Giacevi col tuo frutto marino
profondo come un piatto di notte bollente
Parevi al cielo privata d'un segreto
Ora nei miei occhi con quel tuo pallido
equilibrio di preziosa stella
Scheletro disogni
Quante
ne disegnerò di nuvole sui muri
prima del tramonto, prima della terra
Quante attorno alla torre della fronte
passeranno
lemielimpide sfere di fumo bianco
passeranno
ne disegnerò di nuvole sui muri
prima del tramonto, prima della terra
Quante attorno alla torre della fronte
passeranno
lemielimpide sfere di fumo bianco
passeranno
« Vedeva il mondo secondo una prospettiva orizzontale, non più verticale come le pareva di ricordare quella dell'uomo, piantato su due trampoli e procedente ad angolo retto con la terra. A questa nuova visione contribuiva certo la posizione del suo corpo prono in avanti, disteso sulle sue basi pressappoco come il soldato negli esercizi dell'«ordine sparso», ma anche la strana disposizione degli occhi, otto come le zampe e messi a semicerchio intorno al capo, tanto che - cosa sconosciuta agli uomini - una buona parte della pianura circostante le appariva simultaneamente accrescendo la sua illusione di spazio e di libertà. Degli occhi, poi, due erano come appannati, un po' miopi di giorno, ma pure in questo Clizia vide una ragione che tendeva a darle una libertà anche maggiore: e infatti, appena scesa la sera, furono essi a entrare in azione, a illuminarle le tenebre, a renderle più facile il lavoro della tela. »
(Eugenio Montale, Clizia a Foggia, raccolto in Farfalla di Dinard)
(Eugenio Montale, Clizia a Foggia, raccolto in Farfalla di Dinard)
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