo; a quel che per tutti gli altri è il mondo, caduto, infine caduto, salito in quel vuoto che rifiutavo, ho un corpo che subisce il mondo e rece la realtà. È sufficiente questo movimento di luna che mi fa chiamare quel che rifiuto e rifiutare quel che ho chiamato. Bisogna finirla. Bisogna troncare con questo mondo … […]. È un vero disperato che vi parla e che conosce la felicità d’essere al mondo solo adesso che ha lasciato questo mondo e ne è assolutamente separato.

Morti, gli altri non sono separati. Girano ancora intorno ai loro cadaveri.

Io non sono morto, ma sono separato31.
vuoto di senso che delimita il corpo come il suo segreto più intimo e vuoto


In concreto, sul piano dell’esistenza concreta e sul piano etico che cosa può significare questo rischiare resistendo il più a lungo possibile? Se la verità eterna dell’evento si coglie solo se l’evento s’iscrive anche nella carne, allora, conclude Deleuze, bisogna imparare

ad essere il mimo di ciò che accade effettivamente, doppiare l’effettuazione con una contro-effettuazione, l’identificazione di una distanza (tale è il vero attore, o il ballerino) è dare alla verità dell’evento l’occasione unica di non confondersi con la sua inevitabile effettuazione e all’incrinatura l’occasione di stare al di sopra del suo campo di superficie incorporea, senza fermarsi allo scricchiolio in ciascun corpo28.